Ufficiale dell’ Esercito condannato per ingiuria a inferiore aggravata – La Cassazione conferma tutto

Il comportamento tenuto da un Tenente Colonnello dell’ Esercito italiano nei confronti di un inferiore ha causato la condanna di quest’ultimo a un mese e sei giorni di reclusione.



Il Tribunale militare di Napoli ha condannato un Tenente Colonnello dell’Esercito
Italiano in seguito al processo instaurato per i  seguenti reati:

ingiuria a un inferiore aggravata (artt. 196, secondo comma, c.p.m.p.), per aver
offeso il prestigio, l’onore e la dignità di un Caporale Maggiore Capo ; “c” diffamazione pluriaggravata (art. 227, primo e secondo
comma, e art. 47, n. 2, c.p.m.p.), per avere offeso, comunicando con più
persone, la reputazione di un Tenente .

Il Tribunale riteneva i fatti provati sulla base di documenti, dell’esame di testimoni e di dichiarazioni spontanee dell’imputato; riconosceva la circostanza
attenuante dell’eccesso di zelo e le circostanze attenuanti generiche con condanna dell’ ufficiale alla pena finale di un mese e quindici giorni di reclusione militare; Il Tribunale concedeva il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

L’ufficiale superiore ha proposto ricorso per Cassazione tramite il suo legale, con
atto affidato a due motivi. Con il primo motivo, secondo il tenente Colonnello, l’ingiuria aggravata è stata ritenuta sussistente nonostante la condotta dell’imputato non costituisca reato, sostenendo che i giudici
di merito hanno riconosciuto disdicevole il comportamento della persona
offesa ma hanno negato all’imputato il diritto-dovere di critica.



Inoltre,  le frasi pronunciate dall’imputato, a detta dell’ufficiale, sarebbero state
erroneamente interpretate , mentre sarebbero state solo espressione di ius corrigendi, spettante al superiore in grado e soprattutto
manifestazione di diritto di critica, rispetto ai gravissimi comportamenti
della persona offesa, la quale, mentendo e realizzando condotte illecite, si
era sottratta alla missione “Strade Sicure“. Inoltre, la convocazione del Caporal Maggiore Capo , appena rientrato da una licenza, non è
altro che una classica espressione dello ius corrigendi esercitato
legittimamente dal superiore.

Nel secondo motivo, secondo il  legale del tenente Colonnello, le registrazioni della conversazione svolta fra l’imputato e la persona offesa non sarebbero utilizzabili, mentre il giudice di primo grado le aveva ammesse come prova. Secondo il legale difensore, sul Caporal Maggiore Capo incombeva il divieto di effettuare registrazioni e di portare con sé apparecchi trasmittenti o ricetrasmittenti.

La Sentenza della Cassazione

La Cassazione ha rigettato entrambe le motivazioni. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in tema di ingiuria, affinché una doverosa critica, da parte di un soggetto in posizione di superiorità gerarchica, circa un errato o colpevole comportamento, in atti di ufficio, di un subordinato, non sconfini nell’insulto a quest’ultimo, occorre che le espressioni usate individuino gli aspetti censurabili del comportamento stesso, chiariscano i connotati dell’errore, sottolineino l’eventuale trasgressione realizzata. Se invece le frasi usate, sia pure attraverso la censura di un comportamento, integrino disprezzo per l’autore del comportamento, o gli attribuiscano inutilmente intenzioni o qualità negative e spregevoli, non può sostenersi che esse, in quanto
dirette alla condotta e non al soggetto, non abbiano potenzialità ingiuriosa.

Nel secondo motivo, il giudice di appello, nel confermare il
punto della sentenza di primo grado relativo all’affermazione di
responsabilità per il reato di ingiuria ad un inferiore aggravata commessa
il 17/2/2014, non si è basato soltanto sul dato probatorio desumibile dalla
registrazione audio della cui utilizzabilità si discute, ma anche su ulteriori
fonti di prova, fra cui le dichiarazioni della persona offesa, quelle di un
capitano , oltre a  quelle dell’imputato.

In conclusione, il ricorso è stato rigettato



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