27 febbraio 2023 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo
In Italia la quota di lavoratori autonomi è molto più elevata che in Europa, ciò è sintomo di intraprendenza e di alta cultura del lavoro, ma negli ultimi 15 anni la situazione è cambiata e la quota è diminuita, mentre nello stesso periodo in Europa è sostanzialmente invariata. Nonostante la diminuzione, l’Italia ha comunque uno dei tassi di lavoratori autonomi più alti in Europa.
Rispetto al passato la scelta di “mettersi in proprio” ha sempre meno fans, i giovani, soprattutto laureati, preferiscono il lavoro dipendente e la scelta è influenzata da diversi fattori, tra i quali l’elevata tassazione sul lavoro autonomo che prevede una contribuzione previdenziale a totale carico del lavoratore, oltre l’imposta sul reddito delle persone fisiche e i costi di gestione della partiva iva.
L’introduzione della flat tax nel 2019, tassazione al 15% fino ad un reddito di 65.000 annui, ha reso più facile la scelta per un giovane lavoratore al fine di intraprendere un’attività in proprio e non tarpargli le ali con una tassazione e costi per oltre il 50% di quanto fatturato, ma non è bastato per colmare il divario col lavoratore dipendente.
Con l’innalzamento a 85.000 euro della flat tax, la forbice tra netto percepito di un lavoratore autonomo e lavoratore dipendente si è ridotta, portando il reddito netto allo stesso livello, rimane una piccola differenza che si sostanzia nelle ferie e malattie pagate, ma il giovane lavoratore autonomo rimane fortemente penalizzato dal punto di vista previdenziale, in quanto la sua pensione sarà inferiore del 37% di quella del lavoratore dipendente, nonostante versi oltre il doppio dei contributi all’Inps.
Con gli specchi a seguire, si evidenziano le differenze tra un reddito mensile lordo di 7.000 e uno di 4.000 di un lavoratore autonomo con la flat tax e un lavoratore dipendente e gli effetti sul futuro trattamento di quiescenza.