Romano (SIULP), sicurezza solo strumentalizzata nella campagna elettorale.Mancato adeguamento dei benefici contrattuali è fatto gravissimo

Come in ogni campagna elettorale la sicurezza viene utilizzata per catturare il consenso dei cittadini che, dopo l’emergenza lavoro e quella economica, la considerano tra le priorità dei bisogni di ognuno.

Pur comprendendo la difficile condizione economica che il Paese sta attraversando, aggravata dalle tensioni geo politiche generate dal conflitto in atto in Ucraina che sicuramente produrrà ulteriori tensioni sociali che si scaricheranno inevitabilmente sul sistema sicurezza e quindi sulle donne e gli uomini che lo garantiscono,  risulta veramente difficile comprendere, pur rilevando enunciazioni ampie e di principio, quali siano gli impegni concreti ed immediati che i vari schieramenti politici assumono nei confronti della sicurezza dei nostri cittadini e degli operatori che l’assicurano.

Sicurezza, è bene ricordarlo come ha ribadito più volte la stessa Commissione europea, che non è e non può essere considerata un costo del sistema immunitario del nostro vivere quotidiano, ma una precondizione per favorire un sereno e proficuo sviluppo sociale, politico e soprattutto economico dei territori della Comunità europea.

Ecco perché risulta ancora più incomprensibile comprendere le affermazioni generiche che stiamo ascoltando nella campagna elettorale atteso che ancora oggi, a distanza di quasi un anno e senza omettere le prioritarie emergenze che dobbiamo affrontare a livello normativo retributivo e previdenziale, ai poliziotti non sono stati ancora corrisposti gli aumenti previsti dalla sottoscrizione dell’ultimo contratto firmato a dicembre dello scorso anno.   

Così in una nota Felice ROMANO, Segretario Generale del SIULP commenta il mancato adeguamento dei benefici contrattuali previsti dall’accordo sottoscritto a dicembre 2022 e preannuncia una inevitabile mobilitazione.

È un fatto gravissimo e incomprensibile, sottolinea Romano, soprattutto se si pensa che siamo in piena emergenza per l’aumento dell’insicurezza e per la gravissima carenza di personale – 16.000 in meno ad oggi con la previsione di circa altre 18.000 uscite entro il 2024 e ben 40.000 entro il 2030 – considerato che a chi è in servizio viene chiesto di lavorare di più e in condizioni sempre più disagiate per meglio rispondere alle accresciute esigenze di sicurezza manifestate dai cittadini e dalle crescenti tensioni sociali che aumenteranno nei prossimi giorni.

Un’esigenza che aveva trovato nell’ultimo contratto di lavoro, sottoscritto a dicembre dello scorso anno con un grande ritardo per mancanza di risorse e già scaduto nello stesso mese, alcune risposte che sebbene non esaustive erano comunque incoraggianti per aumentare l’operatività e la maggiore presenza sul territorio.

Oggi, a distanza di quasi un anno, purtroppo dobbiamo prendere atto che per colpa del sistema e delle pastoie burocratiche, quei soldi ancora non sono arrivati nelle tasche dei poliziotti così come non sono ancora state resi operativi sia gli aumenti su alcune indennità che incentivano l’operatività sia quelli che hanno istituito le nuove che aumentano l’impegno sul piano della sicurezza cibernetica.

Peggio ancora se guardiamo al contratto della dirigenza ovvero di quei poliziotti che hanno sulle proprie spalle la responsabilità di garantire e attuare le politiche e le strategie che poi garantiscono il funzionamento della macchina sicurezza, dalla prevenzione al contrasto al crimine così come la tenuta dell’ordine e della sicurezza pubblica, atteso che il loro primo contratto è aperto da quasi cinque anni e nemmeno si intravede la possibilità di un accordo atteso che la burocrazia nega persino l’esistenza delle poche e insufficienti risorse che pure sono state stanziate nella legge di stabilità.

Una condizione che oggi vede questi colleghi, a parità di impiego con il personale non dirigenziale, percepire compensi molto al di sotto di quello erogato al personale contrattualizzato.

Il tutto senza tralasciare la questione delle tutele legali, sanitarie e previdenziali che vede gli addetti al Comparto sicurezza e difesa estremamente e personalmente esposti a proprio rischio, penale sanitario ed economico, solo per garantire la funzionalità del sistema e la sicurezza dei cittadini e dell’intero Paese. 

Su tutto questo e su quale sia l’incentivazione con cui poter richiedere gli ulteriori, inevitabili e gravosi sacrifici alle donne e agli uomini in uniforme che l’approssimarsi dell’autunno richiederà, non abbiamo, sebbene richiesto e anche oggi sollecitiamo, ancora sentito una sola parola in concreto.

Pur confermando il nostro indiscutibile senso del dovere e di abnegazione nel garantire la nostra mission istituzionale, è inevitabile evidenziare che, se non scorgeremo segnali concreti di attenzione nei confronti di chi diuturnamente è impegnato a garantire la sicurezza, anche a costo del sacrificio della propria vita, a cominciare dall’adeguamento degli aumenti contrattuali previsti dall’accordo dello scorso dicembre, pur con alto senso di responsabilità, sarà invitabile attuare una mobilitazione dell’intera categoria con momenti di protesta pubblica.

Siamo fiduciosi, conclude Romano, che gli schieramenti politici, l’esecutivo e il legislatore, ancora in carica per la ordinaria amministrazione, sapranno evitare tutto questo accogliendo il nostro appello e ridando fiducia a chi serve e rappresenta lo Stato”.

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