Sentenza negativa del Tar del Lazio sconfessa la Corte dei Conti regione Puglia. Le amministrazioni, le rappresentanze dei militari ed i sindacati di Polizia – secondo i giudici – avrebbero lavorato a lungo sul tema senza però raggiungere un accordo.
Nessun indennizzo sarebbe quindi previsto per gli appartenenti al Comparto Sicurezza e Difesa per il mancato avvio della previdenza complementare.
Vogliamo sottolineare che quella dello scorso 1 febbraio 2021 è soltanto una sentenza di 1° grado. I gradi di giudizio in Italia sono 3. Quindi non pregiudica assolutamente il percorso intrapreso da militari e poliziotti iscritti alle sigle sindacali o che si sono rivolti agli studi legali.
Stralcio della sentenza della Corte dei Conti regione Lazio del 1 febbraio 2021
Secondo il Tar del Lazio, l’amministrazione ha dedotto e documentato di aver posto in essere le procedure e gli adempimenti di propria competenza, finalizzati a dare corso alle disposizioni di legge, convocando in diverse occasioni le rappresentanze sindacali e militari del personale del comparto, senza, peraltro, giungere ad un accordo condiviso tra le parti interessate.
In particolare, la parte pubblica ha controdedotto di aver convocato, prima negli anni 1999/2000 e, successivamente, nel biennio 2005/2006, i previsti tavoli di consultazione tra le amministrazioni interessate e le organizzazioni sindacali rappresentative delle categorie di riferimento che, tuttavia, non sono riusciti a raggiungere un accordo.
Successivamente- sostengono i giudici – l’amministrazione ha rappresentato di aver sospeso i lavori in attesa dell’emanazione dei decreti attuativi della Legge n. 243/2004, per poi riattivarli in data 24 novembre 2005 a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo che ha dato attuazione alla delega contenuta nell’art. 1 della citata Legge.
Successivamente, nel corso del 2005, la p.a. ha rappresentato la convocazione di un ciclo di riunioni interforze, aventi ad oggetto la tematica dell’avvio della previdenza complementare nell’ambito del Comparto “Difesa-Sicurezza” presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, a cui non è seguito alcun accordo.
Ancora – conclude la sentenza – in occasione dell’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009 n. 51 le parti si sono incontrate, arrivando alla sigla di una “pre-intesa” sui contenuti economici inerenti al trattamento economico tra la parte pubblica e le organizzazioni di rappresentanza del personale del comparto, suggellata dalla redazione di una formale dichiarazione, con la quale il Governo si è impegnato ad accelerare la realizzazione, nonché ad individuare soluzioni idonee nell’ambito delle risorse disponibili, e compatibili con la specificità del comparto, dirette a assicurare ai lavoratori il giusto grado di tutela previdenziale.
Alla luce di tali circostanze fattuali, non oggetto di specifica contestazione da parte dei ricorrenti, il ricorso è inammissibile, atteso che il presunto silenzio-inadempimento delle intimate Amministrazioni non si è verificato, viste le iniziative adottate e lo stato dei lavori finalizzati all’adozione dei previsti provvedimenti di concertazione, con la conseguenza che, essendo venuto meno l’interesse sostanziale dei ricorrenti già in epoca precedente alla notificazione del ricorso, lo stesso deve dichiararsi inammissibile (cfr. in senso analogo anche T.A.R. Lazio, sezione I bis, sentenza n. 3995/2010).
Seguiranno aggiornamenti su un eventuale appello e su ulteriori sentenze presso altri Tar nazionali.
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