Un sergente dell’Esercito era stato condannato ad un solo mese di sospensione da servizio,ma il ricorso per cassazione del Procuratore della Repubblica ha cambiato drasticamente la condanna.
Nel dicembre 2018 il Tribunale militare di Verona, dopo averlo riconosciuto responsabile del delitto di tentato furto militare aggravato , aveva condannato un Sergente dell’Esercito italiano alla pena di un mese di reclusione militare, sostituita con la sanzione pecuniaria di euro tremila di multa, che avrebbe dovuto pagare in trenta comode rate mensili. ↓
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso diretto per cassazione il Procuratore Militare presso il Tribunale di Verona, chiedendone l’annullamento per una inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 135 cod. pen. e 53 L. n. 689/1981.
Secondo il procuratore Militare, il Tribunale militare, determinando il valore giornaliero di euro 100, ha effettuato un ragguaglio non consentito dalla norma, superando per difetto il minimo di legge, poiché questi non può essere inferiore alla somma indicata dall’art. 135 cod. pen. (oggi 250 euro) e non può superare di dieci volte tale ammontare.
Inoltre , nei motivi di ricorso, il Procuratore Militare aveva sostenuto che vi era stata una erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 29 e 230, comma 3, c.p.m.p.. , ovvero che la sanzione accessoria della rimozione dal grado consegue obbligatoriamente alla condanna del militare per il reato di furto militare sia esso consumato che tentato, come statuito da Sez. 1, 15.7.2009
Stralcio di sentenza n. 12295 Anno 2020 della Corte di Cassazione:
Osserva il Collegio che il ricorso appare meritevole di accoglimento. Fondato è il primo motivo. L’art. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981 stabilisce, infatti, che, per la determinazione della pena pecuniaria sostitutiva, il giudice individua un valore giornaliero, tenendo conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare
L’art. 135 cod. pen., nel testo attualmente in vigore, prevede che «Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva».
Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso. La pena accessoria della rimozione, a carattere perpetuo, colpisce i militari rivestiti di un grado e comunque “appartenenti a una classe superiore all’ultima” e fa discendere il militare condannato “alla condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe”.↓
Essa, dunque, mira ad escludere una situazione soggettiva, implicante l’esercizio di poteri gerarchici di natura militare, tutte le volte in cui il militare abbia riportato condanna superiore a tre anni di reclusione militare ovvero quando il mantenimento del grado sia ritenuto incompatibile con il riconoscimento della responsabilità penale per determinate condotte delittuose, che si pongono in contrasto con preminenti esigenze della vita militare.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla pena accessoria della rimozione dal grado che va applicata, nonché alla entità della sanzione sostitutiva, alla cui rideterminazione può provvedere direttamente la Corte di cassazione, trattandosi di calcolo che, derivando dalla necessità di applicare il coefficiente di ragguaglio minimo di 250 euro per un giorno di pena detentiva, non richiede alcuna discrezionalità.
Per conseguenza la sanzione sostitutiva va rideterminata in euro 7.500,00, ferma la già disposta rateizzazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla entità della sanzione sostitutiva, che ridetermina in euro 7.500,00 -ferma la già disposta rateizzazione in 30 rate mensili-, nonché alla pena accessoria della rimozione dal grado, che applica
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