Quando VITA mi ha proposto di salire per quindici giorni su una nave della Marina Militare Italiana, per documentare con un video lo splendido lavoro di soccorso ai migranti nel Mediterraneo, portato avanti dalla Marina stessa e della Fondazione Francesca Rava, ero da un lato felicissima e dall’altro impaurita dalla novità della situazione.
Ci ho pensato un po’ e ho capito che c’era una sola cosa da fare: lanciarsi e partire.
Dapprima ho incontrato le fantastiche signore della Fondazione Rava: la presidente Mariavittoria e poi ancora Silvia ed Emma, e sono rimasta colpita dalla luce che hanno negli occhi e dal cuore che mettono in tutto quello che fanno. E quello che fanno è tantissimo.
Poi è arrivato il momento di salire su Nave Bettica: una nave da guerra, dove incredibilmente mi sono sentita a casa.
Purtroppo il mare si è alzato e, in quelle due settimane a cavallo di Capodanno, in cui sono rimasta a bordo, non abbiamo incontrato i migranti. Ho avuto però modo di raccogliere le storie e le confidenze dei marinai, che porterò sempre con me.
Il momento più bello era a mezzanotte, quando per una tradizione della Marina, si sforna la pizza. Tutti i marinai che non sono di turno arrivano per prenderne una fetta e si mettono a chiacchierare.
Mi hanno raccontato loro dei migranti, di cosa significa sentire di notte e con il mare in tempesta, le urla di bambini che gridano aiuto. «Le prime volte pensavo che non ce l’avrei fatta», mi ha spiegato un marinaio grande e grosso, con il cuore tenero. «Poi mi sono detto: “Se la Provvidenza ha voluto che ci fossi tu, qui, in questo momento, una ragione ci deve essere”’. E io quella ragione voglio trovarla ogni giorno».