GOVERNO MELONI: PIU’ AVVERSIONE CHE PROVVEDIMETI A FAVORE DELLE DONNE E DELLE MAMME

 23 ottobre 2023 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo

Introdotta dal 2005 e più volte prorogata fino alla legge di bilancio 2022, il regime sperimentale di opzione donna ha rappresentato la possibilità di anticipare l’uscita con un requisito anagrafico e un numero di anni di contributi inferiori rispetto alle regole ordinarie.

Si tratta di una possibilità introdotta dalla Legge Maroni (articolo 1, comma 9 della legge 243/04) e riscoperta in massa dopo l’introduzione della Riforma Fornero per le lavoratrici dipendenti al compimento dei 58 anni (con una finestra mobile di 12 mesi) e alle lavoratrici autonome dei 59 (con una finestra mobile di 18 mesi), in entrambi i casi con 35 anni di anzianità contributiva.

Opzione donna è stata fortemente ridimensionata con la Legge di Bilancio dello scorso anno, limitando l’uscita a solo determinate categorie, come le lavoratrici disoccupate, le dipendenti che assistono persone con handicap gravi, e le lavoratrici con riconoscimento di invalidità civile pari almeno al 74% e innalzando il requisito anagrafico che è stato elevato a 60 anni, con la possibilità di ridurlo di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni.

La bozza della prossima legge di bilancio cancella, definitivamente, opzione donna che, di fatto, era stata già cancellata con la precedente legge di bilancio e per le lavoratrici l’unica alternativa, per anticipare l’uscita dall’attività lavorativa, sarà possibile con il requisito di 63 anni e 35 anni di contributi, ma solo per disoccupate, caregiver, chi svolge lavori gravosi e disabili.

Inoltre, in linea generale, è previsto un inasprimento delle norme in materia di flessibilità in uscita, in deroga alle regole ordinare per la pensione anticipata e di vecchiaia, altro che la cancellazione della riforma Fornero e il pensionamento a 41 anni di contributi a prescindere l’età.

Una delle misure più rilevanti della Legge di Bilancio 2024, per sostenere le madri che lavorano, è rappresentata dalla decontribuzione totale per le lavoratrici con due figli o più che saranno esentata dal pagamento dei contributi a proprio carico, ma ha limiti temporali ben definiti:

  • le lavoratrici con 2 figli avranno diritto alla decontribuzione per un periodo di 12 mesi, ma solo se il figlio più piccolo ha meno di 10 anni ovvero fino al compimento del decimo anno;
  • le lavoratrici con più di 2 figli beneficeranno della decontribuzione per un periodo di 36 mesi, ma solo se il figlio più piccolo ha meno di 18 anni ovvero fino al compimento del diciottesimo anno;

Il beneficio della intera quota dei contributi a carico delle lavoratrici mamme, oltre che non essere strutturale e legato al limite di età del figlio più piccolo, per la quasi totalità delle donne produrrà effetti irrisori in busta paga, in quanto le signore già beneficeranno, come tutti i lavorati dipendenti da gennaio 2024, del taglio del cuneo fiscale del 6 e 7%, rispettivamente per i redditi fino a 35.000 e 25.000 euro, in considerazione del fatto che l’87% dei contribuenti ha un reddito annuo inferiore a 35.000 euro e, probabilmente, in una percentuale più alta se circoscritte alle lavoratrici che mediamente guadagnano meno degli uomini.

Per calcolare il beneficio della decontribuzione mamme, dobbiamo considerare le aliquote contributive previste per i lavoratori dipendenti del privato pari al 9,19% e del 8,80% per quelli del pubblico e la decontribuzione generale (taglio del cuneo fiscale) prevista per tutti i lavoratori del 6 e 7% in base al reddito, per cui il beneficio effettivo sarà del 3,19/2,19% per le dipendenti del privato e 2,8/1,8% per quelle del pubblico.

Qualche estimatore del governo Meloni potrebbe dire che è previsto l’asilo nido gratis per il secondo figlio, ma le cose non starebbero esattamente come detto dalla presidente del Consiglio in conferenza stampa, infatti, successivamente, a fine giornata è arrivata una precisazione da fonti di maggioranza che specificava che la manovra prevede degli stanziamenti aggiuntivi, di circa 150-180 milioni di euro, per il bonus asilo nido, ma non ci sarà alcuna norma che preveda l’asilo gratis per il secondogenito tout court.

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