Obbligo della certificazione verde COVID-19 (c.d. green pass) sui luoghi di lavoro sino al 30 aprile 2022. Indicazioni operative sul trattamento economico e giuridico dei periodi di assenza ingiustificata o sospensione per i lavoratori dipendenti pubblici e privati. Effetti sulle prestazioni previdenziali ai lavoratori del settore privato aventi diritto alle tutele riconosciute dall’INPS
Al fine di tutelare la salute pubblica durante il periodo di emergenza sanitaria da COVID-19, il legislatore ha emanato diversi provvedimenti volti ad assicurare e a mantenere adeguate condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, prevedendo per i lavoratori, sia del settore pubblico che di quello privato, l’obbligo di possedere la certificazione verde COVID-19 (c.d. green pass) per l’accesso ai luoghi di lavoro e disponendo, in capo al datore di lavoro, obblighi di controllo e verifica, anche a campione, del rispetto delle disposizioni emanate e della contestazione delle eventuali violazioni.
Con la presente circolare si illustra sinteticamente il quadro normativo di riferimento e i riflessi in materia previdenziale relativi all’applicazione delle previsioni contenute nel decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, recante “Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19”, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, e nel decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44, recante “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, così come integrate e modificate dalle successive disposizioni emanate con il decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 novembre 2021, n. 165, nel decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 settembre 2021, n. 133, nel decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3, nonché nel decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2022, n. 18.
Da ultimo, il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante “Disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 maggio 2022, n. 52, ha apportato ulteriori modifiche alla normativa in argomento, tenuto conto della cessazione dello stato di emergenza.
Si forniscono, inoltre, chiarimenti in merito alla gestione di alcune tutele in costanza di rapporto di lavoro quali malattia, maternità, permessi di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, riconosciute in capo ai lavoratori del settore privato aventi diritto alle tutele previdenziali INPS, nei casi di assenza dal lavoro per mancato rispetto delle disposizioni sopra richiamate in merito al possesso, sino al 30 aprile 2022, della certificazione verde COVID-19 (c.d. green pass).
2. Quadro normativo di riferimento
2.1 Quadro normativo antecedente l’entrata in vigore del decreto-legge n. 24/2022
Il citato decreto-legge n. 127/2021 ha esteso, a decorrere dal 15 ottobre 2021, l’obbligo di possedere la certificazione verde COVID-19 – come disciplinata dall’articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 52/2021 – a tutti i lavoratori dipendenti sia di datori di lavoro pubblici sia di datori di lavoro privati, con riferimento alle prestazioni e ai periodi lavorativi svolti all’interno del territorio nazionale italiano, indipendentemente dalla natura e nazionalità del lavoratore.
Nello specifico, l’articolo 9-quinquies del decreto-legge n. 52/2021, inserito dall’articolo 1 del predetto decreto-legge n. 127/2021, ha previsto che al personale delle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001, al personale di cui all’articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d’Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, in cui il predetto personale svolge l’attività lavorativa, è fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2[1], del decreto-legge n. 52/2021. Detto personale nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, ai sensi del comma 6 del predetto articolo 9-quinquies, è considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il termine di cessazione dello stato di emergenza (31 marzo 2022), senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati.
Analogamente, con riferimento a chiunque svolga una attività lavorativa[2] nel settore privato è fatto obbligo, ai sensi dell’articolo 9-septies del decreto-legge n. 52/2021, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19. Qualora tali lavoratori comunichino di non essere in possesso o risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della certificazione verde COVID-19 e,comunque non oltre il termine di cessazione dello stato di emergenza (31 marzo 2022), senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato (comma 6).
Inoltre, per le imprese che operano nel settore privato[3] è stata prevista la possibilità di sospendere il rapporto di lavoro senza retribuzione dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione e, comunque, per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al termine di cessazione dello stato di emergenza (31 marzo 2022), senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso (comma 7).
Sono inclusi nelle disposizioni sopra indicate i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, cui si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Con riferimento a determinate tipologie di lavoratori impiegati in specifici ambiti e alle dipendenze di determinate categorie datoriali[4], il legislatore è altresì intervenuto, con le disposizioni richiamate in premessa, introducendo una disciplina ad hoc in ordine al possesso della certificazione verde COVID-19 ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro (come, ad esempio, per gli esercenti le professioni sanitarie, per il personale scolastico e universitario, per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età) .
2.2 Nuove disposizioni contenute nel decreto-legge n. 24/2022
Con il decreto-legge n. 24/2022, sono state introdotte disposizioni per il graduale superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza fissata al 31 marzo 2022.
In particolare, per quanto di interesse ai fini della presente circolare, si segnala la proroga al 30 aprile 2022 dell’obbligo di possesso del c.d. green pass base per accedere ai luoghi di lavoro nel settore pubblico e privato, nonché la possibilità dal 25 marzo 2022 al 30 aprile 2022, anche per gli over 50, di accedere ai luoghi di lavoro con il c.d. green pass base (articolo 8, comma 6).
3. Trattamento economico e giuridico dei periodi di assenza ingiustificata sino al 30 aprile 2022. Riflessi sul trattamento pensionistico, previdenziale e assistenziale per i lavoratori dipendenti pubblici e privati
In coerenza con le disposizioni richiamate, si forniscono le seguenti precisazioni volte a chiarire i risvolti applicativi della normativa sopra illustrata per i casi di assenza ingiustificata o sospensione del rapporto di lavoro sino al 30 aprile 2022.
L’assenza di obbligo retributivo (e di altro compenso o emolumento, comunque denominato) durante le giornate di assenza ingiustificata, in quanto espressamente prevista da disposizione di legge, ha determinato anche il venire meno dell’obbligazione contributiva in capo al datore di lavoro (pubblico e privato) e, conseguentemente, il lavoratore (assente ingiustificato) non ha diritto ad alcuna copertura assicurativa di natura obbligatoria.
Inoltre, con specifico riferimento ai lavoratori dipendenti dalle Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 9-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 52/2021, con il D.P.C.M. 12 ottobre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 2021, n. 246, sono state adottate le linee guida in materia di condotta delle pubbliche Amministrazioni per l’applicazione della disciplina in materia di obbligo di possesso e di esibizione della certificazione verde COVID-19 da parte del personale, nell’ambito delle quali è stato precisato che: “In relazione alle giornate di assenza ingiustificata, al lavoratore non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati, intendendosi qualsiasi componente della retribuzione (anche di natura previdenziale) avente carattere fisso e continuativo, accessorio o indennitario comunque denominato, previsto per la giornata di lavoro non prestata. I giorni di assenza ingiustificata non concorrono alla maturazione di ferie e comportano la corrispondente perdita di anzianità di servizio […]. Non è consentito, in alcun modo, che il lavoratore permanga nella struttura, anche a fini diversi, o che il medesimo sia adibito a lavoro agile in sostituzione della prestazione non eseguibile in presenza, ferma rimanendo la possibilità, per le giornate diverse da quella interessata, di fruire degli istituti contrattuali di assenza che prevedono comunque la corresponsione della retribuzione (malattia, visita medica, legge 104, congedo parentale…)”.
Tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, per i periodi privi di copertura assicurativa, conseguenti alle fattispecie di sospensione ovvero di assenza ingiustificata contemplate nell’ambito della presente circolare, è estesa la facoltà di riscatto o di prosecuzione volontaria. Si rinvia, in materia, alla circolare n. 220 del 14 novembre 1996 (paragrafo 3.5 per i riscatti) e, per gli iscritti alla Gestione pubblica, alle circolari ex Inpdap n. 9 del 14 febbraio 1997 e n. 12 del 24 febbraio 1999.
4. Disciplina dell’assenza ingiustificata e sospensione del dipendente di datore di lavoro pubblico e privato sino al 30 aprile 2022
Si precisa che il regime previdenziale dell’“assenza ingiustificata” deve essere distinto dalla sospensione del rapporto di lavoro prevista dalle disposizioni normative in relazione alle specifiche categorie di lavoratori, nonché eventualmente per il personale dipendente dei datori di lavoro privati, ferme restando le conseguenze disciplinari in caso di accesso ai luoghi di lavoro in assenza del c.d. green pass.
In considerazione del principio di conservazione del rapporto di lavoro, nonché di quanto indicato per i lavoratori del settore pubblico dal D.P.C.M. sopra richiamato, l’assenza ingiustificata deve essere riferita unicamente alla giornata lavorativa durante la quale il lavoratore non ha esibito o è stato trovato sprovvisto del c.d. green pass all’esito del controllo attivato dal datore di lavoro, limitatamente ai fatti accertati e ai provvedimenti adottati all’interno dell’arco temporale previsto dalle specifiche normative.
Allo stesso modo, anche il rapporto di lavoro del lavoratore dipendente da datore di lavoro privato rimane in essere e riprenderà ad esplicare i suoi effetti dal giorno della cessazione della causa che ha determinato l’assenza ingiustificata o il periodo di sospensione (senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro).
Resta ferma la possibilità, nei casi in cui il lavoratore risulti sprovvisto del c.d. green pass, per le giornate diverse da quella interessata dall’assenza ingiustificata, di fruire degli istituti di assenza ammessi in costanza del rapporto di lavoro dall’ordinamento sempreché sussistano i relativi presupposti di legge (ad esempio, assenze per malattia, permessi di cui alla legge n. 104/1992 o congedo parentale, ecc.).
Al ricorrere di una delle ipotesi da ultimo richiamate, gli obblighi contributivi in capo al datore di lavoro e le coperture assicurative del lavoratore interessato sono, quindi, determinati secondo le disposizioni di legge ordinariamente applicabili alle singole fattispecie di assenza.
Laddove ricorrano le circostanze che legittimano l’adozione del provvedimento di sospensione del rapporto di lavoro e di ogni conseguente obbligo retributivo per la durata del periodo di sospensione, il datore di lavoro non è tenuto ad alcun obbligo contributivo[5].É stata inoltre sospesa la fruizione degli istituti contrattuali riconosciuti in costanza di rapporto di lavoro che comportino il diritto alla retribuzione e il conseguente obbligo contributivo, nonché la copertura previdenziale di natura obbligatoria, quali ferie o permessi retribuiti.
Atteso che le fattispecie in argomento si verificano per cause imputabili ai lavoratori, gli stessi, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, durante il periodo di sospensione ovvero di assenza ingiustificata, non hanno potuto essere destinatari di prestazioni di integrazione salariale.
Si evidenzia, infine, che per i lavoratori assunti con contratto di apprendistato di qualsiasi tipologia, le giornate di assenza ingiustificata e i periodi di sospensione in argomento non hanno determinato l’applicazione dell’articolo 42, comma 5, lettera g), del D.lgs n. 81/2015 (possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, di durata superiore a trenta giorni), in quanto la mancata esibizione del c.d. green pass non può essere considerata causa involontaria di sospensione del lavoro.
Da ultimo, si ricorda che nelle ipotesi di sopravvenute valutazioni in merito alla non conformità delle certificazioni COVID-19 già acquisite da parte dei datori di lavoro, che determinino l’adozione di un provvedimento di assenza ingiustificata o di sospensione del lavoratore, con ripetizione della retribuzione di spettanza del lavoratore, il datore di lavoro avrà diritto a inoltrare domanda di rimborso della corrispondente contribuzione. Di converso, nelle ipotesi di annullamento o revoca del provvedimento di assenza ingiustificata o di sospensione precedentemente adottato dal datore di lavoro, con conseguente ripristino del rapporto di lavoro senza soluzione di continuità, lo stesso sarà tenuto all’assolvimento, con effetto retroattivo, della contribuzione non versata, oltre agli oneri accessori.
5. Effetti sulle prestazioni previdenziali ai lavoratori del settore privato aventi diritto alle tutele INPS
In merito alle tutele previdenziali di malattia, maternità, congedo parentale, permessi di cui alla legge n. 104/1992 e congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001, su conforme parere del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e sulla base dell’attuale normativa e considerata la rilevanza costituzionale delle tutele in argomento (articoli 32 e 38 della Costituzione), si precisa quanto segue.
In generale, la normativa vigente prevede il riconoscimento dell’indennità previdenziale della malattia ai lavoratori dipendenti sospesi nei casi in cui l’evento si verifichi prima della sospensione dal lavoro e si protragga oltre la stessa ovvero laddove inizi entro 2 mesi o 60 giorni dalla sospensione (in questa seconda ipotesi, l’indennità viene corrisposta in misura ridotta rispetto a quanto ordinariamente spettante), come indicato nella circolare n. 134368 del 28 gennaio 1981 A.G.O./14 (cfr. il “Regolamento per le prestazioni economiche”, adottato con deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’INAM del 10 aprile 1963, ratificata dal Ministero del Lavoro e della previdenza sociale in data 16 maggio 1963, e il decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33).
A tale fine, la citata circolare precisa anche che “per lavoratore sospeso deve intendersi il lavoratore il cui rapporto di lavoro risulti quiescente per essere sospesa l’obbligazione del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e quella del lavoratore di prestare la propria attività lavorativa” e chetra i casi normalmente ricorrenti che riguardano le sospensioni si citano “l’assenza dal lavoro arbitraria e ingiustificata, i provvedimenti disciplinari, permessi non retribuiti di durata superiore a 7 giorni, ecc.”. Avuto riguardo alla categoria dei lavoratori marittimi, trova applicazione la specifica normativa di settore ai fini del riconoscimento delle indennità di malattia per periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Premesso quanto sopra, pertanto, anche nei casi di eventi di malattia, verificatisi durante il periodo di assenza ingiustificata o di sospensione del lavoratore, conseguenti all’applicazione delle richiamate norme in materia di tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro nel corso dell’emergenza sanitaria, si applicano le disposizioni vigenti inerenti alle modalità di pagamento delle predette indennità ai lavoratori dipendenti, sopra richiamate.
Si ricorda, al riguardo, che rimane onere del medico certificatore attestare, in scienza e coscienza, per non incorrere nel reato di falso ideologico, la sussistenza di uno stato patologico del paziente determinante incapacità temporanea al lavoro.
Con riguardo al congedo di maternità dei rapporti di lavoro del settore privato, si precisa che il periodo di tutela di maternità non è nella disponibilità del lavoratore e del datore di lavoro, configurandosi normativamente come un divieto per i datori di lavoro (penalmente sanzionabile) di adibire le donne al lavoro durante i periodi di maternità.
Ne consegue che, la tutela della maternità risulta prevalente e sono, pertanto, riconosciute le relative indennità in quanto il trattamento economico di maternità – e il conseguente riconoscimento della contribuzione figurativa ai fini pensionistici – ha la finalità di sostenere le lavoratrici (o i lavoratori nei casi normativamente previsti) in un momento fondamentale quale l’ultimo periodo della gestazione e il puerperio, nonché nel primo periodo di vita o dall’ingresso in famiglia dei figli.
Per completezza, si rappresenta che alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, l’indennità di maternità viene riconosciuta a prescindere dall’astensione lavorativa, risultando pertanto irrilevante, ai fini della tutela previdenziale, il mancato svolgimento di attività lavorativa.
Per quanto riguarda il congedo parentale, si specifica che l’indennità – e il conseguente accredito della contribuzione figurativa – viene riconosciuta secondo le indicazioni di legge, per i periodi richiesti dai lavoratori e dalle lavoratrici, sulla base del presupposto della prevalenza della tutela del minore. Le stesse indicazioni si applicano anche per gli iscritti alla Gestione separata.
Con riferimento ai permessi di cui all’articolo 33 della legge n. 104/1992 e al congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001, si precisa che la relativa indennità – e il conseguente accredito della contribuzione figurativa – è riconosciuta, sulla base dell’accertamento dei requisiti sanitari e amministrativi normativamente previsti, al fine di fare fronte alle particolari esigenze di cura di soggetti con disabilità grave accertata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della stessa legge n. 104/1992.
Si ricorda, infatti, che lo scopo dei suddetti benefici è quello di garantire a soggetti in situazione di particolare bisogno la necessaria assistenza che la legge riconosce nel rispetto degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
[1] Il legislatore all’articolo 2-bis del D.L. n. 172/2021, inserito, in sede di conversione, dalla legge n. 3/2022, ha previsto che l’assenza dal lavoro del personale, a tempo indeterminato e a tempo determinato, delle pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs n. 165/2001, per la somministrazione del vaccino contro il COVID-19 è giustificata. La predetta assenza non determina alcuna decurtazione del trattamento economico, né fondamentale né accessorio.
[2] In sede di conversione del D.L. n. 172/2021, è stato precisato che sono altresì tenuti ad esibire la certificazione verde i titolari di servizi di ristorazione o di somministrazione di pasti e bevande.
[3]Fino alla data di entrata in vigore del D.L. n. 1/2022 tale possibilità era concessa ai soli datori di lavoro privati con un numero di dipendenti non superiore a 15.
[4] Cfr., in tale senso, anche l’articolo 9-sexies del D.L. n. 52/2021, rubricato “Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 da parte dei magistrati negli uffici giudiziari”.
[5] Nelle ipotesi nelle quali, invece, l’inadempimento dell’obbligo cui è tenuto il lavoratore non determini la sospensione del rapporto di lavoro, ma l’assegnazione del lavoratore ad altre mansioni, anche inferiori, con il riconoscimento della remunerazione ad esse corrispondenti, il datore di lavoro sarà tenuto agli ordinari obblighi contributivi, eventualmente commisurati al diverso imponibile contributivo conseguente alla differente retribuzione, sempre nel rispetto del minimale contrattuale e di legge (cfr. l’art. 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389).