Il capitano Ultimo: “Così le mie aquile mi hanno guarito”

Nel 1993 arrestò il boss della mafia Totò Riina. Oggi il capitano Ultimo, 55 anni, vice comandante del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Roma, alleva le sue due aquile e si occupa dei minori disagiati e dei figli di criminali ospitati nella casa famiglia messa in piedi con alcuni amici alle porte della Capitale.

In un’intervista al Corriere della Sera Sergio De Caprio ha raccontato come è nata la passione per la falconeria e ripercorre alcuni momenti delicati della sua vita.

“Le aquile sono qui grazie ai miei amici Apache”, spiega il capitano Ultimo. Dopo anni passati a caccia di assassini e latitanti, dopo aver visto la morte di Giovanni Falcone nella strage di Capaci, e poi quella di Borsellino in via d’Amelio, scrisse una lettera per sfogare tutto il dolore accumulato. La spedì a Ronnie Lupe, capo tribù degli Apache, popolazione nativa dell’America centrale. La lettera si chiudeva così: “Nessuna tragedia sarà mai paragonabile al genocidio della nazione Apache”.

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