FESI e LEX 104. Il SINAFI scrive al Comando Generale

OGGETTO: Equa e utile considerazione dei permessi ex Legge 104/1992 art. 33 comma 3, ai fini della corresponsione del compenso (FESI) di cui all’art. 23 del DPR 11 settembre 2007 nr. 717 (F.E.S.I.) e succ. modificazioni.

La scrivente Organizzazione Sindacale, a seguito di continue segnalazioni da parte di iscritti e non, intende evidenziare una problematica, già nota da tempo, che purtroppo ancora non ha trovato una doverosa soluzione. La tematica su cui si dibatte, di rilevante importanza socio-morale ed economica, riguarda il personale della Guardia di Finanza destinatario dei permessi previsti dalla Legge 104/1992, art. 33 comma 3, per l’assistenza a persone con grave disabilità.

La Legge 104/1992, infatti, rappresenta un pilastro fondamentale nel riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie e, di conseguenza, i permessi concessi ai sensi di tale normativa non sono solo uno strumento giuridico, ma anche un impegno sociale volto a garantire il supporto necessario a chi si trova in situazioni di particolare fragilità e vulnerabilità.

Nell’ambito della nostra Amministrazione, tuttavia, la fruizione di tali permessi viene ancora considerata un’assenza ai fini del calcolo del Fondo di Efficienza per i Servizi Istituzionali (FESI), con conseguente penalizzazione economica per il personale che é costretto a ricorrervi.

Riteniamo che tale interpretazione appaia in evidente contrasto con i principi di equità e tutela sociale promossi dalla normativa stessa, nonché dalle direttive internazionali in materia. Tale penalizzazione economica non solo grava su chi già si trova a fronteggiare situazioni familiari complesse, ma rischia anche di disincentivare l’utilizzo di un diritto fondamentale, incidendo negativamente sul benessere psicologico e professionale del personale coinvolto. A tale riguardo, riteniamo doveroso sottolineare che altre amministrazioni dello Stato, come la Polizia di Stato, ad esempio, hanno già da tempo riconosciuto il valore morale e sociale dei permessi ex Legge 104/1992, adottando circolari che escludono tali giorni di permesso dal computo delle assenze ai fini del FESI.

Questo esempio virtuoso potrebbe rappresentare un modello da seguire anche per la Guardia di Finanza, nell’ottica di un maggiore recepimento ed armonizzazione di orientamenti legislativi e giurisprudenziali che attengono alle politiche sociali rivolte al personale.

Questa Amministrazione ha preferito seguire le linee guida generate dall’applicazione della circolare emessa dallo Stato Maggiore Difesa, per l’attuazione del decreto Ministeriale sul fondo efficienza per i servizi istituzionali, emanato in data 17 febbraio 2016, che fissa i requisiti e le modalità applicative per la corresponsione del compenso di cui all’art. 23 del DPR 11 settembre 2007 nr. 717 e succ. mod. e int. Si segnala che la strada tracciata genera un’evidente disparità di trattamento nel voler, peraltro considerare, ai fini del F.E.S.I., le assenza dovute per il periodo obbligatorio di congedo per maternità, ai sensi dell’art. 1 comma 183 legge 28/12/2015 n. 208 e aver lasciato non valide i tre giorni di assenza, effettuati per effetto della Legge 104/92, nonostante tale assimilazione sia stata confermata da giurisprudenza consolidata[1] e sia divenuta parte integrante della contrattazione delle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile.

Peraltro, la sentenza della Corte di Giustizia del 17 luglio 2008 causa C-303/06, ha chiarito che «la Direttiva 2000/78/CE si applica non in relazione a una determinata categoria di persone, bensì sulla scorta dei motivi indicati dall’art. 1, significando che un’interpretazione che ne limiti l’applicazione alle sole persone che siano esse stesse disabili rischierebbe di ridurre la tutela che essa dovrebbe garantire. Ne discende che il trattamento meno favorevole del lavoratore abile, rispetto agli altri in una situazione analoga, per motivi connessi alle condizioni di salute del familiare da questi assistito, integra, a tutti gli effetti, una discriminazione diretta basata sulla disabilità.

La normativa, infatti, vieta ogni forma di discriminazione basata su handicap e, cioè, qualsiasi disparità di trattamento – financo economico – subìta sia dalle persone con disabilità, sia dalle persone (non disabili) che assistono i propri familiari con disabilità. Anche nella Carta Costituzionale si rinviene una specifica tutela, poiché l’art. 3 vieta qualsiasi atto discriminatorio tra due lavoratori che svolgono la medesima attività.

La Corte d’Appello di Torino con sentenza n. 212, depositata il 14 giugno 2022, ha peraltro confermato tale orientamento proprio in merito all’esclusione dal conteggio utile per la corresponsione dei premi di produttività, dei giorni di assenza usufruiti in forza a tale istituto. Si confida, pertanto, nella sensibilità e nell’attenzione sulla tematica, da parte di Codesta Amministrazione, poiché attiene alle forme di assistenza alle persone con disabilità grave.

In attesa di un cortese cenno di riscontro si resta a disposizione per eventuali approfondimenti e confronto su l’importante tematica. [1] Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 settembre – 13 ottobre 2016, n. 20684 Presidente Macioce – Relatore Bogheti

Il Segretario Generale Nazionale

Eliseo Taverna

 

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