Prelevato dagli stessi colleghi e portato in carcere, poi posto ai domiciliari. Un’ odissea giudiziaria iniziata nel 2012. Ora finalmente è stato assolto….
Ancora una di quelle storie che non vorremmo mai pubblicare. Un militare indagato, arrestato e poi assolto, non una, ma quattro volte. Questa volta “l’italica giustizia” si è accanita contro un Maresciallo dei Carabinieri, all’epoca Comandante della stazione dei Carabinieri di Catenanuova, in provincia di Enna.
Nel maggio 2012 , La Mastra venne arrestato dai suoi stessi colleghi del nucleo operativo di Enna e condotto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere con l’accusa di ricettazione e detenzione illegale di armi, munizioni e droga, nonché sospettato di avere legami con una cosca mafiosa.
Il Maresciallo fu tirato in ballo da un “collaboratore di giustizia” che durante una testimonianza lo incastrò con l’accusa di essere vicino al clan Cappello. Ne seguì un’indagine della Dda di Caltanissetta . Da allora si instaurò una vera e propria caccia alle streghe che oltre a rovinargli la vita, non ha portato a nulla:
«Purtroppo la Dda di Caltanissetta non fece chiarezza in tempi ragionevoli ,dichiarò alcuni anni dopo il Maresciallo, non solo ho dovuto convivere per oltre due anni con questa terribile ed infondata accusa, ma, difficile a credersi, dopo una prima archiviazione, ha dovuto assistere ad una inspiegabile riapertura di indagini, basata su cosa non è stato dato sapere».
Infatti dopo la prima assoluzione, venne avviata una seconda indagine che si concluse con l’archiviazione. Secondo il giudice , La Mastra non favorì mai la mafia. In seguito venne disposta una perquisizione in caserma e nell’armadio destinato ai reperti di reato vennero trovate alcune munizioni .
Ebbe inizio un secondo calvario che condusse La Mastra ad un altro arresto e alla conseguente sospensione . Il processo si tenne presso il Tribunale di Enna con l’accusa di detenzione illegale di munizioni e rifiuto di atti d’ufficio in relazione alla detenzione delle munizioni. Il processo si concluse ancora con un’assoluzione: la Mastra non ha commesso il fatto dissero i giudici. Accuse infondate!
Nulla da fare, il sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Caltanissetta, Fabio D’Anna, ravvisò gli estremi per andare in appello. La Mastra rilasciò un’ altra dichiarazione : «Non è un appello come tutti gli altri». Infatti venne stranamente chiesta la rinnovazione dell’istruttoria, ritenendo insufficiente l’attività della Procura di Enna nel processo di primo grado.
Il Maresciallo dei Carabinieri venne assolto per la terza volta. Secondo il Tribunale, le munizioni erano nell’armadio destinato ai reperti di reato, punto principale per ritenere la non configurabilità del reato, che escluderebbe la detenzione delle munizioni a titolo personale.
Inoltre, quella stanza secondo i giudici era a disposizione degli altri militari proprio mentre il loro collega e Comandante era assente per assistere la moglie gravemente malata ( morirà in seguito) . Nella sentenza si legge: «La detenzione delle munizioni da parte di La Mastra non assume i caratteri dell’illegalità , tale detenzione, infatti, si inquadra nell’esercizio delle funzioni rimesse al La Mastra».
Nulla da fare anche questa volta. La procura generale escluse l’accesso a terzi al contenuto di quell’armadio in quella stanza della caserma. Si instaurò quindi un ulteriore quarto processo, esattamente dopo due indagini per concorso esterno, due archiviazioni e una assoluzione .
Si arriva finalmente ai giorni nostri, esattamente ad oggi, 18 gennaio 2019, giorno in cui la Corte d’Appello di Caltanissetta, prima sezione penale (presidente dottoressa Pasqua Seminara, giudici a latere dottor Salvatore Faro Faussone, dottor Giovanbattista Tona), ha confermato la sentenza di assoluzione emessa dal tribunale di Enna (presidente dottor Giuseppe Tigano) nei confronti del maresciallo dei carabinieri Giuseppe La Mastra, appellata dalla Procura generale di Caltanissetta, nonostante all’esito del processo di primo grado, la Procura della Repubblica di Enna (nella persona del sostituto procuratore Francesco Rio) avesse anch’essa richiesto e poi ottenuto l’assoluzione dell’imputato.
Sarà finita l’odissea giudiziaria del maresciallo dei Carabinieri La Mastra? Ora chi pagherà per queste lungaggini giudiziarie senza alcun esito?