“Ho grande stima per il procuratore Nicola Gratteri ma ieri sono sobbalzato sulla sedia quando l’ho sentito affermare, nella trasmissione tv Otto e Mezzo su La7, che il posizionamento di un inibitore di telefoni cellulari sul tetto di un carcere provocherebbe la “rivolta della Polizia Penitenziaria perché, invece di controllare cosa succede nelle carceri, non potrebbero più giocare con i telefonini”.
Chiedo a Gratteri di chiarire il senso delle sue dichiarazioni. Noi siamo convinti che si sia trattato di un equivoco e, forse, di un’infelice espressione ma è bene che lo chiarisca lui stesso. Anche perché, viceversa, sarebbero davvero gravi le accuse mosse nei confronti di un Corpo di Polizia dello Stato”.
Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione dei Baschi Azzurri.
“La gente, spesso, sa poco di quel che succede in carcere; questo perché è indotta ad approcciarsi ad esso, alle tematiche penitenziarie più in generale, solamente in occasione di eventi drammatici (suicidi, evasioni, presenza in carcere di detenuti eccellenti in particolare) che sono poi quelli che trovano maggiore evidenza sugli organi di informazione.
Ancor più approssimativa è la conoscenza del nostro lavoro, quello del poliziotto penitenziario, perchè se il carcere è – come esso è – un ambiente chiuso, ancor più difficile è venire a sapere quel che fanno le donne e gli uomini con il Basco Azzurro. Certo le gravi affermazioni fatte da Nicola Gratteri gettano un’ombra inaccettabile sul nostro duro e difficile lavoro e sono inaccettabili”.
L’impegno del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria”, prosegue Capece, “è sempre stato ed è quello di rendere il carcere una “casa di vetro”, cioè un luogo trasparente dove la società civile può e deve vederci “chiaro”, perché nulla abbiamo da nascondere ed anzi questo permetterà di far apprezzare il prezioso e fondamentale – ma ancora sconosciuto – lavoro svolto quotidianamente, lo ripeto, con professionalità, abnegazione e umanità.
Aggiungo che la cultura della Polizia Penitenziaria, così come quella degli altri Corpi di Polizia del Paese, è formata dall’insieme dei valori, credenze e linguaggi che sostengono il proprio mandato. L’assoluta trasparenza dell’immagine diventa il punto centrale della politica di comunicazione in quanto crea le migliori condizioni di visibilità dell’istituzione da parte dei cittadini che, a loro volta, saranno stimolati ad avere più fiducia e ad aprirsi. Per quello fa male ascoltare quel che ha detto Gratteri ieri sera”:
Il SAPPE torna a evidenziare che “la Polizia Penitenziaria che lavora nelle carceri italiane, per adulti e minori, è formata da persone che nonostante l’insostenibile, pericoloso e stressante lavoro credono nella propria professione, che hanno valori radicati e un forte senso d’identità e d’orgoglio, e che ogni giorno in carcere fanno tutto quanto è nelle loro umane possibilità per gestire gli eventi critici che si verificano ogni giorno.
Altro che giocare coi telefonini in servizio… Nicola Gratteri è un’icona della lotta alla mafia, uno dei migliori magistrati italiani e i poliziotti penitenziari hanno sempre guardato a lui come un esempio di legalità. Per questo è assolutamente necessario un chiarimento da parte sua”.
Roma, 18 novembre 2020
Dott. Donato CAPECE – segretario generale SAPPE
Metti un like alla nostra pagina facebook, Clicca QUI. Ci trovi anche su Telegram, Clicca QUI. (Se non hai Telegram, Clicca QUI)