I militari impiegati in missioni fuori area in teatri operativi in missioni di pace Onu non hanno diritto alla rivalutazione dei relativi periodi contributivi prevista per i combattenti, tanto ai fini della buonuscita che ai fini pensionistici (1).
Come chiarito dal giudice delle leggi (n. 240 del 2016) la previsione dettata dalla l. 11 dicembre 1962, n. 1746 trova origine in un preciso fatto storico (uccisione di numerosi militari italiani impegnati in Kindu, ex Congo Belga) e in un contesto storico-normativo in cui la partecipazione delle nostre forze armate a missioni dell’Onu in zone di conflitto risultava sfornita di adeguata disciplina specifica.
Negli anni successivi la proliferazione di questa tipologia di missioni ha indotto l’adozione di norme specifiche (d.l. n. 1 del 2000, convertito in l. n. 44 del 2000; d.l. n. 451 del 2001, convertito in l. n. 15 del 2002; d.l. n. 3 del 2005, convertito in l. n. 37 del 2005; d.l. n. 273 del 2005, convertito in l. n. 51 del 2006) ivi inclusa una disciplina di carattere generale dettata dal d.lgs. n. 145 del 2016. Le specifiche disposizioni regolanti le singole missioni contengono, tra l’altro, specifiche previsioni di favore in tema di trattamento economico, previdenziale, indennitario e assicurativo.
In definitiva, la creazione di uno specifico quadro normativo per ogni singola missione, corredato di altrettanto specifici benefici economici di varia natura, ha fatto cadere l’esigenza di supplire ad un vero e proprio vuoto normativo che era stata colmata con la l. n. 1746 del 1962; nell’ambito di ogni specifica disciplina delle missioni Onu il legislatore ha poi individuato se e quali provvidenze già previste per le campagne di guerra estendere ai militari ivi impegnati.
Per contro, e da un punto di vista sistematico, nella legislazione risalente il concetto di “combattente” è sempre stato dal legislatore riferito ai partecipanti a vario titolo al secondo conflitto mondiale.
Addirittura il giudice delle leggi ha osservato che, come emerge nei lavori preparatori del codice dell’ordinamento militare, con riferimento all’art. 1858 cod. ord. mil. che richiama l’art. 18, d.P.R. n. 1092 del 1973, invocato dai ricorrenti, venne esplicitato che, pur trattandosi di norma non più attivata in favore dei militari appartenenti a contingenti inviati in missione all’estero, restava opportuno il suo mantenimento in ragione dei possibili rischi connessi al verificarsi di una crisi internazionale.
Infine la l. n. 108 del 2009, nel prevedere esplicitamente l’estensione ai militari impegnati in missioni specifiche previsioni dettate per il tempo di guerra, non ha incluso il menzionato art. 18, d.P.R. n. 1092 del 1973.
In definitiva, nell’articolato quadro delle varie campagne internazionali, il legislatore ha di volta in volta previsto benefici specifici e/o selezionato quali benefici già previsti per i “combattenti” della guerra mondiale estendere ai militari ivi impegnati.
Né l’equiparazione delle missioni Onu a missioni di guerra a determinati fini e nell’ambito del diritto internazionale vincola il legislatore ad estendere in tutto e per tutto i benefici previdenziali e retributivi previsti per il secondo contesto al primo; sul punto il giudice delle leggi ha esplicitamente osservato come, a tacer d’altro, in un vero scenario di guerra la normativa consentirebbe il richiamo alle armi e l’arruolamento di non professionisti cui, a legislazione vigente, spetterebbe solo il compenso giornaliero simbolico del cosiddetto “soldo”, oltre al beneficio previdenziale di cui qui si chiede l’estensione, e non certo l’articolato compendio di benefici economici di vario genere previsti per i professionisti impegnati nella campagne Onu.
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