Reggio Calabria, 4 settembre 2016 – L’ordinamento militare, per quanto caratterizzato, per sua natura, da un penetrante rapporto di gerarchia e dall’obbligo di obbedienza, deve necessariamente conformarsi ai principi previsti dalla parte I della Costituzione (diritti e doveri dei cittadini), ne consegue che l’ordinamento militare non è, né può essere un corpo separato con regole proprie, impermeabili ai principi ed alle previsioni dell’ordinamento repubblicano, anche con riferimento all’attività di organizzazione e gestione del personale.
Il richiamo ai principi costituzionali è rimarcato anche nella sentenza del TAR di Reggio Calabria n. 894/2016 laddove è stato annullato il trasferimento contra legem di un militare eletto consigliere comunale, poiché il mutamento della sede di servizio degli amministratori – come disposto per tutti gli speciali benefici di legge – vanno mantenuti al di fuori della normale movimentazione ordinaria del personale.
Nel caso di specie il giudice amministrativo ha constatato la violazione dell’art. 78, VI comma, del D. Lgs. n. 267/2000 laddove dispone: “Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità”.
Nella pronuncia si legge: “La ratio della suddetta norma è quella di agevolare il lavoratore investito di una carica pubblica, rimuovendo gli eventuali ostacoli che possano impedire il legittimo svolgimento del suddetto ufficio e, dunque, di porlo nelle condizioni di espletare il mandato elettorale, possibilmente senza limitazioni riconducibili all’attività lavorativa svolta. Trattasi di disciplina evidentemente posta a tutela del diritto costituzionalmente garantito di chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il proprio posto di lavoro” (…) Il Legislatore, dunque, prevede:
– il diritto del dipendente a permanere nella sede di assegnazione durante tutto il periodo in cui mantiene la carica;
– l’interesse legittimo ad essere trasferito presso la sede più idonea per lo svolgimento del mandato.
Secondo il chiaro tenore della norma in parola, dunque, durante il mandato elettorale il dipendente può essere trasferito solo con il suo “consenso espresso” (che costituisce presupposto indefettibile di legittimità della variazione di sede), mentre l’avvicinamento costituisce, invece, un beneficio soggetto a varie condizioni”.
Le locuzioni usate dal legislatore, nonchè ribadite dal giudice adito, non sembrano astruse, quindi è evidente – ancora una volta – che la mancanza delle tutele elementari dei lavoratori/lavoratrici con le stellette derivi dall’anacronistica assenza di un sindacato per i militari (espressamente vietato dall’art. 1475 del Codice dell’ordinamento militare di cui al D. Lgs n. 66/2010). In tale situazione, pertanto, è impensabile che il legislatore non possa farsi portatore di innovazioni positive e democratiche per i militari italiani!
Antonio De Muro