Un nostro iscritto ci chiede se, ai sensi dell’articolo 3 comma 1 della legge 104/1992, per ottenere l’esonero dai turni notturni per assistere un famigliare disabile occorra che questi versi in situazione di gravità ai sensi del comma 3 articolo 3 della legge 104.
Dal tenore della normativa, considerato che nessun riferimento è fatto allo stato di gravità o meno dell’assistito, si evince che per l’esonero dal lavoro notturno non occorre il requisito della condizione di gravità in capo alla persona disabile assistita dal lavoratore, a differenza degli altri benefici previsti dalla normativa a tutela che sono concedibili solo nel caso di riconoscimento di “handicap con connotazione di gravità” di cui all’articolo 3, comma 3 della legge 104/92.
Tuttavia, con la nota n. 333-A/9806.G.3.2/4015-2019 del 9 aprile 2019 l’Ufficio Affari Generali e Giuridici della Direzione Centrale delle Risorse Umane, del Dipartimento della P.S. ha negato la possibilità di accordare l’esonero dal turno notturno a dipendenti che ne facciano richiesta per assistere il familiare disabile cui è stato riconosciuto un handicap privo del connotato di gravità previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modifiche.
Nella suddetta nota, si richiama a sostegno della decisione adottata un interpello avanzato il 6 febbraio 2009 al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, riguardante la corretta interpretazione della locuzione “a proprio carico”. La Giurisprudenza in materia registra contrasti tra giurisdizione ordinaria e amministrativa. La Corte di Cassazione con la decisione 3366/2019 del 10 maggio 2023 ha statuito che il caregiver lavoratore che si occupa di un familiare con disabilità può essere esonerato dal lavoro notturno indipendentemente dal fatto che da parte della Commissione sia stata riconosciuta o meno la gravità della condizione di disabilità, ovvero sia che sia stato attribuito il comma 1 o il comma 3 dell’articolo 3 della Legge 104.
Questo perché nel “contesto di diritto vivente una interpretazione che, pur nel silenzio della norma e in difetto di inequivoche indicazioni sistematiche, introduca surrettiziamente un requisito aggiuntivo, quale la gravità della situazione di handicap, si tradurrebbe in una indebita interpolazione ermeneutica del testo, tanto più ingiustificata in un ambito, quale quello dei diritti dei disabili, insuscettibile di limitazioni di tutela al di fuori di una chiara presa di posizione del legislatore” Né secondo i giudici di piazza Cavour, può essere condivisa una prassi amministrativa in senso contrario che, oltre ad essere di certo priva di portata normativa, si fonda su circolari assertive prive di adeguato supporto argomentativo.
Nella Giurisprudenza amministrativa alcune pronunce dei TAR sembravano concordi nell’affermare il principio che “richiedere che l’handicap del disabile presenti connotazione di gravità, finisce con attribuire una valenza additiva alla normativa in esame, introducendo surrettiziamente un requisito non richiesto, peraltro, in una materia, come quella della tutela dei diritti dei disabili, coperta da garanzie costituzionali.
Materia che non tollera elisioni della tutela garantita dal legislatore se non nell’ambito di quanto esplicitamente tipizzato” (T.A.R. Campania Napoli, Sentenze 1° febbraio 2019 n. 540 e 10 dicembre 2021 n. 07962; T.A.R. Marche I, Sentenza n. 00199/2019 pronunciata nella Camera di Consiglio del 20 marzo 2019). Ma il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), con la Sentenza n. 08798/2022 del 17 ottobre 2022 ha ritenuto tale lettura indebitamente soppressiva di un’indicazione chiaramente fornita dal legislatore al punto da giungere “alla conclusione – invero paradossale – che ai fini dell’ottenimento di un permesso orario, mensile, di un congedo e perfino della priorità nell’accesso al lavoro agile o ad altre forme di lavoro flessibile il lavoratore richiedente deve motivare avuto riguardo all’assistenza di una persona con disabilità in situazione di gravità, mentre ciò non sarebbe necessario in caso di richiesta di esonero dal servizio notturno””.
Dunque, secondo il Consiglio di Stato, che si è espresso proprio in relazione a un caso che ha riguardato un lavoratore della Polizia di Stato, il regime dell’esonero dal servizio notturno del prestatore di assistenza, proprio in quanto replicato sia in sede di declinazione delle tutele genitoriali, sia in sede di disciplina dell’organizzazione dell’attività lavorativa, può essere fatto rientrare tra gli strumenti di tutela indiretta del disabile, al pari degli altri istituti più specificamente mirati allo scopo.
Pertanto, il diritto del dipendente sussiste solo laddove sia funzionale alle necessità di assistenza, come declinata inequivocabilmente dalla l. n. 104 del 1992. Esso cioè non può essere inteso in senso assoluto e pertanto la dicitura «a proprio carico» riferita al soggetto disabile per l’assistenza al quale si chieda l’esonero dai turni notturni utilizzata nell’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001, non può che essere intesa nell’accezione etimologica, prima ancora che giuridica, di “necessitante di cura e assistenza” al punto tale da essere, appunto, “a carico” di chi gliela presta.
Il che corrisponde all’assetto della materia riveniente dalla disciplina degli istituti di tutela indiretta del portatore di handicap declinati nella l. n. 104 del 1992, esclusivamente nel caso di gravità della situazione che legittima la richiesta di fruizione del beneficio. Al riguardo, i giudici di palazzo Spada richiamano altresì le esigenze di buon andamento dell’amministrazione della P.S. quale datore di lavoro, consistenti nella effettività del presidio del territorio cui gli organi di polizia sono preposti.
Detto indirizzo è stato in ultimo ribadito dal Consiglio di Stato (Sezione Seconda) con la Sentenza n. 04847/2023 del 15 maggio 2023. Occorre, dunque, attendere un cambio di indirizzo da parte del Consiglio di Stato, poiché attualmente si configura un contrasto tra la giurisprudenza della cassazione e quella del Consiglio di Stato.
SIULP Sindacato Italiano Unitario dei Lavoratori della Polizia