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Contributi non versati durante la Ferma volontaria/Rafferma – Il Tar condanna l’amministrazione

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Oggi vogliamo occuparci della sentenza dello scorso 8 febbraio, con la quale il Tar Lazio ha condannato le amministrazioni resistenti al versamento dei contributi versati da alcuni militari durante il periodo di Ferma volontaria e Rafferma del servizio militare.

I ricorrenti sono divenuti tutti Marescialli nel corso della loro carriera, ma hanno pensato bene di chiedere indietro quanto ingiustamente versato e finito nel dimenticatoio di qualche Ministero. Nel caso di specie, i giudici amministrativi hanno richiamato l’art. 5 del d.lgs. n. 165/1997, i cui commi 4, 5 e 6  così recitano:

“4. Il servizio militare comunque prestato, anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, è ricongiungibile ai fini del trattamento previdenziale.

5. Per il personale in ferma di leva prolungata o breve l’amministrazione provvede al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti dalla normativa vigente.

6. I periodi pre-ruolo per servizio militare comunque prestato, nonché quelli utili ai fini previdenziali, anche antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono riscattabili ai fini dell’indennità di fine servizio”.

Ne consegue che va distinta la contribuzione ai fini previdenziali, rispetto ai contributi da versare per la corresponsione della indennità di buonuscita, proprio avendo riguardo alla ferma prolungata e breve, rilevante nel caso di specie. Infatti, ai fini previdenziali, la contribuzione grava sull’Amministrazione ai sensi del comma 5.

Diversamente, ai fini dell’indennità di buonuscita, tali periodi sono solo riscattabili, cioè soggetti a contribuzione volontaria a carico del dipendente, mentre non sono soggetti a contribuzione a carico dell’Amministrazione.

Le Amministrazioni presso cui i ricorrenti prestavano servizio nel periodo di ferma volontaria e/o rafferma sono quindi tenute a versare i contributi previdenziali (non quelli ai fini dell’indennità di buonuscita), con gli accessori di legge. Il quantum versato dai ricorrenti a titolo di indennità di buonuscita non deve invece essere restituito dalle Amministrazioni resistenti, in quanto non dovuto. Per leggere la sentenza integrale, vai a pagina 2.

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08/02/2018

N. 01548/2018 REG.PROV.COLL.

N. 07581/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7581 del 2004, proposto da:
Omissis, Omissis e Omissis, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie d’Oro n. 266;

contro

il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore dell’Esercito, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, costituiti in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
l’I.N.P.D.A.P. – Istituto Nazionale Previdenza Dipendenti Amministrazione pubblica, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avvocati Flavio Urso e Dario Marinuzzi, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Cesare Beccaria n. 29;

per l’accertamento e la declaratoria

del diritto dei ricorrenti a vedersi integralmente corrisposti, previa iscrizione al Fondo di Previdenza I.N.P.DA.P., da parte del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano, limitatamente all’importo che ad essi fa carico, verso l’I.N.P.DA.P. ed in loro favore i contributi previdenziali relativamente al servizio svolto durante la ferma volontaria e/o rafferma, prima del passaggio in servizio permanente effettivo, con conseguente condanna delle Amministrazioni resistenti alla corresponsione in loro favore e verso l’I.N.P.DA.P. dei predetti contributi, il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione del diritto fino a quella dell’effettivo soddisfo;

nonché per la condanna

delle Amministrazioni resistenti alla restituzione delle somme già versate dai ricorrenti a titolo di riscatto relativamente al servizio svolto durante la ferma volontaria e/o rafferma, prima del passaggio in servizio permanente effettivo con interessi legali e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione del diritto fino a quella dell’effettivo soddisfo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano, nonché dell’I.N.P.DA.P.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica di smaltimento del giorno 19 gennaio 2018, il Cons. Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

I – I ricorrenti erano tutti marescialli dell’Esercito al momento della proposizione del ricorso.

I.1 – Con il presente ricorso essi lamentano la circostanza che le Amministrazioni di provenienza non abbiano provveduto all’iscrizione del Fondo previdenza I.N.P.D.A.P., quando essi prestavano servizio durante la ferma volontaria e/o rafferma, prima del passaggio in servizio permanente effettivo, non versando all’I.N.P.DA.P. i contributi previdenziali relativamente a tale periodo.

Chiedono, pertanto, che le Amministrazioni resistenti, ciascuna per la parte di competenza, sia condannata alla corresponsione di detti contributi, maggiorati di interessi e rivalutazione sino al soddisfo.

I.2 – Essi assumono anche di aver pagato il riscatto, con riferimento a quest’ultimo periodo. Sono in atti le attestazioni del pagamento del riscatto, ai soli fini ai fini dell’indennità di buonuscita.

Chiedono quindi che le Amministrazioni resistenti siano condannate alla restituzione di dette somme dagli stessi già versate a tale titolo.

II – Deducono i seguenti motivi di doglianza: violazione degli artt. 1, 37 e 39 del d.P.R. 29.12.1973, n. 1032.

Il servizio pre-ruolo presenterebbe tutti gli elementi caratterizzanti il rapporto di pubblico impiego, per cui anche per tale periodo i ricorrenti potrebbero considerarsi come “dipendenti statali”, iscritti obbligatoriamente al Fondo di cui all’art. 39 del d.P.R. n. 1032/1973.

Inoltre l’art. 1 del medesimo d.P.R. comprenderebbe, tra gli aventi titolo all’iscrizione del Fondo di Previdenza, già gestito dall’E.N.P.A.S. e poi dall’I.N.P.D.A.P., i militari delle Forze Armate, senza ulteriori specificazioni, mentre, all’art. 2, recante l’elenco delle categorie dei non aventi diritto all’iscrizione, non sarebbero annoverati i militari.

II.1 – I ricorrenti invocano una giurisprudenza che si è pronunciata in detti termini (T.a.r. Puglia – Bari, sez. I, nn. 145/2001 e 4543/2003; T.a.r. Puglia – Lecce, sez. III, nn. 3073/2004, 3413/2004).

III – Si è costituito in giudizio l’I.N.P.D.A.P. – Istituto Nazionale Previdenza Dipendenti Amministrazione pubblica, producendo anche una memoria difensiva, con cui ha brevemente confutato le censure di parte ricorrente.

Con una successiva memoria, detto Istituto ha eccepito il perfezionarsi della prescrizione.

IV – Con decreto n. 4511 del 15.4.2015, il ricorso in esame è stato dichiarato perento.

IV.1 – Successivamente, a seguito della dichiarazione di interesse al ricorso da parte dei ricorrenti Piano Giovanni, Biagini Giuseppe e Rancatore Filippo, con decreto decisorio n. 349 del 2.3.2016, il suindicato decreto di perenzione è stato revocato rispetto ai medesimi ed è stata disposta la reiscrizione del ricorso stesso sul ruolo di merito, mentre è rimasta confermata la perenzione del ricorso rispetto al ricorrente Padulo Nicodemo.

V – Si sono poi costituiti in giudizio il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore dell’Esercito italiano.

VI – Nella pubblica udienza di smaltimento dell’arretrato del 19.1.2018 il ricorso è stato introitato per la decisione.

VII – Preliminarmente va esaminata l’eccezione di prescrizione opposta dall’I.N.P.D.A.P..

VII.1 – Va precisato che, ai sensi dell’art. 3, comma 9, lett. a), del d.P.R. n. 335/1995: “Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso…[di] dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie…. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni”.

Pertanto va operato un distinguo, a seconda che i versamenti si riferiscono agli anni fino al 1995 o a quelli a partire dal 1996.

VII.2 – Secondo la previsione dell’art. 2935 c.c. “la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”, che nella specie coincide con il giorno in cui l’Istituto può esigere la contribuzione, ossia con la data di scadenza del termine per effettuare il versamento (il 16 del mese successivo a quello al quale la contribuzione si riferisce).

VII.3 – Le regole enunciate vanno riferite concretamente ai tre odierni ricorrenti.

Per quanto concerne Omissis, i periodi rilevanti sono tutti anteriori al 1996, per cui si applica la prescrizione decennale.

Lo stesso deve dirsi per Omissis.

Bisogna considerare, tuttavia, che il ricorso è stato notificato il 6.7.2004, per cui per entrambi risultano prescritti i crediti fino al maggio 1994 (si è prima evidenziato che essi si versano entro il 16 del mese successivo).

In relazione a Omissis, quasi tutti i crediti previdenziali rientrano nel periodo per il quale si applica la prescrizione decennale. Rispetto a questi, la prescrizione riguarda sempre il periodo fino a maggio 1994.

I crediti previdenziali maturati successivamente al 1°.1.1996, per i quali si applica la prescrizione quinquennale, risultano invece interamente prescritti.

Naturalmente ciò vale, a meno che in precedenza i ricorrenti non provino di aver già interrotto la prescrizione, con un qualche atto di diffida stragiudiziale, di cui non si è qui a conoscenza.

VIII – Nel merito si evidenzia che successivamente la giurisprudenza ha assunto un diverso orientamento rispetto a quello prospettato dai ricorrenti (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, n. 2493/2010; T.a.r. Campania – Napoli, sez. VI, n. 3485/2013; T.a.r. Emilia-Romagna – Bologna, sez. I, n. 579/2014). La Sezione ritiene di condividere tale nuovo orientamento.

IX – In primo luogo occorre rilevare che l’art. 1 del d.P.R. n. 1032/1973, nell’individuare i pubblici dipendenti aventi diritto all’indennità di buonuscita menziona, per quanto qui interessa, “i militari delle forze armate e dei corpi di polizia in servizio permanente o continuativo”.

Nell’ordinamento di settore, per ‘servizio permanente’ o ‘continuativo’ del militare non si intende qualunque rapporto di servizio, ma solo il servizio permanente effettivo, che costituisce il rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato.

Dall’esame delle disposizioni che si sono susseguite per l’ordinamento militare emerge che con le parole ‘servizio continuativo’ si è richiamato, con una diversa denominazione, il medesimo rapporto giuridico a tempo indeterminato concernente i gradi ‘iniziali’ del personale appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare.

Ciò corrisponde anche a criteri di ragionevolezza, poiché il periodo di servizio in ferma prolungata, così come la ferma breve e la rafferma e poi la ferma volontaria annuale o quadriennale, costituisce un rapporto di servizio a tempo determinato.

Perciò non è ammissibile un’estensione a soggetti non compresi nell’art. 1 citato.

IX.1 – Al riguardo recita l’art. 39: “Sono obbligatoriamente iscritti al Fondo” previdenziale “i dipendenti statali di cui all’art. 1, con le eccezioni stabilite dall’art. 2”.

Nelle fattispecie in esame, pur controvertendosi di rapporti di servizio aventi le caratteristiche del pubblico impiego, si tratta, tuttavia, di rapporti di pubblico impiego a tempo determinato, che il legislatore, nella sua discrezionalità, non ha ritenuto automaticamente computabili al fine dell’indennità di buonuscita, come si evince appunto dall’art. 1 del d.P.R. n. 1032 del 1973, sopra richiamato.

IX.2 – Ciò trova ulteriore conferma nella successiva legislazione e, in particolare, nell’art. 5 del d.lgs. n. 165/1997, i cui commi 4, 5 e 6 hanno così disposto:

“4. Il servizio militare comunque prestato, anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, è ricongiungibile ai fini del trattamento previdenziale.

5. Per il personale in ferma di leva prolungata o breve l’amministrazione provvede al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti dalla normativa vigente.

6. I periodi pre-ruolo per servizio militare comunque prestato, nonché quelli utili ai fini previdenziali, anche antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono riscattabili ai fini dell’indennità di fine servizio”.

IX.3 – Ne consegue che va distinta la contribuzione ai fini previdenziali, rispetto ai contributi da versare per la corresponsione della indennità di buonuscita, proprio avendo riguardo alla ferma prolungata e breve, rilevante nel caso di specie.

Infatti, ai fini previdenziali, la contribuzione grava sull’Amministrazione ai sensi del comma 5.

Diversamente, ai fini dell’indennità di buonuscita, tali periodi sono solo riscattabili, cioè soggetti a contribuzione volontaria a carico del dipendente, mentre non sono soggetti a contribuzione a carico dell’Amministrazione.

X – In conclusione il ricorso è parzialmente fondato e da accogliere.

X.1 – Le Amministrazioni presso cui i ricorrenti prestavano servizio nel periodo di ferma volontaria e/o rafferma (prima del passaggio in servizio permanente effettivo) sono quindi tenute a versare i contributi previdenziali (non quelli ai fini dell’indennità di buonuscita), nei termini sopra indicati, con gli accessori di legge.

X.2 – Il quantum versato dai ricorrenti a titolo di indennità di buonuscita non deve invece essere restituito dalle Amministrazioni resistenti, in quanto non dovuto.

Ove risultasse il pagamento del riscatto, da parte dei stessi, anche a titolo pensionistico – ciò, tuttavia, non si evince dalla documentazione versata in atti – le Amministrazioni, anziché versare i contributi non prescritti, sono tenute alla restituzione nei loro riguardi del corrispondente quantum,

XI – Le spese di giudizio vanno compensate integralmente tra le parti, stante l’accoglimento parziale del ricorso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando:

– accoglie, nei modi di cui in motivazione, il ricorso in epigrafe;

– compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Per scaricare la sentenza, vai a pagina 3.

 

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