Il militare effettuò un rifornimento di 20 euro, ma si appropriò del controvalore di due cedole di carburante da 50 euro l’una. Poche decine di euro gli sono costate la radiazione dall’Arma.
La vicenda si svolse nel 2014 presso la stazione di servizio di Oricola , in provincia dell’Aquila, quando il militare, un Appuntato Scelto dei carabinieri in servizio presso il Nucleo Scorte di Roma, durante il trasporto di un collaboratore di giustizia dalla Toscana a Napoli, in occasione di un rifornimento di carburante, si appropriò del controvalore di due cedole di carburante da 50,00 euro l’una.
Il carabiniere dopo aver effettuato un rifornimento per 20,00 euro, si fece cambiare dal gestore le due schede ulteriori, appropriandosi della somma di 100 euro che ne rappresentava il controvalore.
Probabilmente l’Appuntato non tenne debito conto dei colleghi presenti nell’auto, incaricati come lui del servizio medesimo. I militari videro tutto e, in sede di giudizio, confermarono le accuse, ovvero che il rifornimento fu di soli 20€, quindi inferiore al cambio delle cedole, e che non vi furono i tre rifornimenti corrispondenti al numero delle cedole cambiate, come invece continuò a sostenere il militare incriminato. Tra l’altro, una delle pompe indicate dall’imputato era abilitata ad erogare soltanto GPL e quindi non era utilizzabile per la vettura blindata usata per il servizio.↓
A sua discolpa, il carabiniere pur confermando di aver effettuato un rifornimento di soli 20,00 euro e di avere chiesto al gestore il cambio delle due cedole, sostenne di averlo fatto solamente per poter disporre di 100,00€ in contanti al fine di eseguire dei successivi rifornimenti in caso di erogatori nei quali non fosse funzionante il pagamento elettronico. Tale teoria però non fu dimostrata nei fatti, poiché l’Appuntato non riuscì ad indicare i distributori utilizzati per i successivi rifornimenti , né a produrre o a esibire le ricevute dei pagamenti.
Accusato di appropriazione indebita aggravata, nel 2018 fu condannato dal Tribunale Militare di Roma alla pena di due mesi di reclusione ed alla rimozione dal grado. Nel 2019 la Corte Militare di Appello confermò la condanna.
Le prove dimostrarono palesemente che il carabiniere cambiò le due cedole carburante e tenne il danaro per se, senza effettuare ulteriori rifornimenti.
Inutile il tentativo della difesa di adire la Corte di Cassazione. Con la sentenza dello scorso 19 febbraio 2020, gli ermellini hanno confermato le due precedenti sentenze.↓
Non risponde al vero – sostengono gli ermellini – che la Corte territoriale non abbia considerato le spiegazioni fornite dal ricorrente: esse sono state considerate e motivatamente respinte, fornendo una ricostruzione non inficiata da manifeste illogicità e compiuta su base per nulla congetturale, ma anzi dotata di riferimenti individualizzanti, anche con riferimento alla possibilità di ipotizzare soluzioni alternative parimenti plausibili (come l’utilizzo di tabelle di consumo dell’autovettura utilizzata, la quale invece
introduceva dati meramente ipotetici e confliggeva con la mancanza di prove in ordine ai successivi rifornimenti di carburante, che non risultavano avvenuti).
L’appropriazione indebita di cui all’art. 235 c.p.m.p., è stata correttamente configuratala – continuano gli ermellini – vi è appropriazione indebita quando le cose militari siano date in dotazione all’agente per l’attuazione di scopi istituzionali: del resto, l’interpretazione fornita dal ricorrente circa la norma violata è ingiustificatamente riduttiva, giacchè proprio il raccordo tra il primo ed il secondo comma della norma contestata rende evidente che
l’appropriazione indebita sussiste o quando il bene appartiene ad altro militare o quando il bene appartiene all’amministrazione militare, ma di esso il soggetto agente ha il possesso.
Respinta anche la richiesta di applicabilità della particolare tenuità del fatto.
Nel caso in esame – concludono gli ermellini – emerge chiaramente, dalla complessiva analisi della sentenza impugnata, che il giudice, nel valutare la condotta contestata all’imputato, ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità, sottolineando la delicatezza del servizio nell’ambito del quale era stato commesso il reato, la condotta di sotterfugio tenuta e il rischio di compromettere anche i colleghi.
immagine di repertorio
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