Libano: militare non comunicò impossibilità di condurre VTLM : sanzionato con 15 giorni di rigore

15 giorni di rigore comminati a un Caporal Maggiore dell’ Esercito Italiano. Non comunicò al comando la propria impossibilità di condurre un mezzo VTLM (  Veicolo Tattico Leggero Multiruolo detto anche “Lince” ).  Inutile il ricorso al presidente della Repubblica, il Consiglio di Stato ha  ritenuto idonea la sanzione.

Inutile il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica del Caporale maggiore G. P. contro il Ministero della Difesa per l’annullamento del provvedimento di irrogazione di sanzione disciplinare di 15 giorni di rigore.

Nell’ estate del 2016 , durante una missione in Libano,  veniva avviato nei  suoi confronti un procedimento disciplinare , ai sensi dell’art. 1370 del codice sull’ordinamento militare approvato con decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 finalizzato all’irrogazione di una sanzione disciplinare nella specie di “consegna di rigore” in quanto l’interessato:

“…in qualità di conduttore del mezzo VTLM ometteva di informare i diretti superiori sull’impossibilità di effettuare il servizio, dovuta alla momentanea incapacità nel poter condurre il sopracitato veicolo.



Tale comportamento, oltre a creare disservizio, comportava la sostituzione dello stesso, con altro personale di turno di riposo”. Per tali fatti in data 29 agosto 2016 veniva inflitta dal Comandante di ITALBATT  la sanzione disciplinare di corpo di 15 giorni di consegna di rigore.

In data 29 settembre 2016 il Caporal maggiore  presentava ricorso gerarchico che veniva dichiarato irricevibile  dal Comandante della joint Task Force Lebanon il successivo 13 ottobre 2016, in quanto i trenta giorni dalla data di notifica dell’atto censurato scadevano il 28 settembre, ovvero 30 giorni dopo la notifica dell’atto.

Il Caporal Maggiore si rivolse quindi al Consiglio di Stato tramite il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,  ma i giudici con la sentenza 00428/2019 dello scorso 6 febbraio hanno in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile il ricorso.

Secondo il graduato, l’atto sanzionatorio gli era stato notificato senza la “relata notifica”, mentre secondo i giudici, dagli atti risultava che al militare, il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare era stato notificato il 29 agosto 2016. Il relativo termine di trenta giorni scadeva, pertanto, il 28 settembre 2016.

In ogni caso–sostengono i giudici- a prescindere dalla irricevibilità del ricorso gerarchico e a voler considerare possibile la rimessione in termini, il gravame è comunque privo di pregio.

Il militare- continuano i giudici- lamenta la violazione dei diritti della difesa in considerazione della brevità del procedimento atteso che la sera del 28 agosto 2016 erano stati comunicati all’interessato “in sequenza l’avviso dell’avvio del procedimento disciplinare promosso a suo carico….., con contestuale richiesta di fornire giustificazioni, l’avviso verbale di fissazione – per il giorno seguente – della seduta della commissione di disciplina e richiesta di nomina di un difensore”.

Premesso che l’omessa comunicazione dell’impossibilità ad intraprendere il servizio è pacificamente ammessa, la Sezione evidenzia che, come riconosciuto dallo stesso ricorrente (pag. 9 del ricorso), è in facoltà del militare procedere alla rinuncia dei termini a difesa per l’esercizio dei propri diritti.

Dagli atti risulta che tale diritto è stato compiutamente esercitato con  la sottoscrizione della dichiarazione, quale manifestazione giuridicamente rilevante della propria volontà.



E’ da escludere  quindi, contrariamente a quanto affermato dal Caporal Maggiore, una “grave omissione” da parte dell’Amministrazione che non ha fatto altro che prendere atto di una scelta consapevolmente assunta dal ricorrente.

L’impossibilità di esercitare il diritto di accesso, la disponibilità di disporre di un congruo numero di giorni per approntare adeguatamente la propria difesa, la mancanza di contraddittorio, non sono imputabili a carenze, omissioni o violazioni dei diritti difensivi da parte dell’amministrazione,  essendo esclusiva conseguenza di una scelta dell’interessato .

Ogni superiore che rilevi l’infrazione disciplinare-continuano i giudici- per la quale non è egli stesso competente a infliggere la sanzione, deve far constatare la mancanza al trasgressore, procedere alla sua identificazione e fare rapporto senza ritardo allo scopo di consentire una tempestiva instaurazione del procedimento disciplinare”.

Contrariamente a quanto sostenuto dal militare, l’ art. 1397, comma 1, c.o.m. non richiede espressamente che il rapporto debba essere necessariamente redatto in forma scritta. In ogni caso, nella comunicazione con la quale il Comando Joint task force Lebanon informa il Caporal maggiore dell’avvio del procedimento disciplinare a suo carico, sono indicati tutti gli elementi necessari per far comprendere non solo la portata della violazione ma anche le modalità da osservare per esercitare i propri diritti difensivi, assicurare il contraddittorio, la facoltà di accedere agli atti ed estrarne copia, ecc.

Il militare inoltre ha sostenuto  che il militare difensore,  anziché difenderlo  lo avrebbe accusato.  Al riguardo la Sezione evidenzia che il militare difensore è stato nominato difensore di fiducia dallo stesso Caporal Maggiore sulla base di una sua valutazione sul cui merito non può entrare né la Commissione di disciplina né il giudice amministrativo in mancanza di elementi che mettano in dubbio la genuinità della scelta, circostanza che, nel caso in esame, non sussiste. Non si ravvisa, pertanto, alcuna causa di incompatibilità.

Infine il Caporal maggiore ha lamentato la mancata motivazione del provvedimento impugnato in quanto il Comandante di Corpo si è discostato dal parere della Commissione d’indisciplina.

Dal verbale dell’ agosto 2016 sottoscritto dall’istante- sostengono i giudici-, si rileva che il Comandante di Corpo ha inflitto la sanzione disciplinare consegna di rigore, dopo aver esaminato tutti gli atti, valutato le giustificazioni dell’incolpato, le richieste del difensore, le altre risultanze del procedimento e tenuto conto del grado e dell’età del militare, del parere espresso dalla Commissione disciplinare nonché “della gravità della mancanza e del disservizio creato all’amministrazione”, circostanza quest’ultima di tutta evidenza ove si consideri anche il contesto in cui la mancanza è stata commessa. Ne deriva che anche tale doglianza è infondata.

Il Consiglio di Stato esprime quindi  il parere che il ricorso debba essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile.



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