Vicenda Generale Riccò La Trenta risponde all’interrogazione parlamentare

Pare non avere mai fine la vicenda legata ai fatti accaduti lo scorso  25 aprile in quel di  Viterbo. In quel frangente il Generale Riccò prese una decisione senza precedenti, lasciando il luogo della cerimonia in seguito agli attacchi verbali contro le Forze Armate da parte del Presidente dell’ Anpi di  Viterbo, Enrico Mezzetti.

Lo scorso 8 Maggio, l’Onorevole Tondo, membro della Commissione Difesa, ha depositato una interrogazione parlamentare rivolta al Ministro della Difesa Elisabetta Trenta sui fatti occorsi durante le celebrazioni e sugli  eventuali provvedimenti disciplinari intrapresi nei confronti del Generale. Di seguito proponiamo integralmente sia l’interrogazione parlamentare , sia la risposta scritta del Ministro:



 

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/02086
Primo firmatario: TONDO RENZO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 08/05/2019
Stato iter: 09/05/2019
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 09/05/2019
Resoconto TONDO RENZO MISTO-NOI CON L’ITALIA-USEI

Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:

durante un intervento alla solennità del 25 aprile nella città di Viterbo il Presidente dell’ANPI (Associazione nazionale partigiani italiani) locale ha utilizzato parole sconvenienti nei confronti delle Forze armate italiane;

il Ministro della difesa, in relazione alla condotta tenuta dal generale Riccò in tale occasione, ha precisato: «non è stata aperta nessuna inchiesta, ma come previsto dalla legge, le autorità militari competenti dovranno aprire una procedura d’accertamento dei fatti». In questo caso quindi si attiva da parte del Ministro una vera e propria inchiesta;

quanto accaduto a Viterbo quindi, secondo l’interrogante, rappresenta un fatto sgradevole per le Forze armate che hanno sempre rappresentato al meglio il nostro Paese soprattutto nelle missioni internazionali. Infatti, i militari italiani che hanno partecipato alle missioni internazionali hanno sempre riscosso «un plauso» da parte della comunità internazionale per la loro efficienza, il senso del dovere e l’umanità dimostrata nei confronti anche delle popolazioni locali –:



se il Ministro della difesa, anche tardivamente, non ritenga necessario rivedere la sua decisione richiamata in premessa al fine di salvaguardare la professionalità dimostrata nelle sue azioni e comportamenti dal Generale Riccò e ovviamente da tutti i militari che partecipano da anni con spirito di sacrificio al difficile compito di «portare» la pace nei diversi territori in cui sono impegnati.
(5-02086)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 9 maggio 2019 nell’allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa)  5-02086
Preliminarmente ringrazio l’interrogante perché mi dà la possibilità di fare chiarezza sull’argomento e mi scuso per il necessario eccessivo tecnicismo contenuto nella risposta.
L’evento del 25 aprile u.s., vista la risonanza mediatica assunta, ricade nella normativa prevista dal titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 (testo unico dell’ordinamento militare, che da ora in poi chiamerò semplicemente TUOM).

In particolare, all’articolo n. 555 – adempimenti iniziali dei comandanti – il comma 1 prevede che i comandanti di corpo, nel cui ambito si è verificato l’evento, provvedono a darne tempestiva comunicazione, attraverso la linea gerarchica, alle autorità competenti a disporre un’inchiesta volta ad accertare i fatti che, nel caso di specie, sono il Capo di Stato Maggiore della Difesa, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito e il Comandante delle Forze Operative Terrestri e Comandante Operativo dell’Esercito. In merito, si evidenzia che tra le autorità competenti non figura il Ministro della difesa.

I citati comandanti di corpo provvedono, inoltre, a redigere una relazione tecnica recante le circostanze in cui si è verificato l’evento, la dinamica di svolgimento dei fatti, i provvedimenti adottati nonché le eventuali valutazioni, trasmettendola, entro cinque giorni, alle autorità precedentemente citate.

Ai sensi dell’articolo n. 557 del TUOM, una delle sopra citate autorità nomina, entro quindici giorni dal ricevimento della notizia dell’evento, per l’esecuzione dell’inchiesta, un ufficiale inquirente o una commissione composta da tre o cinque membri. Detta inchiesta consiste nell’acquisizione della relazione del comandante di corpo, nella raccolta di tutte le notizie relative all’evento nonché ogni altro elemento di informazione utile e nelle considerazioni sulle cause dell’evento.

Ai sensi poi dell’articolo n. 560 del TUOM, gli atti dell’inchiesta sono inviati all’autorità che ne ha ordinato l’esecuzione e da questa trasmessi, con motivato parere, allo Stato maggiore della difesa e allo Stato Maggiore della Forza Armata ove si è verificato l’evento. Queste articolazioni, ricevuti gli atti dell’inchiesta, procedono al loro esame da concludersi, con decisione motivata dell’autorità di Vertice e se ritenuto necessario, possono disporre ulteriori indagini.



Una sintetica scheda informativa sugli esiti dell’inchiesta è inviata, senza ritardo, al Ministro della difesa. Solo in questa fase il Ministro, disponendo di tutti gli elementi sulla specifica vicenda viene a conoscenza di come realmente si sono svolti i fatti e, ove ritenuto necessario, può chiedere eventuali nuovi ulteriori approfondimenti.

Quanto sopra proprio al fine di evidenziare la complessità delle procedure da adottare e che tutto quello che si è detto in questi giorni corrisponde al falso. Il Ministro non ha disposto alcuna inchiesta perché non ne ha le competenze. La procedura in questione viene attivata direttamente dal comandante di corpo che in questo caso risulta essere Generale Riccò, che avrà relazionato sui fatti, e la prevista inchiesta è disposta da un’autorità militare. Pertanto, nella fase in cui ci troviamo, il Ministro della difesa non ha alcun ruolo attivo.

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