Malgrado negli ultimi tempi anche negli ambienti militari si sia consolidato il “diritto” a fruire dei benefici previsti dalla legge 104, talvolta il militare che presenta debita istanza è ancora costretto a rivolgersi ai Tribunali Amministrativi per ottenere quanto previsto.
Nel caso di specie, un Caporal Maggiore donna dell ‘Esercito Italiano si è vista respingere la propria richiesta, presentata nel febbraio del 2018, volta ad ottenere tali benefici per assolvere alla necessaria assistenza della propria nonna, riconosciuta affetta da grave handicap;
La donna aveva espressamente rappresentato di essere l’unico referente familiare “atto a poter assistere il proprio congiunto” e che “alcun altro parente o affine beneficiava o intendeva usufruire dei permessi della ex L. 104/92”, premurandosi, peraltro, di allegare una dichiarazione della nonna di richiesta di essere assistita dalla predetta e una dichiarazione di rinuncia da parte degli altri prossimi congiunti “al riconoscimento dei benefici”.
Nell’ aprile del 2018 , una nota dell’Ufficio Personale SME l’ aveva informava circa i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, individuati nella presenza di altri familiari “residenti in località vicinore, quindi non oggettivamente impossibilitati a fornire la dovuta assistenza”.
La soldatessa presentò prontamente le proprie osservazioni, ma il successivo giugno 2018 il Ministero della Difesa rigettò formalmente l’istanza, costringendola ad adire il Tar del Lazio. Con atto depositato nell’ ottobre del 2018 si è costituito il Ministero della Difesa, il quale ha prodotto documenti, tra cui una relazione connotata – in sintesi – dal seguente contenuto:
secondo quanto affermato nelle più attuali pronunce del Giudice Amministrativo, sia nel caso della concessione di permessi che di assegnazioni temporanee ex art. 33 della legge n. 104 del 1992 “si è in presenza di provvedimenti di tipo discrezionale”, i quali impongono di valutare anche le esigenze organizzative dell’Amministrazione; – ciò detto, tale valutazione ha condotto, nel caso di specie, ad un esito negativo “per la presenza di altri familiari non oggettivamente impossibilitati a prestare assistenza alla disabile” ovvero per l’insussistenza “dell’essenzialità della presenza della ricorrente al fine di garantire” quest’ultima (tenuto conto, tra l’altro, che “non è stata data alcuna prova” circa “l’impossibilità oggettiva a prestare la dovuta assistenza da parte dei parenti”), tenuto, tra l’altro, conto delle ricadute negative della concessione del beneficio dei permessi sull’impiego del militare (in particolare, l’impossibilità di impiego in operazioni internazionali nonché l’esonero da tutte le attività addestrative alle stesse propedeutiche e dal lavoro notturno), a danno del mantenimento di livelli ottimali di funzionalità dei Reparti; – per quanto attiene alla domanda di risarcimento dei danni, appare, poi, sufficiente rilevare la “totale mancanza di prova” del pregiudizio lamentato.
Stralcio della sentenza del Tar Lazio
Secondo i giudici amministrativi il ricorso della soldatessa è fondato e, pertanto va accolto ai sensi e nei limiti di seguito indicati. La legge n. 183 del 2010 – all’art. 19 – sostengono i giudici – riconosce la “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” in “dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesta e i correlativi impieghi in attività usuranti” (tanto da prevedere l’adozione di successivi “provvedimenti legislativi”);
Come noto, l’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non richiede più l’esclusività dell’assistenza, bensì si limita a richiedere che il beneficio in trattazione non sia stato già riconosciuto ad altro lavoratore per prestare assistenza alla persona portatrice di handicap.
Circa l’ impatto significativo in termini di impiego del personale militare – sostengono i giudici – in questa sede – non può che essere considerato inaccettabile o, comunque, da evitare per il rispetto dell’esigenza – di indiscusso carattere primario – di garantire un servizio valido ed efficiente a tutela della sicurezza dello Stato.
Per quanto attiene alla domanda di risarcimento del danno, la stessa deve, invece, essere respinta per genericità, atteso che la ricorrente si è astenuta dal produrre qualsiasi elemento di prova in relazione, tra l’altro, ai pregiudizi effettivamente subiti.
Per le ragioni illustrate il ricorso va accolto ai sensi e nei limiti in precedenza indicati.
Tenuto conto della reciproca soccombenza tra le parti, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
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