L’indelebile violazione dei doveri attinenti al giuramento militare

di Cleto Iafrate

 «La mia preghiera è che lei voglia consigliare al signor Mussolini di risparmiare questa umiliazione al fior fiore dell’intelligenza italiana. Per quanto diverse possano essere le nostre convinzioni … entrambi riconosciamo e ammiriamo nello sviluppo intellettuale europeo beni superiori. Questi si fondano sulla libertà di pensiero e di insegnamento e sul principio che alla ricerca della verità si debba dare la precedenza su qualsiasi altra aspirazione… la ricerca della verità scientifica, svincolata dagli interessi pratici quotidiani, dovrebbe essere sacra a tutti i governi; ed è nell’interesse supremo di tutti che i leali servitori della verità siano lasciati in pace. Ciò è anche senza dubbio nell’interesse dello stato italiano e del suo prestigio agli occhi del mondo».

Questi alcuni passaggi della lettera che Albert Einstein inviò ad Alfredo Rocco nel novembre del 1931. Era appena stato imposto anche ai professori di giurare fedeltà al Regime Fascista[1].

Le conseguenze per chi si fosse rifiutato erano la perdita del posto di lavoro, persecuzioni, divieti e una vigilanza stretta e oppressiva.



Quelli erano tempi bui. E i professori, forse meglio di qualsiasi altra categorie di lavoratori pubblici, avevano capito che un tale giuramento di fedeltà al Regime, piuttosto che alla Costituzione, avrebbe limitato la loro libertà di insegnamento e il loro diritto di critica. Quel giuramento, inoltre, li avrebbe esposti a sanzioni disciplinari anche per motivi ideologici qualora non avessero uniformato il loro comportamento, la loro condotta di vita e, in generale, tutto il loro modo di pensare agli indirizzi imposti dal regime.

Fortunatamente da allora tanta acqua è passata sotto i ponti.

Ma forse non abbastanza!

 I doveri attinenti al giuramento militare

Il presente scritto -senza pretese di esaustività, in considerazione della complessità della questione che investe non solo problematiche giuridiche, ma anche sociologiche- vuole indicare alcune questioni di fondo sulla norma più elastica e controversa tra i doveri del militare: l’art. 712 DPR 90/2010 (già art. 9 DPR 545 1986), rubricata “doveri attinenti al giuramento”: “1. Con il giuramento di cui all’articolo 621, comma 6, del codice il militare di ogni grado s’impegna solennemente a operare per l’assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate con assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, con disciplina e onore, con senso di responsabilità e consapevole partecipazione, senza risparmio di energie fisiche, morali e intellettuali affrontando, se necessario, anche il rischio di sacrificare la vita. 2. L’assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane è il fondamento dei doveri del militare”.

In primo luogo, possiamo osservare che con il giuramento il militare si impegna ad “adempiere con disciplina ed onore ai doveri del proprio stato osservandone la Costituzione e le Leggi”.

Da ciò ne consegue che “il giuramento, … costituirebbe la “Grundnorm dell’organizzazione militare”, poiché la disciplina delle forze armate, lungi da essere un semplice complesso di sanzioni o di norme sanzionatorie, sarebbe “innanzi tutto la norma di condotta tipica dei militari e la principale forza coesiva” delle relative istituzioni. Proprio per questo motivo le regole deontologiche dell’ordinamento militare risultano “più dettagliate che nell’ordinamento statale”, tali da delineare un vero e proprio modo di vivere[2].

Adesso però, le cose iniziano a complicarsi, perché se è vero che il giuramento implica per il cittadino-militare “l’assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, il dovere di operare, per l’assolvimento dei compiti istituzionali, con disciplina e onore, senso di responsabilità e consapevole partecipazione, il dovere di profondere, nell’assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze Armate, ogni energia fisica, morale e intellettuale affrontando, se necessario, il rischi o di sacrificare la vita[3]”, è altrettanto vero che vi è “l’assoluta assenza, tra i doveri inerenti al giuramento prestato, di qualsiasi dovere di osservanza delle norme vigenti”[4].

Tuttavia, sul piano pratico l’applicazione del predetto art. 712 è abbastanza agevole qualora si ravvisi la violazione della suddetta norma regolamentare quando risulti sufficientemente provato che un militare abbia commesso un fatto descritto da una norma penale.

Il vero problema si ha quando viene contestata la violazione dei doveri attinenti al giuramento senza che il militare in questione abbia commesso alcun fatto di rilevanza penale. Ciò anche alla luce del fatto che, l’art. 713 DPR 90/2010 (Doveri attinenti il grado) prescrive che ogni militare “deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene e pregiudicare l’estraneità delle Forze armate come tali alle competizioni politiche, fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 1483 del codice. 3. Il militare investito di un grado deve essere di esempio nel compimento dei doveri, poiché l’esempio agevola l’azione e suscita lo spirito di emulazione”.

In particolare, “il dovere di astenersi da comportamenti che possano ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene”, data l’indeterminatezza descrittiva e l’elasticità semantica è potenzialmente in grado di “ricomprendere tra gli illeciti disciplinari sempre contestabili anche comportamenti privati[5].


Per comprendere le difficoltà interpretative di quanto appena affermato, nel caso che ad un militare, fuori servizio venga contestata un’infrazione al Codice della Strada, che è un atto dello Stato avente forza di Legge meramente amministrativa, cosa può essere contestato dal punto di vista disciplinare: violazione dei doveri attinenti al giuramento in concorso formale con la violazione dei doveri attinenti al grado? Solo la violazione dei doveri attinenti al giuramento (per assorbimento)? Solo la violazione dei doveri attinenti al grado (per assorbimento)? Nulla, perché il fatto non è disciplinarmente rilevante in quanto riguarda solo la vita privata del militare?[6]

Questo semplice caso di scuola, dimostra la difficoltà dell’argomento.

La violazione dei doveri attinenti al giuramento in assenza di fatti di rilevanza penale

La questione non è di poco conto, poiché il riferimento ai comportamenti ha delle implicazioni sociologiche. Infatti, il comportamento è strettamente collegato al tipo o modello di personalità dell’individuo[7].

Attenzione. Un conto è giuridicizzare delle regole etiche, deontologiche, più o meno tassative, a seconda degli aspetti che trattano[8]. E’ chiaro che la norma che sancisce che “Il militare deve avere cura delle armi, dei mezzi, dei materiali a lui affidati e adottare le cautele necessarie per impedirne il deterioramento, la perdita o la sottrazione. Egli deve opporsi con decisione a ogni atto che può, anche indirettamente, determinare pericolo o arrecare danno alle armi, ai mezzi, ai materiali e alle installazioni militari[9]”, è sicuramente più specifica di quella che prevede “deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione[10]”.

Altro è, come vedremo nelle conclusioni, giuridicizzare delle regole sociali.

A questo punto abbiamo sufficienti elementi per analizzare il cuore della questione: la ravvisata violazione dei doveri attinenti al giuramento, in assenza di fatti di rilevanza penale.

Andiamo in ordine cronologico.

Il caso 1.

Nel 1996, ad un Appuntato dell’Arma dei Carabinieri “è stata irrogata la sanzione disciplinare della consegna di rigore per dieci giorni” … La questione si risolve, pertanto, nella verifica dell’avvenuta violazione –contestata nei gravati provvedimenti- da parte del ricorrente, del dovere di fedeltà alle istituzioni repubblicane e dei doveri assunti con il giuramento prestato in relazione ai contenuti dell’articolo pubblicato il 13 marzo 1996 sul quotidiano ‘L’indipendente’ dal titolo ‘La violenza morale nel Sud Tirolo’. … ritiene il Collegio che correttamente l’Amministrazione resistente abbia ravvisato nello scritto del ricorrente l’intervenuta violazione di quei doveri di fedeltà alle istituzioni repubblicane ed ai doveri attinenti al grado posta fondamento della irrogazione della sanzione disciplinare della consegna di rigore per dieci giorni.

Dal contenuto dell’articolo in questione –e segnatamente da numerose espressioni specificamente indicate nel provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico– si evince, difatti, una posizione critica del ricorrente nei riguardi dell’operato dell’Arma in relazione agli specifici episodi trattati nello scritto che, al di là del legittimo esercizio del diritto di critica, denota una chiara disapprovazione e valutazione negativa di tale operato, … che esprimono chiaramente il convincimento del ricorrente come manifestato attraverso giudizi fortemente critici e lesivi della dignità dell’Arma, dai quali emerge oggettivamente un disconoscimento dell’unitarietà del territorio nazionale o, comunque, la messa in discussione della stessa, con conseguente violazione di quei doveri assunti con il giuramento prestato e in particolare, del dovere di fedeltà alle istituzioni repubblicane[11]”.

Come si nota, il predetto militare è stato sanzionato con la violazione dei doveri attinenti al giuramento “al di là del legittimo esercizio del diritto di critica” in ragione di “giudizi fortemente critici e lesivi della dignità dell’Arma”, quindi per motivi ideologici[12], nonostante la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 126 del 1985, ritenesse operante anche nelle Forze Armate l’esercizio del diritto di critica. Inoltre, lo scritto in questione era stato pubblicato da un quotidiano a tiratura nazionale, presumibilmente, previa autorizzazione del direttore.  

 Il caso 2.

 Nel 2014, un Carabiniere Scelto viene sanzionato disciplinarmente in quanto “addetto a stazione distaccata, per minor senso di responsabilità ed in violazione dei doveri attinenti al grado, nell’ambito di ricorso gerarchico avverso provvedimento amministrativo di diniego del trasferimento, estraeva copia di atti d’ufficio conservati nel carteggio ordinario della stazione di … inosservante delle norme inerenti l’accesso agli atti ed in assenza della prevista autorizzazione, violazione degli artt. 712, 713, 717 del d.P.R. 90/2010[13]”.

Come si nota dalla rubrica delle norme contestate, in questo caso è stata ravvisata la violazione dei doveri attinenti al giuramento per un fatto avvenuto nell’esercizio di un diritto. Nella specie nell’esercizio del diritto alla difesa, diritto “supercostituzionale” ed inviolabile, che nella fattispecie era stato esercitato in via gerarchica.

Anche in questo caso, si nota un fine “ideologico” nella prospettazione della violazione del giuramento.

Infatti, nonostante gli stessi giudici di Palazzo Spada dichiararono inammissibile l’impugnazione della suddetta sanzione disciplinare (e del conseguente ricorso gerarchico), affermarono che i “documenti estratti” erano “necessari per la difesa[14]”, e secondo l’art. 24, comma 7, della L. 241/90 “deve essere comunque garantito l’accesso ai documenti amministrativi se necessario per curare e difendere i propri interessi giuridici”.

Il caso 3.

Nel 2015, un Maresciallo dei Carabinieri dopo aver “argomentato le proprie tesi giuridiche circa l’incostituzionalità dell’Islam e circa l’impossibilità di credere nell’esistenza di un islam moderato, nonché aveva espresso su facebook la propria contrarietà circa le unioni omosessuali e le adozioni gay. Il tutto libero dal servizio e mai qualificandosi come carabiniere veniva condannato a 7 giorni di consegna di rigore[15]”, con la seguente motivazione: “per islamofobia, xenofobia, omofobia, violazione dei doveri attinenti al grado ed al giuramento prestato e per aver inficiato l’apoliticità della Forza Armata[16].

Inoltre, gli fu instaurato un ulteriore procedimento disciplinare “per condotte successive … sempre per «islamofobia, xenofobia, omofobia, violazioni dei doveri attinenti al grado ed al giuramento prestato e per aver inficiato l’apoliticità della Forza Armata». … Addirittura, si contesta il prossimo libro del Maresciallo … Come si evince dagli atti, gli Ufficiali dell’Arma scrivono che “benché si tratti di un saggio giuridico, scaturito dalla stessa tesi di Laurea in Scienze Giuridiche del Mar. … non è opportuno che si parli in tali termini dell’Islam[17]”.

Il caso 4.

Arriviamo al 2019, quando abbiamo appreso che ad un Appuntato dei Carabinieri era stato avviato un procedimento disciplinare di stato con la seguente “contestazione: “Turbamento per il regolare e corretto svolgimento delle attività di servizio, grave carenza di qualità morali, grave lesione al prestigio dell’Istituzione, violazione dei doveri del giuramento” e, naturalmente il sospetto che questo comportamento possa “anche denotare una personalità abnorme“.

Un graduato dell’Arma dei carabinieri ha ricevuto la comunicazione di avvio di un procedimento disciplinare per aver ceduto alla moda dilagante del tatuaggio[18]”.

Pochi giorni fa, al termine dell’iter disciplinare il suddetto Appuntato è stato prosciolto a seguito di notifica di un “provvedimento di “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari” a seguito di un procedimento scaturito dalla Commissione di Disciplina che … riteneva il militare “non meritevole di conservare il grado” a causa, si legge, di “tatuaggi particolarmente vistosi” sugli avambracci[19]”.

Ora, come si vede, anche in questa occasione, vi è una finalità ideologica, tenuto conto che “non esiste una chiara normativa[20]sull’argomento, ed in considerazione del fatto che l’art. 5 del Codice Civile prevede che “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume”.

Si noti inoltre, l’utilizzo dei termini “comportamento” e “personalità” che in tale contesto acquisiscono una valenza anche sociologica, in quanto le valutazioni dell’Amministrazione riguardano l’incidenza di tale comportamento individuale rispetto all’Istituzione, richiamata nell’espressione “Turbamento per il regolare e corretto svolgimento delle attività di servizio”.    

Conclusioni.

Al termine di questo breve excursus ventennale, possiamo affermare che il giuramento è l’inizio e la fine della carriera militare, in quanto il militare è tenuto a prestarlo all’atto di assunzione del servizio e la violazione dei doveri ad esso attinenti può portare alla perdita del grado.

Inoltre, la violazione dei doveri attinenti al giuramento per fatti non aventi rilevanza penale più che avere una valenza disciplinare in senso stretto, ovvero una valenza etico-deontologica, ha una chiara valenza ideologica, poiché colpisce “i soldati anticonformisti”.

Infatti, per anticonformista si intende colui “che non uniforma il proprio comportamento a quello maggioritario”.

E chi sono nell’Ordinamento Militare gli anticonformisti?

Analizziamo i quattro casi: nel caso 1 si dibatte di diritto alla libera manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost.; nel caso 2 si dibatte di diritto alla difesa ex art. 24 Cost.; nel caso 3 si dibatte di diritto alla manifestazione del pensiero ex art. 21 Cost.; nel caso 4 si discorre di atti di disposizione del proprio corpo ex art. 5 Cod. Civ. (in ultima istanza di un proprio diritto “disponibile”).

Ora abbiamo la risposta: gli anticonformisti nell’Ordinamento Militare sono coloro i quali esercitano i propri diritti di cittadini “in maniera inopportuna[21]”.

Ma se vi è esercizio di un diritto previsto dalle Leggi dello Stato o dalla Costituzione, che non sfoci in abuso[22], non vi può essere né infedeltà verso le Istituzioni Repubblicane, né inopportunità.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, in assenza di idonei parametri di riferimento (quali sono ad esempio le condotte penalmente rilevanti), l’applicazione del suddetto art. 712 talvolta diventa legittimazione dell’incertezza e della sproporzione.

In altre parole, più che sanzionare un fatto, si finisce per sanzionare un autore e la sua condotta di vita[23].

Cleto Iafrate

Contributo correlato: Anche i difensori hanno bisogno di essere difesi

[1] Il giuramento venne introdotto dall’art. 18 del regio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931, questa la formula: “Giuro di essere fedele al Re, ai suoi Reali successori e al Regime Fascista, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l’ufficio di insegnante e adempire tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti, la cui attività non si concilii coi doveri del mio ufficio”.

[2]D. IMMORDINO, Spunti sul principio di fedeltà alla Repubblica, in extranet.dbi.it.

[3] E. BOURSIER NIUTTA, A. ESPOSITO, Elementi di diritto disciplinare militare, terza edizione, Laurus Robuffo, Roma 2004, p. 60.

[4]L’eventuale violazione di una norma di legge, pertanto, qualora essa norma non riguardi in alcun modo la realizzazione dei compiti istituzionali delle Forze armate, non potrà dar luogo all’applicazione del regolamento attraverso il sillogismo per cui la violazione di norme dà luogo ad una violazione del giuramento, e la violazione del giuramento ad una violazione dei doveri ad esso pertinenti. Diverso, infatti, è il dovere di rispetto del giuramento prestato … rispetto al dovere di ottemperanza delle disposizioni inerenti il giuramento”. E. BOURSIER NIUTTA, A. ESPOSITO, Elementi di diritto disciplinare militare, terza edizione, Laurus Robuffo, Roma 2004, p. 61.

[5]Cfr. con E. BOURSIER NIUTTA, A. ESPOSITO, Elementi di diritto disciplinare militare, terza edizione, Laurus Robuffo, Roma 2004, p. 60: “Tale dovere non può però essere inteso nel senso di ricomprendere tra gli illeciti disciplinari sempre contestabili anche comportamenti privati”.



[6]Secondo E. BOURSIER NIUTTA, A. ESPOSITO, cit., Elementi di diritto disciplinare militare, terza edizione, Laurus Robuffo, Roma 2004, p. 41, il fatto in questione non è disciplinarmente rilevante perchè non “connesso” con l’attività istituzionale delle Forze Armate.

[7]Infatti, si può affermare che “il comportamento è il modo di agire e reagire di un oggetto o un organismo messo in relazione o interazione con altri oggetti, organismi o più in generale con l’ambiente. Si tratta dunque dell’esternazione di un atteggiamento, il quale a sua volta si basa su un’idea o una convinzione, più o meno realistica fino anche un pregiudizio. Il comportamento umano può essere conscio o inconscio, volontario o involontario, ed è strettamente collegato al tipo o modello di personalità dell’individuo. Fonte, Www.wikipedia.it, voce comportamento.

[8]Cfr. F.R. Vaquer, La disciplina militare tra etica e diritto, in www.carabinieri.it: “la disciplina militare – originariamente costituita dal complesso delle virtù militari (fedeltà, onore, lealtà, senso di responsabilità, obbedienza, spirito di corpo, coraggio, spirito di sacrificio) come principi etici tipici dell’ordinamento militare, compresi ed istituzionalizzati in regole giuridiche, la cui inosservanza anche formale era severamente punita – risulti ai sensi dell’art. 5 della legge 382/1978 connessa alle effettive necessità di servizio, finalizzate all’assolvimento dei compiti istituzionali delle forze armate. Si deve però a tal proposito osservare che il mondo militare è tale in quanto e soprattutto perché permeato di un’etica propria, fondata su valori e principi esclusivi, a similitudine degli ordini religiosi”.

[9]Art. 723 DPR 90/2010, “Tenuta e sicurezza delle armi, dei mezzi, dei materiali e delle installazioni militari”.

[10]Art. 713 DPR 90/2010, “Doveri attinenti il grado”. E’ vero che la disposizione richiamata afferma al comma 3 che “Il militare investito di un grado deve essere di esempio nel compimento dei doveri, poiché l’esempio agevola l’azione e suscita lo spirito di emulazione”. Ma è agevole osservare che emulare nel compimento dei doveri è altro che emulare nel modo di comportarsi. Pertanto, lo spirito della disciplina militare, secondo il parere di chi scrive rimane in una dimensione di etica individuale e non deve (dovrebbe) assumere una valenza “sociologica” (comportamentale).

[11]Tar Lazio, Roma, sezione I bis, sentenza n. 1954/2003.

[12]Si tenga presente che nel caso di specie venne comminata la consegna di rigore che, sostanzialmente, si esplica come una misura restrittiva della libertà personale.

[13]Consiglio di Stato, sezione II, parere n. 1355/2017.

[14]Consiglio di Stato, ult.cit. Per un approfondito commento del caso, sia consentito il rinvio a C. Iafrate, Pur di non dare ragione al carabiniere, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato sconfessa la Quarta (nota a parere n. 1355/2017 del Consiglio di Stato), in www.ficiesse.it.

[15]Vi dico io chi è il Maresciallo Prisciano, in www.qelsi.it.

[16]L’Arma lo caccia, il Tar lo reintegra: la storia del Maresciallo Riccardo Prisciano, in www.nonsolomarescialli.it.

[17]Vi dico io chi è il Maresciallo Prisciano, in www.qelsi.it.

[18]Il tatuaggio in questione è il seguente: “regione deltoidea destra e sulla porzione craniale del braccio omolaterale”, ndr) un «tatuaggio di colore nero raffigurante una bussola, la mappa dell’Australia, un cartello con la scritta “pericolo canguri” ed un furgoncino “hippie Kombi”» (è scritto proprio così), e sull’altro avambraccio un altro tatuaggio «raffigurante un volto di donna con occhiali da sole e una cartolina con spiaggia dell’Australia ed, infine, presentava un ulteriore tatuaggio all’arto superiore sinistro… raffigurante un volto di donna con catenina al collo che si unisce con mezzo teschio, un volto maschile con occhiali da sole che esibisce un pugno con artigli stile “Wolverine”». Fonte, Carabinieri: Appuntato sotto procedimento disciplinare per i tatuaggi, rischia il licenziamento, in www.grnet.it.

[19]Carabinieri: in piena emergenza Coronavirus Appuntato licenziato per i tatuaggi, in www.gnrnet.it.

[20]Cfr. con Carabinieri, in piena emergenza Coronavirus cit., in www.gnrnet.it: “Ci chiediamo se sono questi i problemi che affliggono quel Comandante di Corpo che dedica tutte le sue energie in questa guerra ai tatuati. Una guerra che sarebbe perfino legittimata in presenza di una chiara normativa che ad oggi non esiste»”.

[21] Cfr. con il caso 3, in cui esplicitamente, negli atti del procedimento disciplinare si discorre di “opportunità”.

[22]Comunemente, si intende per “abuso del diritto” un “uso anormale del diritto, che conduca il comportamento del singolo (nel caso concreto) fuori della sfera del diritto soggettivo esercitato, per il fatto di porsi in contrasto con gli scopi etici e sociali per cui il diritto stesso viene riconosciuto e protetto dall’ordinamento giuridico positivo” (cfr. con S. Levanti, Abuso del diritto, in www.diritto.it).

[23]Cfr. con T. Padovani, Diritto Penale, XI edizione, Giuffrè editore, Torino, 2017, p. 100: “Non conta dunque che il fatto leda o ponga in pericolo un interesse; conta invece che il singolo abbia comunque espresso una volontà difforme dall’obbligo di fedeltà. Una tale concezione mira essenzialmente a dilatare incontrollabilmente la sfera del penalmente rilevante, svincolandola dal limite dell’offesa ad un interesse dato, ed a stravolgere il senso del giudizio di colpevolezza che, dal fatto viene riferito all’intera condotta di vita del soggetto”.  


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