Il principio è enunciato dalla Corte di Cassazione sezione lavoro nella decisione 6468 pubblicata il 12 marzo 2024 che ha respinto il ricorso prodotto da un dipendente licenziato a seguito di controlli effettuati da investigatori privati.
I Giudici di piazza Cavour richiamano la consolidata giurisprudenza di legittimità̀ secondo cui può̀ costituire giusta causa di licenziamento l’utilizzo, da parte del lavoratore, di permessi ex legge n. 104 del 1992 in attività̀ diverse dall’assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità̀ per la quale il beneficio è concesso (Cass. n. 4984 del 2014; Cass. n. 8784 del 2015; Cass. n. 5574 del 2016; Cass. n. 9749 de1 2016; più̀di recente: Cass. n. 23891 del 2018; Cass. n. 8310 del 2019; Cass. n. 21529 del 2019), poiché l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza del soddisfacimento del diritto all’assistenza del disabile, né tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui è preordinata.
Il beneficio, invero, comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela e pertanto, ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi, si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto (Cass. n. 17968 del 2016), o, secondo altra prospettiva, di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro (che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale) che dell’Ente assicurativo (Cass. n. 9217 del 2016).
Inoltre, secondo la Cassazione, il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, (Cass. n. 36427 del 2023), è devoluto al giudice di merito (Cass. n. 8293 del 2012; Cass. n. 7948 del 2011; Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del 2005; Cass. n. 444 del 2003) e la valutazione in ordine alla suddetta proporzionalità̀, implicante inevitabilmente un apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla controversia, è sindacabile in sede di legittimità̀ soltanto quando la motivazione sul punto della sentenza impugnata manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente ed obiettivamente incomprensibili (Cass. n. 14811 del 2020). Infine, per ciò che concerne la legittimità̀ dei controlli operati per il tramite di agenzie investigative, secondo gli Ermellini la decisione del giudice di merito è conforme al principio secondo cui il controllo demandato all’agenzia investigativa è legittimo ove non abbia ad oggetto l’adempimento della prestazione lavorativa ma sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività̀fraudolente, come proprio nel caso di controllo finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio, da parte di un dipendente, dei permessi ex art. 33 legge n. 104 del 1992 (Cass. n. 4984 del 2014; Cass. 6 maggio 2016, n. 9217; Cass. n. 15094 del 2018; Cass. n. 4670 del 2019).