Torre del Greco (Na) – È un bilancio drammatico quello che emerge dalle prime ore di questa mattina: un agente della Polizia, di 47 anni, è morto in un incidente stradale mentre era a bordo di una volante, e un altro collega è rimasto gravemente ferito.

Secondo le prime ricostruzioni ufficiali — che restano ancora parziali e in corso di accertamento — la volante stava inseguendo un’altra auto quando, lungo viale Europa (la strada che collega la Litoranea a via Nazionale, in zona Leopardi), è avvenuto lo schianto con un veicolo altrui.

L’impatto è stato fatale per l’agente di 47 anni, che non ce l’ha fatta. Il collega, invece, è ricoverato in condizioni gravissime, attualmente in lotta tra la vita e la morte.

La Questura di Napoli ha confermato l’incidente e sta indagando per chiarire i contorni della dinamica. In particolare, si sta valutando se l’auto inseguita abbia effettuato manovre improvvise, cambi di traiettoria, che abbiano causato lo scontro. 

Punti da chiarire

  • Non è ancora confermato con certezza se l’auto con cui la volante si è scontrata sia effettivamente quella inseguita. Alcune fonti parlano di “probabile inseguimento”.

  • Non è chiaro se l’altro veicolo abbia fatto manovre brusche, imbocco contromano, cambio improvviso di direzione o altro che possa aver reso l’impatto inevitabile.

Una domanda che pesa: l’attenzione mediatica e sociale

Il dolore per la perdita di un agente che ogni giorno rischia la propria vita nell’adempimento del dovere è reale e profondo. Tuttavia, urge una riflessione: quando un uomo in divisa muore in servizio, l’attenzione (giornalistica, sociale, politica) si accende. Ma quante volte, quando a morire sono delinquenti in scontri a fuoco, fughe o atti criminosi, si alzano manifestazioni, cortei o proteste che li celebrano o li “privilegiano”?

Non è una retorica sterile: è la domanda che dovrebbe muovere coscienze e media. Se si può scendere in piazza “per personaggi che magari hanno anche precedenti penali, e che perdono disgraziatamente la vita in seguito a fughe in auto o moto, o peggio ancora in scontri con le forze dell’ordine, perché non farsi sentire per chi ha dedicato la propria vita alla sicurezza collettiva?

La tragedia di oggi deve ricordarci che il rischio è anche quello di una memoria selettiva: erodere il valore dell’ordine, del rispetto delle regole, del sacrificio per la comunità, è pericoloso. Non è mettere sullo stesso piano vittima e carnefice, ma chiedere che la società e una parte della politica non pieghino la memoria alla convenienza.

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