La commissione medica non la ritiene idonea al servizio nella polizia Penitenziaria a causa di un tatuaggio che si era fatto durante il servizio militare a Viterbo :Idonea non vincitrice per il posto riservato ai volontari in ferma prefissata delle forze armate”. Il Tar peró annulla la decisione ritenendola degna di appartenere al corpo .
Vi proponiamo la sentenza del tribunale Amministrativo del Lazio che vede come protagonista una ragazza arruolatasi tra le fila dell’Esercito Italiano e vincitrice di un concorso nel Corpo della Polizia Penitenziaria.
Durante le visite selettive però qualcosa non va per il verso giusto. La commissione medica gli contesta un tatuaggio che giudica “esimente per sede”. Per i medici ,la ragazza non potrà mai indossare la divisa di Agente Penitenziario. Lei non si da per vinta e ricorre al Tar. Quel tatuaggio se lo era fatto mentre prestava servizio nella Scuola sottufficiali dell’Esercito di Viterbo e raffigurava un guerriero samurai con scritto un aforisma di chiaro richiamo al valore delle Forze Armate. Inoltre, prima delle visite selettive, aveva comunque iniziato a rimuoverlo con il laser, ma la commissione medica non aveva preso in considerazione i certificati medici atti a documentare le sedute medico-chirurgiche di rimozione . Di seguito la sentenza del Tar Lazio :
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12869 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Riccardo Gozzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier n.36;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
del giudizio di non idoneità espresso in data 4.10.2017 dalla Commissione Medica di II^ Istanza, con la motivazione “Tatuaggio esimente per sede (art. 123, c. 1, lett. c, D.LGS. n. 443/92)” relativo alla ricorrente partecipante al concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di complessivi n. 80 allievi agenti del Corpo di polizia penitenziaria del ruolo femminile (G.U. 4^ Serie Speciale – “Concorsi ed esami” 13 dicembre 2011, n. 98) nonché per l’annullamento di ogni altro atto e/o provvedimento, a quello coordinato, presupposto, connesso e consequenziale;
nonché, in seguito alla proposizione di motivi aggiunti:
per l’annullamento del Decreto di esclusione dal Concorso Pubblico per titoli ed esami a n. 80 posti di Allievo Agente di Polizia Penitenziaria Femminile, riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) o quadriennale (VFP4) datato 26-01-2018, notificato alla ricorrente in data 01/02/2018;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2019 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso introduttivo, notificato al ministero della Giustizia il 30 novembre 2017, la ricorrente impugna il giudizio della commissione medica di seconda istanza del 4 ottobre 2017 con cui è stata ritenuta non idonea al servizio nella polizia penitenziaria, per tatuaggio, ai sensi dell’articolo 123 comma 1, C, del decreto legislativo numero 443 del 1992.
L’interessata, risultata idonea non vincitrice del concorso pubblico per 80 posti di allievo agente di polizia penitenziaria, riservato ai volontari in ferma prefissata delle forze armate, era stata convocata per la visita di idoneità in seguito allo scorrimento della graduatoria.
Pertanto, il 13 settembre 2017, era stata sottoposta agli accertamenti di idoneità psicofisica ed attitudinale e dichiarata non idonea per tatuaggi esimenti per sede, visibili con la divisa estiva.
Avendo chiesto di essere sottoposta a nuovo accertamento, da parte della commissione medica di seconda istanza, l’interessata è stata visitata il 4 ottobre 2017 con la conferma del giudizio di non idoneità per tatuaggio esimente.
Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione di legge per l’errata applicazione dell’articolo 123 del decreto legislativo numero 443 del 1992 ed eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione della circolare ministeriale numero 219217 del 2007; la commissione non avrebbe dovuto limitarsi a rilevare la presenza di uno o più tatuaggi, essendo necessario valutare se i tatuaggi fossero deturpanti oppure indice di personalità abnorme; la circolare richiamata dispone la valutazione caso per caso dei tatuaggi, tenendo conto anche della visibilità degli stessi che spesso si possono coprire con l’uniforme.
Con il 2º motivo la difesa della ricorrente deduce eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria, non essendo stato valutato il significato del tatuaggio, raffigurante un guerriero samurai accompagnato dall’aforisma “-OMISSIS-” chiaro richiamo ai valori della Scuola sottufficiali dell’Esercito di Viterbo presso cui l’interessata ha prestato servizio. Si tratterebbe in ogni caso di tatuaggi in fase di rimozione, iniziata precedentemente alle visite di idoneità. L’amministrazione, con istruttoria carente, non avrebbe preso in considerazione i certificati medici atti a documentare le sedute medico-chirurgiche di rimozione del tatuaggio con tecnica laser.
L’amministrazione della Giustizia si costituisce in giudizio depositando una relazione amministrativa.
In fase cautelare il Tribunale amministrativo regionale respinge l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato, valutando le dimensioni e la visibilità del tatuaggio.
Quindi, la ricorrente notifica al ministero della Giustizia un ricorso per motivi aggiunti, in data 29 marzo 2018, con cui impugna, per illegittimità derivata, il provvedimento di definitiva esclusione dal concorso, adottato con decreto dirigenziale del 26 gennaio 2018, notificato all’interessata il 1 febbraio 2018.
Nelle more della trattazione di merito del ricorso, la ricorrente deposita documentazione da cui risulta essere stata assunta, con riserva, nella polizia penitenziaria, in applicazione dell’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato numero 2082 del 2018 che, riformando il provvedimento cautelare di primo grado, aveva accolto l’istanza cautelare della ricorrente.
Il ricorso, integrato con i motivi aggiunti, è trattato all’udienza pubblica del 5 febbraio 2019 per essere deciso nel merito
DIRITTO
Con il ricorso introduttivo la ricorrente impugna la valutazione di non idoneità al servizio nella qualità di agente di polizia penitenziaria, motivata dalla commissione medica per l’accertamento dei requisiti di idoneità psicofisica con la presenza di un tatuaggio.
Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione di legge per l’errata applicazione dell’articolo 123 del decreto legislativo numero 443 del 1992 ed eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione della circolare ministeriale numero 219217 del 2007; la commissione non avrebbe dovuto limitarsi a rilevare la presenza di uno o più tatuaggi, essendo necessario valutare se i tatuaggi fossero deturpanti oppure indice di personalità abnorme; la circolare richiamata dispone la valutazione caso per caso dei tatuaggi tenendo conto anche della visibilità degli stessi che spesso si possono coprire con l’uniforme.
Il motivo è infondato.
L’art. 123 del D.lgs. 443/1992, disciplinante le cause di non idoneità per l’ammissione ai concorsi, stabilisce che i tatuaggi sono motivo di non idoneità quando, per la loro sede o natura, siano deturpanti o per il loro contenuto siano indice di personalità abnorme.
Tenendo conto della possibilità che l’immagine del poliziotto sia deturpata dalla presenza di un tatuaggio visibile, indossando l’uniforme, la giurisprudenza di questo Tribunale (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 22/09/2016, n. 9903) ritiene che la presenza di un tatuaggio in zona visibile sia sufficiente per giustificare l’esclusione del candidato dal concorso, indipendentemente dal fatto che il tatuaggio in questione possa risultare indicativo di personalità abnorme.
Nel caso di specie il tatuaggio risultava di dimensioni notevoli, posto in parte visibile della gamba sinistra e dell’avambraccio destro, come emerge dalla documentazione fotografica allegata agli atti.
Pertanto, si deve ritenere che il tatuaggio contestato alla ricorrente potesse rientrare nella fattispecie di esclusione prevista per le figure deturpanti l’estetica del Corpo di polizia penitenziaria, essendo certamente visibile e di dimensioni tali da non poter essere nascosto con l’uniforme di servizio.
Al riguardo, non sarebbe stata necessaria una particolare motivazione, facendo riferimento al verbale a un dato di fatto oggettivo, per cui le ragioni dell’esclusione sono agevolmente comprensibili.
Con il 2º motivo la difesa della ricorrente deduce eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria, non essendo stato valutato il significato del tatuaggio, raffigurante un guerriero samurai accompagnato dall’aforisma “-OMISSIS-”, chiaro richiamo ai valori della Scuola sottufficiali dell’Esercito di Viterbo presso cui l’interessata ha prestato servizio. Si tratterebbe in ogni caso di tatuaggio in fase di rimozione, iniziata precedentemente alle visite di idoneità. L’amministrazione, con istruttoria carente, non avrebbe preso in considerazione i certificati medici atti a documentare le sedute medico-chirurgiche di rimozione del tatuaggio con tecnica laser.
Il motivo è parzialmente fondato.
Indipendentemente dal valore soggettivo che l’interessata attribuisce al proprio tatuaggio, l’esclusione sarebbe, in astratto, giustificata dal dato oggettivo per cui l’immagine in divisa del poliziotto risulterebbe deturpata dalla presenza di vistosi tatuaggi che la normativa applicabile ritiene incompatibili con il decoro della polizia penitenziaria.
Tuttavia, nel caso di specie, risulta essere stata ignorata la certificazione medica attestante il trattamento sanitario di rimozione del tatuaggio, nonostante il fatto che, al momento delle visite di idoneità, i tatuaggi risultassero già scarsamente visibili.
Dalla documentazione fotografica allegata al ricorso si evince che la rimozione del tatuaggio è in stato avanzato e che l’immagine originaria è oramai quasi invisibile.
Pertanto, si deve ritenere che la commissione medica di riesame avrebbe dovuto valutare l’eventualità che i tatuaggi stessi risultassero meno evidenti e comunque destinati a scomparire al termine del trattamento sanitario di rimozione.
Il giudizio di inidoneità, dunque, è viziato per carenza di istruttoria ed errata valutazione dei fatti.
Il ricorso introduttivo, quindi, deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato il giudizio di inidoneità impugnato.
Anche il ricorso per motivi aggiunti, con cui è impugnato il provvedimento definitivo di esclusione dal concorso, per illegittimità derivata, deve essere accolto.
Sussiste, infatti, la dedotta illegittimità derivata del provvedimento di esclusione, essendo stata accertata la illegittimità della presupposta valutazione medico-legale.
In conclusione, tanto il ricorso introduttivo, quanto quello per motivi aggiunti, devono essere accolti e, per l’effetto, devono essere annullati i provvedimenti impugnati.
Le spese processuali, in ragione della particolarità della controversia, devono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:
Accoglie il ricorso introduttivo e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Accoglie il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla il provvedimento di esclusione impugnato.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente
Donatella Scala, Consigliere