A volte, in ambito militare, è necessario rinunciare al periodo di ferie per svariati motivi ed in qualche caso ci si potrebbe ritrovare con periodi di licenza ordinaria accumulati negli anni e non più fruibili. I motivi più comuni che creano questi disguidi sono spesso riconducibili all’aspettativa per motivi di salute, al pensionamento e più raramente per documentate e improcrastinabili esigenze di servizio attestate mediante dichiarazione del Comandante di Corpo da cui dipende gerarchicamente il militare.
La sentenza che vi proponiamo di seguito, è afferente a questo tipo di contenziosi e chiarisce le uniche motivazioni che danno diritto alla corresponsione del pagamento dei giorni di ferie non goduti.
FATTO
Un ufficiale posto in ARQ ( Aspettativa Posizione Quadri) ha tentato di farsi riconoscere il diritto al compenso sostitutivo per ferie non godute e la conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento della somma commisurata ai giorni residuati.
Secondo il militare, la mancata concessione della licenza costituiva una violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 11 comma 2 del D.P.R. 21 febbraio 2006 n. 167, dell’art. 11 del DPR n. 255/1999, dell’art. 14, comma 14 del DPR 395/1999.
Il militare, dopo essere stato informato che sarebbe stato collocato in ARQ, aveva avvisato il proprio superiore gerarchico del numero di giorni di licenza residui da fruire entro la data del collocamento in ARQ con indicazione degli impegni istituzionali a cui non avrebbe potuto sottrarsi.
Con la medesima comunicazione trasmetteva 4 richieste di licenza chiedendo se vi fossero motivi di servizio ostativi alla concessione della stessa. Il superiore gerarchico non forniva alcun riscontro alla richiesta. Questo comportamento, secondo l’ufficiale, rappresentava un’ esigenza di servizio ostativa alla fruizione delle ferie e quindi rinunciava alle stesse.
Dopo essere stato collocato in ARQ, adiva il Tar, chiedendo il riconoscimento del suo diritto al compenso sostitutivo.
SENTENZA (17 aprile 2020)
L’art. 11, comma 1 del D.P.R. 16/03/1999, n. 255 – sostengono i giudici del Tar, dispone che la disciplina dell’articolo 14, comma 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995 è estesa al personale militare dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica. La predetta previsione normativa di cui all’art. 14 del D.P.R. 31/07/1995, n. 395 prevede al comma 7 che il congedo ordinario è un diritto irrinunciabile e non è monetizzabile, mentre al comma 14 statuisce che fermo restando il disposto del comma 7, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora il congedo ordinario spettante a tale data non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio, si procede al pagamento sostitutivo dello stesso.
In materia -continuano i giudici – è stata adottata la Circolare n. 79/50 del 25.05.2000 con cui la Direzione generale del Personale militare ha chiarito che condizione essenziale per conseguire il pagamento della licenza ordinaria non fruita ai sensi dell’art. 11 commi 1 e 2 del D.P.R. 255/99 è la intervenuta impossibilità di fruire della licenza per documentate e improcrastinabili esigenze di servizio attestate mediante dichiarazione del Comandante di Corpo da cui dipende gerarchicamente il militare, con la quale vengono esposti esaurientemente i motivi per i quali al personale non è stato consentito di poter fruire della licenza ordinaria.
Ebbene la normativa sopra richiamata se da un lato riconosce l’irrinunciabilità e la non monetazzibilità delle ferie a tutela del lavoratore (art. 36 Cost.), dall’altra, quanto al compenso sostitutivo delle ferie non godute, ne subordina il pagamento al rispetto di specifici limiti (considerato che trattasi di un onere economico per l’Amministrazione) prevedendo che la mancata fruizione delle ferie deve essere imposta da superiori esigenze di prestazioni lavorative dell’Amministrazione, che deve aver espressamente richiesto al lavoratore un impegno maggiore di quello pattuito impedendo così il godimento delle ferie maturate (cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 01/07/2009, n.4263; Consiglio di Stato sez. VI, 21/04/2008, n.1765).
Infatti è stato ribadito in giurisprudenza che l’art. 14 comma 14 del d.P.R. n. 395 del 1995 ha previsto che si possa ammettere il pagamento del congedo ordinario non fruito nella sola ipotesi che, all’atto della cessazione dal servizio, detto congedo non sia stato fruito per documentate esigenze di servizio (Consiglio di Stato, sez. VI , 26/01/2009, n. 339). In buona sostanza il diritto alla monetizzazione del congedo ordinario matura ogniqualvolta il dipendente non ne abbia potuto usufruire (cioè, non abbia potuto disporre e godere delle ferie) a cagione ed in ragione di obiettive esigenze di servizio o comunque per cause da lui non dipendenti o a lui non imputabili. (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 09/05/2019, n. 1083; Cons. Stato Sez. III Sent., 21/03/2016, n. 1138).
Orbene, nel caso di specie emerge dalla documentazione versata in atti, che la mancata fruizione delle ferie non è stata determinata da esigenze dell’Amministrazione ma risulta imputabile, piuttosto, ad una scelta di carattere personale del ricorrente.
Non coglie anzitutto nel segno la deduzione di parte ricorrente secondo cui la mancata firma delle n. 4 lettere di licenza indirizzate al superiore gerarchico avrebbe comportato l’automatica costituzione del suo diritto alla monetizzazione delle ferie non godute, atteso che tale diritto sorge solo a fronte di esigenze obiettive di servizio che devono essere documentate ed attestate esplicitamente dal superiore gerarchico non essendo sufficiente a tale scopo la mera inerzia o un comportamento concludente del medesimo. Continua
Anzi- concludono i giudici del Tar – dalla corrispondenza intercorsa con il superiore gerarchico si evince come quest’ultimo non abbia negato le licenze ritenendo, anzi, non sussistenti i motivi di forza maggiore per non fruire del congedo, ma abbia richiesto al ricorrente, piuttosto, di sottoporre a firma le lettere di licenza, non in una unica soluzione, ma di volta in volta, al fine di permettere la legittima valutazione anche relativamente alla sussistenza di eventuali motivi di servizio, che solo in prossimità del loro verificarsi possono essere considerati.
In definitiva, il ricorso deve essere respinto atteso che la mancata fruizione delle licenze appare imputabile ad una volontaria e consapevole scelta del ricorrente, difettando, nella fattispecie, le documentate esigenze di servizio che sole consentono la monetizzazione delle stesse.
- In ogni caso, è opportuno specificare che la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che il diritto alla monetizzazione del congedo ordinario (non fruito) maturi ogniqualvolta il dipendente non ne abbia potuto usufruire (ovvero non abbia potuto disporre e godere delle sue ferie) a cagione di obiettive esigenze di servizio o comunque per cause da lui non dipendenti o a lui non imputabili (Cons. Stato, sez. III, 21 marzo 2016 n. 1138). anche se è opportuno precisare che una nuova disciplina, più restrittiva, per effetto dell’art. 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (entrato in vigore il 7 luglio 2012) convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135. sostiene che
“le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche … sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età.
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