BOLOGNA – “Ci si deve chiedere se questo sia il modo di lavorare normale della Guardia di Finanza e la risposta non può che essere negativa, al di là di ogni ragionevole dubbio. Se questi fossero i suoi standard operativi, la Gdf andrebbe cancellata dalle istituzioni”. La constatazione, durissima, è contenuta nelle motivazioni della sentenza con cui il tribunale di
Bologna ha condannato il 23 dicembre quattro finanzieri del nucleo di polizia tributaria, i tenenti colonnello Massimiliano Parpiglia e Enzo Digiovanni, rispettivamente a cinque e quattro anni e i marescialli Luigi Giannetti e Felice Curcio, a tre anni.
L’accusa, coordinata dal Pm Antonella Scandellari, era di aver ricevuto soldi, cene o regali per “addomesticare” una verifica fiscale alla Rimini Yacht, la società di Giulio Lolli poi fallita e al centro di varie vicende giudiziarie, mentre l’imprenditore è fuggito in Libia. I militari, tra il 2009 e il 2010, avrebbero agito sotto la direzione dello stesso Lolli e di Angelo Cardile, ex generale Gdf in pensione, membro del Cda di Rimini Yacht, che si uccise durante una perquisizione.