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Problemi familiari e trasferimento. Importante sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato si è espresso sul ricorso di un militare, trasferito ad altra sede, malgrado documentati problemi di salute di alcuni familiari, ma in assenza dei requisiti previsti dalla lex. 104.

Con la sentenza n. 08193/2023 dello scorso 6 settembre, secondo i giudici “va rilevato che la necessità di tener conto, in sede di designazione nominativa del personale da reimpiegare, “nella misura massima possibile”, delle “esigenze personali e familiari degli interessati”, è espressamente prevista dal sopra indicato punto 4.b. (1) (b) della Direttiva DGPMA 60/87.

Nel caso di specie risulta – sostengono – sia dal provvedimento impugnato che dagli atti dell’istruttoria prodotti, che l’Amministrazione ha mancato di prendere in considerazione le esigenze personali e familiari dell’interessato, come dallo stesso prospettate sia nel questionario sulle “condizioni di famiglia” del singolo militare (che l’Amministrazione stessa aveva invitato gli interessati a produrre con telex del 6 maggio 1992), sia nel “ricorso in opposizione” (rectius: memoria con osservazioni) da lui presentato, una volta che l’Amministrazione aveva emanato, in data 5 luglio 1993, una “proposta di trasferimento”, espressamente “ai fini puntuale applicazione legge n. 241 del 1990”, nella quale era incluso il suo nominativo.

Le circostanze sopra evidenziate – tutte rappresentate nel ricorso di primo grado e poste a base dei motivi di appello – stanno ad indicare che l’Amministrazione non ha, nella fattispecie all’esame, dato ampia e puntuale indicazione dei motivi, che hanno determinato il trasferimento del dipendente, lasciando comunque indeterminate le ragioni per le quali la scelta relativa alla sede di Amendola sia caduta sull’odierno appellante, laddove l’interessato aveva invece presentato, in sede procedimentale, elementi di carattere personale e familiare in senso contrario, rilevanti sia alla stregua della normativa interna del Corpo interessato (v. punto 4.b. (1) (b) della Direttiva DGPMA 60/87, datata 11 marzo 1987, cit.), sia alla stregua del concreto atteggiarsi del procedimento all’esame, nel quale la notifica agli interessati di una “proposta di trasferimento”, al dichiarato fine di una “puntuale applicazione legge n. 241 del 1990”, non può che intendersi funzionale alla possibilità di presentazione, da parte degli interessati, di “memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare” ( art. 10, comma 1, lett. b) dellaL. 7 agosto 1990 n. 241).

In definitiva, se per un verso è evidente che le esigenze personali e familiari del militare non possono prevalere sul soddisfacimento delle esigenze di servizio, per un altro verso si impone un principio di esternazione di tali prevalenti esigenze, nelle ipotesi, quale quella di specie, in cui la stessa amministrazione dia vita ad un procedimento, nell’ambito del quale è prevista l’acquisizione di elementi circa le esigenze e le preferenze del dipendente e comunque la possibilità di partecipazione procedimentale dell’interessato.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, l’appello è fondato e va accolto. Conseguentemente, in riforma dell’impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso di primo grado, va disposto l’annullamento del provvedimento con lo stesso impugnato».

Sussiste il deficit motivazionale riscontrato dal T.a.r., in quanto il supporto motivazionale dei provvedimenti impugnati è carente e rimanda a esigenze “di stile” e prive di ragionevolezza con riferimento al caso concreto, cosicché esse non possono reputarsi preordinate ad assicurare la migliore funzionalità dei reparti e, per tal via, essere considerate utili al perseguimento dell’interesse pubblico.

Inoltre non è stata specificamente contestata, né aliunde superata, la circostanza dedotta dall’interessato secondo cui egli, nel periodo di permanenza presso il reparto supporti logistici di -OMISSIS-è rimasto inoperoso e senza alcuna mansione da svolgere.

È emersa peraltro una carenza di personale appartenente alla categoria “Pilota di Carro” e/o “Carrista di Equipaggio” presso il 4° Reggimento carri di stanza in Persano, in quanto, all’indomani del trasferimento dell’interessato, il personale appartenente alla 1^ Immissione 2014 VFP4 non è stato movimentato alla volta di altri reparti, ma riconfermato presso il predetto Reggimento con incarico di “Pilota di Carro” e/o “Carrista di Equipaggio” dopo aver conseguito le relative qualifiche.

Successivamente, per sopperire alla carenza di personale nella categoria / specialità “Pilota di Carro” e/o “Carrista di Equipaggio” presso il Reggimento in questione, un significativo numero di personale militare, così come avvenuto anche per l’odierno appellato, è stato avviato alla Scuola di cavalleria di Lecce al fine di conseguire le necessarie abilitazione per l’impiego nella suddetta categoria.

Ne discende che, senza una razionale giustificazione, pur in presenza di una conclamata sottoalimentazione del 4° Reggimento carri di stanza in Persano (pienamente operativo), l’amministrazione militare preferirebbe mantenere il signor -OMISSIS- in una situazione di completa inoperosità presso un reparto con compiti di natura logistica e privo di carri “Ariete”, nonostante gli elevati costi sostenuti per consentire al predetto militare di conseguire la qualifica di “Pilota di Carro Ariete” e quella di alta specializzazione come “carrista di equipaggio”.

Tale quadro di palese illogicità dell’azione amministrativa è di per sé idoneo a inficiarne gli esiti, così come riscontrato dal T.a.r..

Inoltre, ad ulteriore conferma dell’incongruenza della posizione assunta dall’amministrazione militare, va evidenziato che la situazione familiare dell’interessato, con prossimi congiunti (genitori e coniuge) affetti da conclamate e invalidanti patologie, sebbene giudicati disabili in connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992, non è stata ben considerata, essendone stata esclusa, nell’ultimo trasferimento, qualsivoglia rilevanza in mancanza di sussumibilità nella cornice delineata dal citato art. 3, comma 3, mentre le direttive militari impongono di tenerne comunque conto, in sede di designazione nominativa del personale da reimpiegare, compatibilmente con le esigenze organizzative. 

In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata. 

La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali e degli onorari del presente grado di giudizio.

SENTENZA

 

 

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