PM -8 : il Tar Campania rimanda tutto alla decisione della Corte Costituzionale




3) articoli 1291 e 1296 d.lg. n. 66 come modificati dall’art. 15, comma 1, lett. a), n.1.1), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta delle disposizioni che stabiliscono la nuova articolazione del ruolo degli ispettori istituendo i gradi di maresciallo maggiore e luogotenente e che disciplinano l’avanzamento a scelta al grado di luogotenente dei marescialli maggiori);

4) articolo 2253-bis, commi 1 e 3, introdotti dall’art. 30, comma 1, lett. m), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta delle norme sull’inquadramento nel grado di luogotenente dei marescialli aiutanti luogotenenti e dei marescialli aiutanti con anzianità maggiore a otto anni); va rilevato che nel ricorso c’è verosimilmente un errore, dato che esso fa riferimento ai commi 2 e 3 dell’articolo 2253-bis; tuttavia il riferimento al comma 2 e non al comma 1 è il frutto di un refuso dato che il comma 1 disciplina l’attribuzione ai marescialli aiutanti luogotenenti del grado di luogotenente (su cui il ricorrente ha formulato specifiche doglianze) mentre il comma 2 si riferisce ai periti superiori scelti (cioè a una qualifica che non interessa il presente giudizio).

Ciò premesso, si rileva che su una fattispecie analoga (in pratica un ricorso sostanzialmente identico a quello in esame in quanto proposto da un ex MASUPS con il patrocinio del medesimo avvocato che assiste l’odierno ricorrente) il T.A.R. della Valle d’Aosta ha in parte riconosciuto la rilevanza e non manifesta infondatezza delle censure di legittimità costituzionale proposte (cfr. ordinanza n. 17 del 5 marzo 2018).

Il Collegio ritiene condivisibili le conclusioni raggiunte in tale precedente e ad esse intende aderire dato che le ulteriori argomentazioni a sostegno dei profili di incostituzionalità che il T.A.R. Valle d’Aosta ha ritenuto o irrilevanti o manifestamente infondati non sono persuasive.

Il precedente citato ha anzitutto delimitato esattamente il thema decidendum distinguendo nelle censure del ricorrente la questione della nuova articolazione – per così dire a regime – della carriera degli ispettori dalla questione delle norme di “primo inquadramento”.

Sul primo profilo (in pratica la soppressione da parte del nuovo articolo 1291 del grado di maresciallo aiutante e la istituzione dei due gradi di maresciallo maggiore e luogotenente con la limitazione da parte degli articoli 1004 e 1296 ai luogotenenti della possibilità di ottenere la nomina a ufficiale di complemento all’atto della cessazione dal servizio e l’avanzamento a sottotenente per meriti eccezionali, cui fanno da pendant le disposizioni degli articoli 687 e 694 sulla composizione delle commissioni di concorso per l’accesso al ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti) l’ordinanza del T.A.R. della Valle d’Aosta rilevava condivisibilmente l’irrilevanza ai fini della definizione del giudizio delle disposizioni degli articoli 1004, 1296, 687 e 694; nella fattispecie infatti si controverte del provvedimento che ha attribuito al ricorrente il nuovo grado di maresciallo maggiore sicchè non viene in rilievo l’applicazione delle norme sopra citate.

Nella controversia all’esame trova invece applicazione – con conseguente rilevanza della relativa questione di costituzionalità – l’articolo 1291, dato che il testo modificato di esso sopprime il grado di maresciallo aiutante e istituisce quello di maresciallo maggiore; il Collegio condivide tuttavia la valutazione di manifesta infondatezza della relativa questione di incostituzionalità poiché al legislatore è consentito modificare l’articolazione di una carriera militare sopprimendo un grado e istituendone due (in pratica nella fattispecie il grado di MASUPS è stato sostituito dai gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente); questa circostanza non lede alcuna reale aspettativa o diritto quesito di coloro che siano già in servizio dato che la nuova articolazione della carriera non incide di per sé né positivamente né negativamente su diritti o aspettative del personale già in servizio; su tali asseriti diritti o aspettative incide infatti la normativa di carattere transitorio che disciplina l’attribuzione dei nuovi gradi al personale in servizio ed è del resto di ciò che il ricorrente si duole, come dimostra il rilievo che, se la normativa transitoria avesse previsto un diverso trattamento per i MASUPS con meno di otto anni di anzianità – per esempio attribuendo anche ad essi il grado apicale di luogotenente o consentendo loro di ottenerlo attraverso un meccanismo selettivo di una qualche natura che li ponesse “sullo stesso piano” dei pari grado con anzianità superiore a otto anni – questo contenzioso non sarebbe probabilmente nemmeno sorto.

Lo stesso ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica lamenta che solo per i MASUPS con meno di otto anni di anzianità non è stato “previsto alcun regime transitorio”.

La questione di costituzionalità dell’articolo 1291 è comunque manifestamente infondata dato che la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto che rientra nella discrezionalità del legislatore disporre una nuova articolazione di carriere e che tale potere, che può condurre anche a un trattamento “in peius” degli interessati, non incontra limite nelle aspettative di carriera del personale in servizio; del resto – posto che l’amministrazione è un’organizzazione preordinata al raggiungimento di obiettivi predeterminati dalla legge – non si può certamente ritenere che, allorchè il migliore raggiungimento di tali obiettivi imponga un ripensamento di tale organizzazione e dell’articolazione del personale che essa riflette, il legislatore possa incontrare nella sua azione un limite diverso da quello generale della razionalità delle scelte operate (e del rispetto dei criteri di delega, considerato che queste operazioni si attuano normalmente a mezzo di leggi delegate) poiché la Costituzione non garantisce al personale già in servizio l’aspettativa al mantenimento delle posizioni già raggiunte ovvero che in base alla legislazione potrebbe raggiungere (in questo senso si vedano Corte Costituzionale, 3 luglio 1997, n. 217 e 30 aprile 1999 n. 151 e Consiglio di Stato, sez. IV, 20 aprile 2006, n. 2233 e sez. IV, 12 novembre 1991, n. 925).




Occorre quindi concentrare l’esame sulle disposizioni transitorie seguenti:

a) articolo 2252, commi 1 e 2 (introdotto dall’art. 30, comma 1, lett. i), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95), cioè le disposizioni che prevedono l’attribuzione del grado di maresciallo maggiore ai MASUPS in servizio al 1° gennaio 2107 e ai marescialli capo iscritti nel quadro di avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi (in ricorso non è denunciata l’illegittimità di queste disposizioni ma si tratta di una evidente dimenticanza dato che la prima è la disposizione transitoria “base” relativa ai MASUPS ed è sull’applicazione di questa disposizione che si basa il provvedimento impugnato mentre in ordine alla seconda si lamenta nel ricorso che gli ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni, oltre alla perdita del grado apicale, si vedono “raggiunti” dai marescialli capo con anzianità superiore a otto anni, in precedenza inferiori di grado);

b) articolo 2253-bis, commi 1 e 3, cioè le disposizioni che disciplinano l’attribuzione del grado agli ex MASUPS con qualifica di luogotenente e ai MASUPS con anzianità di servizio maggiore di otto anni.

In pratica si tratta di valutare se il combinato disposto delle norme citate – che implicano, secondo la prospettazione del ricorrente, per i MASUPS con anzianità inferiore a otto anni una discriminazione rispetto agli ex pari grado con anzianità superiore a otto anni e agli ex marescialli capo con anzianità superiore a otto anni – si sottragga o meno ai rilievi di incostituzionalità sollevati in ricorso (o meglio se tali rilievi superino la soglia della non manifesta infondatezza).

Come rilevato nella ordinanza del T.A.R. Valle d’Aosta, non sussiste alcuna reale discriminazione tra ex MASUPS e marescialli capo che beneficiano dell’avanzamento previsto dall’articolo 2252, comma 2, citato; l’avanzamento di questi soggetti non è in alcun modo in grado di provocare uno “scavalcamento” a danno degli ex MASUPS con meno di otto anni di anzianità, dato che le decorrenze previste per le promozioni sono tali da collocarli in posizione successiva a quelle dei pari grado già promossi con l’aliquota del 31 dicembre 2016.

Parimenti non sussiste una reale discriminazione tra gli ex MASUPS con meno di otto anni di anzianità e ex MASUPS con più di otto anni di anzianità, dato che la distinzione di trattamento si basa sulla diversa anzianità e, in particolare, sul possesso da parte dei secondi dell’anzianità occorrente nel “nuovo sistema” per poter aspirare al conseguimento del grado di luogotenente (cioè otto anni); il disegno del legislatore delegato è quindi chiaro; esso nel disciplinare il passaggio dal “vecchio” ordinamento” al “nuovo” ordinamento ha per così dire meccanicamente operato una trasposizione nel nuovo sistema dei gradi previsti dal precedente basandosi esclusivamente sull’anzianità di servizio e in modo tale da evitare che si verificassero “scavalcamenti”; in pratica nell’attribuzione dei nuovi gradi si è voluto realizzare un assetto transitorio che in parte anticipasse l’applicazione delle nuove norme (che prevedono una permanenza minima nei gradi di maresciallo capo e di maresciallo maggiore di otto anni); così si spiega l’attribuzione ai marescialli capo con più di otto anni di anzianità del grado di maresciallo maggiore e l’attribuzione del grado di luogotenente agli ex MASUPS con più di otto anni di anzianità.

Tuttavia, la distinzione ai fini del nuovo inquadramento degli ex MASUPS esclusivamente sulla base dell’anzianità posseduta alla data del 1° gennaio 2017, come ritenuto dal T.A.R. Valle d’Aosta, non appare conforme ai criteri della legge di delegazione (o meglio il dubbio sulla non conformità ai criteri di delega non appare manifestamente infondato) dato che la istituzionale preclusione agli ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni dell’ottenimento del (o meglio della possibilità di ottenere il) grado apicale di luogotenente in sede transitoria (così mantenendo il grado apicale già raggiunto nel precedente sistema) non appare coerente con il criterio direttivo che imponeva di tener conto di merito e professionalità; il riferimento alla sola anzianità infatti pare obliterare il merito e dà unico rilievo alla professionalità acquisita (peraltro solo in un certo limite perchè una maggiore anzianità di servizio fa solo presumere ma certo non garantisce una maggiore professionalità in capo al più anziano).

In altri termini l’automatismo legato al mero dato quantitativo dell’anzianità posseduta a una certa data rende non manifestamente infondato il dubbio di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3, sotto il profilo del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega, nel senso che ad avviso del Collegio non è manifestamente infondato il dubbio che la valorizzazione del merito e della professionalità avrebbe implicato per l’attribuzione agli ex MASUPS del grado di luogotenente e della qualifica di “carica speciale” un meccanismo – quale che fosse – che garantisse astrattamente a tutti – indipendentemente dall’anzianità posseduta (alla quale comunque, per quanto si è detto, nell’ambito del meccanismo prescelto si sarebbe comunque ben potuto attribuire rilievo, anche se non esclusivo) – la possibilità di accedervi “tenendo conto del merito e delle professionalità” così come stabilito dall’articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

In conclusione la questione di costituzionalità degli articoli 1004, 1296, 687 e 694 del d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 non è rilevante, mentre quella relativa all’articolo 1291 è manifestamente infondata.

Risulta invece non manifestamente infondata la questione di costituzionalità del combinato disposto degli articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 (come rispettivamente introdotti dall’art. 30, comma 1, lett. i) e m), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95), in relazione all’articolo 76 C. e all’articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124

Tenuto conto che la questione di costituzionalità così circoscritta è già stata sollevata, ritiene il Collegio di sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte Costituzionale in applicazione del principio stabilito dalla sentenza n. 28 del 15 ottobre 2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, considerato che la pronuncia di una ulteriore ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale – di tenore sostanzialmente identico a quella già citata della Valle d’Aosta – si risolverebbe in un inutile prolungamento del giudizio di costituzionalità e di riflesso di questo giudizio; né sussiste un interesse delle parti a interloquire innanzi alla Corte Costituzionale dato che il difensore del ricorrente (che è anche il difensore del ricorrente nel giudizio che ha originato la ordinanza della Valle d’Aosta) ha già questa possibilità.

Come statuito dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato il termine per la prosecuzione del giudizio sospeso è quello dell’art. 80, co. 1, c.p.a. previsto per tutte le ipotesi di sospensione del processo amministrativo; tale termine di 90 giorni decorrerà dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del provvedimento della Corte costituzionale che definisce il giudizio relativo all’ordinanza del T.A.R. della Valle d’Aosta n.17 del 5 marzo 2018.




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