https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=tar_fi&nrg=201901003&nomeFile=202000108_20.html&subDir=Provvedimenti

Modifica all’articolo 37 del codice penale militare di pace, concernente la definizione di reato militare

Lo scorso 17 luglio 2022 , il disegno di legge che prevede la modifica dell’articolo 37 del codice penale militare di pace, concernente la definizione di reato militare, è stato assegnato al Senato.

Ovviamente la crisi di governo rallenterà l’iter di approvazione, ma rimane la certezza che una volta legge, in ambito penale militare cambieranno molte cose. 

D’iniziativa dei senatori RAUTI , CIRIANI , BALBONI , DE BERTOLDI , FAZZOLARI , GARNERO SANTANCHÈ , IANNONE , LA PIETRA , RUSPANDINI , TOTARO e URSO, il DL prevede :

Art. 1.
1. Dopo il primo comma dell’articolo 37 del codice penale militare di pace sono inseriti i seguenti:

«Costituisce altresì reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti allo stato di militare, o in luogo militare, e prevista come delitto contro:

1) la personalità dello Stato;
2) la pubblica amministrazione;
3) l’amministrazione della giustizia;
4) l’ordine pubblico;
5) l’incolumità pubblica;
6) la fede pubblica;
7) la moralità pubblica e il buon costume;
8) la persona;
9) il patrimonio.

Costituisce inoltre reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di un altro militare.
Costituisce inoltre reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi e di produzione, uso e traffico illecito di
sostanze stupefacenti o psicotrope, commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare».

Presentazione

Onorevoli Senatori. – Il sistema dei reati militari, così come strutturato, non risponde pienamente alla necessaria selezione degli interessi ritenuti meritevoli di specifica tutela penale militare bensì appare la risultante casuale e disorganica di interventi occasionali e settoriali.

Appare di tutta evidenza la contraddittorietà del sistema laddove si valuti che allo stato, ad esempio, è reato militare l’omicidio tra militari di diverso grado e non lo è quello tra pari grado pur se commesso per cause di servizio, o quello colposo; che è reato militare la lesione volontaria e non quella colposa; che sono reati militari il peculato e la truffa ma non lo sono la corruzione e la concussione eccetera.
L’unica via per raggiungere la razionalizzazione del sistema dei reati militari e della giurisdizione militare è quella di una rivisitazione del concetto di «reato militare», in cui l’articolo 103, terzo comma, della Costituzione, individua uno dei due parametri di funzionamento della giurisdizione militare.
Solo svincolando quel concetto dalle strettoie giuridiche e formali contenute nell’articolo 37 del codice penale militare di pace («Qualunque violazione della legge penale militare è reato militare») e attribuendogli, invece, connotati più sostanziali (commissione di reato comune da parte di un militare, in un luogo militare, con violazione dei doveri o con abuso dei poteri militari eccetera), la speciale giurisdizione godrebbe di un respiro più plausibile e sarebbe in grado di rivendicare una limpida e utile ragion d’essere.
È comprensibile che in passato il legislatore abbia voluto operare uno spostamento di competenze in favore del giudice ordinario finalizzato alla riduzione progressiva della speciale giurisdizione, all’epoca priva di quelle connotazioni di autonomia e di indipendenza che, dagli anni ottanta, la caratterizzano equiparandola appieno a quella ordinaria.
È per questa ragione che, con la riforma parziale del 1956 del codice penale militare di pace, si dette vita a una redistribuzione della giurisdizione tutta in favore del giudice ordinario. Ma, dal punto di vista funzionale, quella riforma ha generato un ben poco ragionevole sistema di riparto di giurisdizione, fonte di duplicazioni di processi, di disagi, di incertezze del diritto e di spese inutili.
Dagli anni ottanta (1981: riforma dell’ordinamento giudiziario militare; 1988: istituzione del Consiglio della magistratura militare), l’ordinamento giudiziario militare è stato assimilato, quanto a struttura e a garanzie di autonomia e di indipendenza, a quello della giurisdizione ordinaria; i magistrati militari hanno, dunque, da tempo uno status pressoché identico a quello dei magistrati ordinari.
È così venuta a cadere in toto la ragion d’essere di quello spostamento di competenze e quella difficoltà di giustificazione si è automaticamente tradotta in assenza di titolo giustificante.
La Costituzione prevede questa giurisdizione speciale (articolo 103 e VI disposizione transitoria e finale), sicché essa è necessaria e indefettibile e ogni ipotesi di «ordinarizzazione» è preclusa da questa superiore e imperativa volontà.
Non si ravvede quale possa essere la convenienza o l’utilità: una volta assicurate le ricordate garanzie, resta il bene di una conoscenza professionale specifica, che è uno strumento utilissimo, se non addirittura necessario, di buon esercizio della giurisdizione; un valore costituzionale anch’esso e non meno importante per i destinatari della funzione, certo interessati al giudizio di chi conosce anziché a quello di chi non conosce tale contesto e tale condizione.
Inoltre, date le attuali condizioni delle due giurisdizioni, sovraccaricata l’una, sottoutilizzata l’altra, lo spostamento di competenze consentirebbe di sollevare il giudice ordinario dall’aggravio dei corrispondenti carichi di lavoro, con un apprezzabile risparmio di risorse: carichi di lavoro che contestualmente passerebbero nelle cure del giudice militare capace di assorbirli senza alcun costo aggiuntivo per quel sistema giudiziario, date le potenzialità non impiegate.
In considerazione di quanto esposto, è dunque opportuno rivedere quell’irrazionale, segmentato, confine tra le due giurisdizioni.
La modifica al citato articolo 37 del codice penale militare di pace intende, alla luce della giurisprudenza costituzionale, razionalizzare il riparto, facendo corrispondere alla giurisdizione militare la presenza, nel fatto e nelle sue circostanze, dell’interesse militare, il che avviene mediante la qualificazione come «reati militari» di quei reati che, in presenza di elementi circostanziati e considerati in rapporto agli interessi militari, manifestano una specifica e ulteriore offensività: il vulnus a quei valori che, proprio per volontà della Costituzione, le Forze armate devono tutelare.
La ragionevolezza rappresenta – secondo la giurisprudenza costituzionale – il canone regolatore della discrezionalità del legislatore nel definire il riparto e proprio la ragionevolezza vuole che sia il giudice che ha quella competenza professionale a conoscere dei fatti e degli interessi lesi.

Condivisione
Metti un like alla nostra pagina facebook, Clicca QUI. Ci trovi anche su Telegram, Clicca QUI. (Se non hai Telegram, Clicca QUI)

Lascia un commento