Le morti provocate dall’Uranio Impoverito continuano a salire, ormai i decessi sono costanti e ogni mese vediamo spegnersi un altro soldato. In questi giorni un altro dramma si stà consumando, il maresciallo aiutante Mario Mele è in fin di vita per una patologia tumorale contratta nelle missioni all’estero.
Anche lui, come molti altri, si era recato in Afghanistan, Kosovo, Iraq, Albania, Somalia: il Parà era di stanza a Livorno .
Il suo impiego consisteva nella distribuzione dei viveri ai civili e come tutti gli altri militari italiani operava senza protezioni, cioè tute, maschere ed equipaggiamento specifico, del quale invece disponevano ad esempio i soldati statunitensi quando intervenivano su territori contaminati dalla polvere rilasciata da quei proiettili.
Un calvario, quello del maresciallo parà, cominciato con alcuni dolori allo stomaco, inizialmente ritenuti di poco conto e poi culminati in una terribile diagnosi. Da dicembre ad oggi per colpa dell’uranio impoverito si sono verificati circa 10 decessi e 3.800 malati di tumore. Gli Usa già a suo tempo avevano informato tutti gli eserciti dei pericoli in corso e della necessità di adottare protezioni, in quei paesi a rischio contaminazione.
In una nota, il commento di Domenico Leggiero: «Il percorso è sempre lo stesso. Vengono raccolti campioni di cellule malate per essere sottoposte all’esame nanodiagnostico eseguito a Modena: se troviamo traccia di metalli pesanti riconducibili all’esplosione di munizionamento all’uranio impoverito, abbiamo putroppo la certezza sulle cause della malattia». E fino a oggi si è assistita a una drammatica serie di conferme.