EMOLUMENTO UNA TANTUM PER IL 2023, UN ANTICIPO O L’ALTERNATIVA AL CONTRATTO?

 30 gennaio 2023 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo

Il comma 330 dell’art. 1 della legge n. 197/2022 (legge di Bilancio 2023) stanzia 1 miliardo da destinare all’erogazione, nel solo anno 2023, di un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per 13 mensilità, da determinarsi nella misura dell’1,5% dello stipendio (lordo tabellare), con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza. La misura vale per il personale statale contrattualizzato e per quello in regime di diritto pubblico (comparto difesa, sicurezza e pubblico soccorso ecc. ecc.), escluso il personale i cui adeguamenti retributivi sono disciplinati dal 1 comma dell’art. 24 della legge n. 448/1998 (docenti e ricercatori universitari, dirigenti della Polizia di Stato, Colonnelli e Generali delle Forze armate, dirigenti della carriera prefettizia e della carriera diplomatica)

È opportuno sottolineare, che l’una tantum sopperisce, in qualche modo, ai mancati incrementi contrattuali nel secondo anno scoperto del contratto triennio 2022/2024 e non è certo imputabile solo al governo Meloni, infatti l’ultimo governo che non stanziò i fondi necessari fu il governo Conte che, con la legge di bilancio 2021, destinò solo 400 milioni al rinnovo, tant’è che i sindacati scesero in piazza il 9 dicembre 2020.

La Ragioneria generale dello Stato ha comunicato gli importi di tale emolumento che la legge di Bilancio ha assegnato ai dipendenti pubblici, variabili in base alle qualifiche, con l’obiettivo di assicurare l’omogenea applicazione della normativa.

Considerando il fatto che lo stanziamento di 1.000 milioni previsto dalla legge di bilancio per l’anno 2023 si aggiunge ai 500 milioni stanziati, sempre per l’anno 2023, dalla legge di bilancio 2022 e che il comma 331, dell’art. 1, della legge di Bilancio 2023 sancisce che la somma di tali stanziamenti rappresenta l’importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego, ma che in questo caso costituisce il limite massimo dell’acconto, si presume che l’una tantum non si sommi alla vacanza contrattuale attualmente in godimento, ma la sostituisca e il calcolo a seguire avvalora questa tesi.

Pertanto, se così fosse l’aumento reale di un 1° Lgt. sarà di soli 22,59 euro lordi, in quanto il nuovo beneficio di 33,88 euro assorbe l’indennità di vacanza contrattuale in godimento al 31/12/2022 di euro 11,29.

Con la seguente tabella si indicano quelli che saranno gli aumenti lordi mensili per l’anno 2023.

Inoltre, sull’argomento aleggia una particolare perplessità, in quanto il comma 330 dell’art. 1 della legge di Bilancio non prevedendo alcun importo o valore percentuale per il rinnovo del triennio 2022/2024 e, in particolare, la formula inedita di un’elargizione una tantum, in sostituzione dell’indennità di vacanza contrattuale, potrebbe far sorgere il tremendo dubbio che questa erogazione sia in realtà sostitutiva del rinnovo e non anticipatrice e, quindi, di fatto un blocco surrettizio degli aumenti di contratto.

Le preoccupazioni denotate verrebbero meno se il governo, con la legge di bilancio 2024, trovasse le risorse necessarie per il contratto 2022/2024 che comporta un adeguamento parametrato a quelli che saranno gli indici armonizzati dei prezzi al consumo (IPCA) per il triennio.

L’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea) è una misura comune per i paesi dell’Unione Europea per l’inflazione che costituisce una base di partenza del negoziato per i rinnovi dei contratti, infatti l’ultimo rinnovo triennio 2019/2021 ha offerto un aumento medio pari a 2,3 volte l’indice del periodo e lo stesso era accaduto per il 2016/2018.

L’IPCA media annua per il 2022 è pari al 8,7% e, secondo le ultime proiezioni, si attesterà al 6,5% per il 2023 e al 2,4% nel 2024, per un totale nel triennio al 17,6% che comporterà un stanziamento ingente di risorse; infatti se il rinnovo contrattuale degli statali, per il triennio 2019/2021, è costato complessivamente circa 7 miliardi per un aumento medio del 4%, applicando una semplice proporzione si ricava che il fabbisogno, per assicurare il totale recupero dell’inflazione, è di circa 30 miliardi.

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