Il carcere raduna centinaia di musulmani, con il risultato che spesso sono gli stessi detenuti a guidare la preghiera e le celle diventano piccole moschee. Quanto basta per preoccupare i nostri servizi segreti: le prigioni, agli occhi dei terroristi, sono luoghi ideali per fare proselitismo. Lo conferma anche il Sappe, uno dei principali sindacati di polizia penitenziaria: negli istituti si assiste alla «radicalizzazione di molti criminali comuni, specialmente di origine nordafricana, i quali, pur non avendo manifestato nessuna particolare inclinazione religiosa al momento dell’ingresso in carcere, sono trasformati gradualmente in estremisti sotto l’influenza di altri detenuti già radicalizzati».
Per questo motivo il Viminale ha già provveduto, in collaborazione con la polizia, a rafforzare il monitoraggio di quanto avviene all’interno delle celle.