Computer scomparsi in caserma. Le foto negli hard disk inchiodano un militare

La sentenza è stata confermata dai giudici di tutte e tre le sedi di giudizio, quelle foto trovate in alcuni HD dei computer ritrovati erano la prova del coinvolgimento diretto di un militare e per questo lo hanno condannato. 

I fatti risalgono al 2014, quando la scomparsa di 11 computer indusse un Luogotenente responsabile della gestione del materiale a sporgere denuncia. I computer in seguito vennero ritrovati all’interno della caserma, ma le foto contenute in alcuni hard disk convinsero i giudici della responsabilità di un militare della Guardia di Finanza.

Nel 2018 il Tribunale Militare di Napoli condannò l’ Appuntato Scelto della Guardia di Finanza ad otto mesi di reclusione militare per il furto aggravato dei computer portatili e di cinque borse porta-computer.

Dalla ricostruzione dei fatti, il luogotenente responsabile del materiale constatò che da un deposito, di cui aveva le chiavi, erano scomparsi undici computer portatili e cinque relative borse. Si trattava di una fornitura di computer nuovi, temporaneamente depositati in quel locale, le cui serrature non mostravano segni di effrazione.↓

Iniziarono le indagini all’interno della caserma, ma senza esito, poi, a seguito di voci confidenziali, poco prima del Natale dello stesso anno venne effettuata una nuova ispezione e vennero rinvenuti undici computer chiusi in due sacchi per la spazzatura, dieci dei quali corrispondevano a quelli sottratti, mentre un undicesimo non apparteneva alla fornitura militare ed era peraltro inutilizzabile.

Dalle indagini sugli hard disk , grazie a tecniche informatiche forensi, in tre computer si scoprirono migliaia di fotografie, tra le quali vi erano quelle del nucleo familiare del finanziere, con lui stesso presente in molte di esse.

In uno dei tre computer inoltre risultava anche un collegamento ad un conto bancario sempre intestato al militare.

Considerando che l’appuntato aveva svolto – nel periodo anzidetto – anche il compito di piantone della caserma, ed aveva la concreta possibilità di fare uso delle chiavi del locale in cui erano custoditi i computer poi sottratti, venne accusato e condannato per il furto.

Inutile il tentativo di difesa del militare. Secondo il tribunale la spiegazione fornita di avere utilizzato uno dei computer per scaricare fotografie da una memoria esterna non era convincente,  ciò perché egli disponeva di un computer fisso nel suo ufficio e non vi era ragione perché andasse a sottrarre e ad usare ben tre computer prelevandoli da un deposito chiuso a chiave.

Dello stesso parere la Corte Militare di Appello che confermò la condanna e l’entità della pena inflitta in primo grado, ma rimodulò la medesima con l’esclusione della circostanza attenuante della riparazione del danno e con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle circostanze aggravanti contestate.

Secondo i giudici era indubitabile che in tre computer erano stati recuperati i dati contenuti e in essi vi erano molte immagini, anche del nucleo familiare dell’imputato e dell’imputato stesso, così come era indubitabile che uno dei computer si era collegato al conto corrente dell’imputato.

Il militare adì così la Cassazione, ma l’esito della sentenza , anche  in questo caso è stato infausto.

Stralcio di sentenza della Corte di Cassazione

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile poiché esso è manifestamente infondato.

Va premesso che i fatti descritti nelle sentenze di merito devono ritenersi ormai incensurabilmente accertati e che, comunque, si tratta di fatti che neppure il ricorrente pone in discussione.

Il problema che si pone al giudice di legittimità con il ricorso è, invece, quello di verificare se i giudici di merito abbiano logicamente giustificato la loro valutazione – sulla sufficienza degli elementi di natura indiziaria acquisiti al processo al fine di pervenire all’affermazione che il ricorrente doveva ritenersi l’autore del furto militare e se abbiano correttamente applicato i criteri di valutazione della prova indiziaria previsti dall’art. 192 cod.proc.pen.

L’esito del giudizio di responsabilità – sostengono gli ermellini –  non può certo essere invalidato da prospettazioni alternative, risolventisi in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a  fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 


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