L’AQUILA. Un militare è stato sospeso dal servizio per aver dichiarato di risiedere, nel 2009, nella sua casa dell’Aquila, quando invece l’aveva concessa in affitto.
La vicenda, resa nota dalla sentenza di un Tar, evidenzia taluni particolari aspetti del diritto militare.
Per i giudici amministrativi, aditi dalla difesa del militare, l’ unico motivo di impugnazione non è stato ritenuto esaustivo e, nella circostanza, non si è ritenuto opportuno revocare la “sanzione” comminata dalla D.G.P.M. ( Direzione Generale Personale Militare).
I FATTI
Il militare , da quanto si apprende dalla sentenza, nel 2009 avrebbe sostenuto di risiedere nella casa di sua proprietà, lesionata dal terremoto, per richiedere un contributo allo stato per lui e per il figlio.
Nell’attestazione però, aveva omesso di dichiarare che l’immobile era stato affittato ad un terzo.Il contributo fu regolarmente concesso dallo stato, fino a quando venne scoperta la dichiarazione mendace.
Da allora per il militare iniziarono i problemi. L’amministrazione della difesa lo sospese dal servizio per sei mesi , ritenendolo responsabile, in concorso con il progettista, di aver :
falsamente destato al Comune de l’Aquila di essere stabilmente dimorante, alla data del 6 aprile 2009, in un’abitazione di sua proprietà sita nel medesimo Comune, colpito dal sisma nell’anno 2009, richiedendo indebitamente per se stesso e per il figlio, in due circostanze, i contributi per l’autonoma sistemazione e la riparazione dell’immobile, che effettivamente venivano erogati.↓
Inutile il tentativo di difesa innanzi al Tar. Secondo la difesa del militare infatti, a prescindere dalla circostanza che l’abitazione fosse o meno condotta in locazione a terzi, l’amministrazione Pubblica non aveva subito alcun danno, poiché, in ogni caso, il contributo avrebbe dovuto essere elargito al locatario, al limite nella misura dell’80% anziché del 100%.
Stralcio di Sentenza del TAR
Con l’unico motivo di ricorso – sostengono i giudici – il ricorrente deduce che il contributo per la riparazione dell’abitazione in parola era di sua spettanza, a prescindere dalla circostanza che l’abitazione fosse o meno condotta in locazione a terzi, com’era nel caso de quo, specificando che la relativa istanza, a differenza di quanto fatto, avrebbe dovuto essere sottoscritta dal locatario e non dal proprietario.
Al riguardo, il militare sottolineava che la relativa istruttoria della pratica era stata seguita dal suo progettista di fiducia, sull’operato del quale egli ha fatto affidamento, versando dunque in buona fede.
In particolare il ricorrente evidenziava ulteriormente che, a suo parere, l’amministrazione Pubblica non ha subito alcun danno, poiché, in ogni caso, il contributo avrebbe dovuto essere elargito, al limite nella misura dell’80% anziché del 100%.
Il motivo è infondato.
Secondo il condivisibile orientamento della giurisprudenza amministrativa <<la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce, bensì, espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile dal giudice della legittimità, se non sub specie di eccesso di potere nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento, spettando dunque all’Amministrazione, in sede di adozione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità, insindacabile nel merito dal giudice amministrativo>>. (Cons. St., Sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2830; Cons. St., Sez. VI, 22 marzo 2007, n. 1350).
Ai fini dell’applicazione di una sanzione disciplinare il giudizio sulla gravità delle violazioni è il frutto di valutazioni di merito riservate all’amministrazione pubblica di appartenenza, che possono essere sindacate dal giudice della legittimità solo in per profili estrinseci di manifesta illogicità o abnormità (Cons. Stato Sez. II, 26/08/2019, n. 5869).
Nel caso di specie il collegio non ravvisa elementi di illogicità o di abnormità.
La relazione finale relativa all’inchiesta formale a carico del ricorrente, infatti, si presenta ampiamente e dettagliatamente motivata, con puntuale ricostruzione dell’excursus storico dei fatti di causa.
Appare palese il fatto secondo cui, al fine di percepire i contributi economici poi effettivamente erogatigli, il ricorrente abbia sottoscritto falsa dichiarazione di dimorare stabilmente, alla data del 6 aprile 2009, quando in realtà dimorava con il suo nucleo familiare in -OMISSIS-
In conclusione, l’applicazione della sanzione ex art.1357, comma 1, lett. a) D.Lgs. 66/2010, in relazione all’art. 1352 del citato D.Lgs., appare immune dai vizi dedotti dal ricorrente.
Per i motivi predetti il ricorso deve essere respinto.
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