Un Maresciallo dell’ Aeronautica Militare è riuscito ad ottenere i benefici dell’indennità di trasferimento prevista dall’art. 1 della legge n. 86/2001 nonché dei benefici accessori di cui alla legge n. 836/1973 e al d.P.R. n. 163/2002, malgrado avesse sottoscritto una rinuncia all’indennità di trasferimento .
Il Maresciallo aveva ottenuto la sua prima vittoria con la sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche nel 2017. Il Ministero della Difesa aveva proposto ricorso, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, al Consiglio di Stato. Di seguito le motivazioni che hanno indotto il Consiglio a convalidare la sentenza del Tar Marche.
Il Maresciallo dell’ Aeronautica Militare V.C. in servizio presso la sede di Rimini, articolazione Romagna Radar, venne trasferito d’autorità presso la 114^ Squadriglia Radar Remota di Potenza Picena (MC), a seguito della soppressione della base riminese.
Prima di essere trasferito , il maresciallo venne intervistato da una commissione della DIPMA ( Direzione Generale Impiego Personale Militare Aeronautica). Durante l’intervista sottoscrisse tre documenti: il verbale di desk office, una dichiarazione di espressa rinuncia alle indennità di trasferimento in questione e un documento denominato “Annesso II”, nel quale nuovamente, l’interessato accettava la circostanza per cui la movimentazione sarebbe avvenuta “senza oneri per l’Amministrazione militare”, nella fattispecie si sarebbe trattato di un provvedimento di reimpiego riportante la seguente dicitura: “ trasferimento d’autorità senza oneri per l’Amministrazione”, regolamentato dal paragrafo 3.D della Direttiva d’impiego DIPMA-UD-001/ed. 2014.
Una volta raggiunto il nuovo Ente d’impiego, il maresciallo inoltrò alla propria amministrazione un’istanza di riconoscimento dei benefici di cui all’art. 1, comma 1, della l. n. 86/2001, ma l’istanza fu rigettata. Al diniego dell’ Amministrazione, il militare impugnò tale provvedimento davanti al Tar per le Marche, rivendicando il diritto a percepire l’indennità di trasferimento prevista dall’art. 1 della legge n. 86/2001 nonché dei benefici accessori di cui alla legge n. 836/1973 e al d.P.R. n. 163/2002.
Il TAR accolse il ricorso nel merito, disponendo la liquidazione dei benefici di cui al comma 1-bis, dell’art. 1, della legge n. 86/2001 in favore del militare, nei tempi e nei modi previsti dalla relativa disciplina di attuazione.
Il Consiglio di Stato , con la sentenza dello scorso gennaio 2019, ha confermato la natura di diritto soggettivo della pretesa alla corresponsione dell’indennità di trasferimento
La tesi principale propugnata in appello – si legge nella sentenza – si fonda sul rilievo attribuito dall’Amministrazione all’istituto del c.d. “trasferimento d’autorità senza oneri” disciplinato dalla vigente direttiva d’impiego nell’ambito della programmazione e pianificazione annuale autoritativa del personale di Forza armata (DIPMA-UD-001/ed. 2014, paragrafo 3.D).
Deve escludersi – sostiene il Consiglio – che l’Amministrazione possa, attraverso un proprio atto amministrativo generale, alterare le caratteristiche di un istituto disegnato direttamente dalla legge, sostanzialmente creando un tertium genus di trasferimento.
La rinuncia preventiva ad una indennità prevista dalla legge è quindi nulla per contrarietà alla norma imperativa che disciplina il trasferimento d’autorità.
La questione di una eventuale rinuncia del dipendente al trattamento economico stabilito ex lege, può porsi solo dopo che il relativo diritto sia maturato e pertanto sia stato acquisito al suo patrimonio, solo allora divenendo suscettibile di negozi abdicativi.
Questi ultimi sono peraltro soggetti, nell’ambito del rapporto di impiego privato e/o pubblico contrattualizzato, al regime di parziale indisponibilità di cui all’art. 2113 c.c..
La norma è espressione di un principio di ordine pubblico generale che trova applicazione (a maggior ragione) anche nei rapporti di impiego pubblico non contrattualizzati.
Nel caso in esame – reputa pertanto il Collegio – il TAR ha correttamente deciso assumendo l’inefficacia della dichiarazione di rinuncia ai rimborsi, connessi ex lege al trasferimento d’autorità, sottoscritta dal dipendente.
Per quanto occorrer possa deve infine evidenziarsi che la dichiarazione sottoscritta dal lavoratore, può assumere valore di rinuncia o di transazione “sempre che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati ovvero obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi” (Cass. civ., sez. lav., 20 gennaio 2017, n.1556).
Nel caso di specie, è tuttavia lecito dubitare di tale piena consapevolezza da parte del maresciallo V.C. poiché la dichiarazione di “rinuncia” è stata resa mediante la sottoscrizione di un modulo prestampato, predisposto in via unilaterale dall’Amministrazione e formulato quale condizione per il conferimento di una sede di “gradimento” del dipendente.
Per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, di cui in premessa, lo respinge.
Condanna il Ministero della Difesa alla rifusione delle spese del presente grado di giudizio, in favore del signor V. C., che liquida complessivamente in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre gli accessori, se dovuti, come per legge.