La sentenza che vi proponiamo oggi narra di circostanze relative all’assegnazione dei servizi interni di reparto in ambito di forza armata.Nel caso di specie, la vicenda si è svolta in una caserma della Marina Militare ed i toni sono andati sopra le righe, inducendo la scala gerarchica ad intraprendere un provvedimento sanzionatorio.
Se sia giusto o sbagliato non spetta a noi giudicare, ma di certo perdere la pazienza in determinati ambiti non porta mai a nulla di buono.
La Corte militare di appello, in seguito all’impugnazione del militare, ha confermato la sentenza con cui il Tribunale miliare di Verona ha condannato a 5 mesi di reclusione ( applicando i doppi benefici di legge) un 2° capo della Marina Militare ( l’equivalente di un Sergente Maggiore ) per aver commesso il reato di insubordinazione con ingiuria aggravata.
Il suo comandante dì plotone, un Primo Maresciallo, gli aveva cambiato un turno di guardia (da un giorno festivo ad un giorno feriale) senza avvisarlo, quindi il sottufficiale si era presentato nel suo Ufficio inveendo nei suoi confronti, con atteggiamento minaccioso ed arrogante, urlando frasi del tipo
“tu non hai l’autorità per cambiarmi il turno, non puoi assolutamente farlo – e riferendosi ad un altro militare asseriva – io sono più anziano di omissis e pertanto il servizio spetta a me farlo”, aggiungendo che non avrebbe fatto il servizio di guardia e che il suo ordine non aveva valore;
Nella medesima circostanza accusava il superiore di fargli mobbing, così offendendo il prestigio, l’onore e la dignità del superiore stesso, in sua presenza, con l’aggravante di essere militare rivestito di un grado. Era il 2016. La vicenda finì in tribunale ed in seguito presso la Corte Militare di Appello con tanto di testimoni al seguito. Sia il tribunale militare che la Corte militare di Appello condannarono il militare a 5 mesi di reclusione per insubordinazione con ingiuria aggravata., assolvendolo però dal reato di disobbedienza aggravata.
Il 2° Capo della Marina ha così tentato la via della Cassazione articolando il ricorso su quattro motivi, tutti rigettati sistematicamente dalla Cassazione.
Stralcio della sentenza della Corte di Cassazione.
E’ particolare assolutamente insignificante che non incide sulla tipicità
della condotta di minacciosa ed arrogante contestazione dell’autorità del
superiore- sostengono i giudici – il fatto che l’incontro tra il militare ed il suo superiore iniziò
senza toni concitati e che la conversazione degenerò solo successivamente.
L’imputato, come dichiarato dai testimoni, pose in essere “una aperta
e plateale contestazione delle legittime prerogative del superiore”, ne mise in
discussione “l’autorità e il prestigio”, ne offese “la dignità e l’onore dicendogli
«che non era nessuno»
La Corte militare, inoltre – continuano i giudici – ha dato compiuta motivazione circa la decisione di
non dare luogo alla rinnovazione istruttoria per l’assunzione della testimonianza di un altro militare, rilevando che erano state già acquisite le dichiarazioni degli unici due testimoni che avevano assistito al fatto e che, pertanto, nulla di più e di nuovo avrebbe potuto aggiungere il terzo militare.
La stessa Corte militare – concludono i giudici – ha infine dato adeguatamente conto del diniego delle ragioni per le quali le attenuanti generiche non possono prevalere sulle contestate aggravanti, richiamando il carattere di “platealità” della condotta di insubordinazione tenuta dall’imputato. Si tratta di un giudizio di fatto, rimesso interamente al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Consegue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita, che sono liquidate come da dispositivo.
Quindi, in buona sostanza, in taluni ambienti ed in determinate circostanze, è sempre meglio cercare di mantenere un comportamento equilibrato, senza lasciarsi andare a frasi che potrebbero ripercuotersi in modo negativo sulla carriera e di conseguenza su tutto il nucleo familiare.