“A.R.Q.” Il Sindacato dell’ Aeronautica Militare “SIAM” : si apra un tavolo di confronto!

Il SIAM “Sindacato Aeronautica Militare” si interroga sulle motivazioni che hanno indotto vertici militari e politica a non applicare l’Istituto dell’ Aspettativa Riduzione Quadri. Noi di NSM avevamo trattato la materia in diverse occasioni, cercando di spiegare che per un ringiovanimento delle Forze Armate, altra via non c’era se non quella di applicare norme che favorissero la fuoriuscita del personale più anziano.

Purtroppo i nostri articoli hanno trovato una costante chiusura sia da parte della compagine politica che di quella militare, arrivando perfino ad un inspiegabile diniego dei Cocer.


Dopo un’ attesa di 5 anni, è forse giunto il momento di ridiscutere arruolamenti e pensionamenti, ma bisogna farlo con rigor di logica e non con promesse elettorali che in questi anni hanno soltanto causato l’aumento dell’età media dei militari. Le misure intraprese  “in favore” del Comparto Difesa  sono state tutte in senso contrario ( vedi moltiplicatore e Circolare sull’aspettativa di vita). Quindi ci troviamo concordi sui punti analizzati dal SIAM. Di seguito il Comunicato Stampa:

Quando nel 2014 è stato varato il decreto Legislativo n.8, che estendeva anche al personale non direttivo l’Aspettativa per Riduzione Quadri (ARQ), era chiara la percezione di un preciso indirizzo politico, mirato a risolvere il problema degli esuberi in Forza Armata e con esso il problema del progressivo innalzamento dell’età media del personale militare in servizio.

Con questo provvedimento si voleva incentivare la fuoriuscita del personale più anziano, agevolando il turnover con nuovi arruolamenti di giovani leve.

La norma fu accolta favorevolmente dal personale potenzialmente interessato, oltre che dal Ministero delle Finanze. Il provvedimento avrebbe permesso un innegabile risparmio alle casse della Difesa, riducendo gli stipendi del personale posto in A.R.Q. del 5%. Senza contare gli ingenti risparmi in termini di esercizio e corresponsione di indennità accessorie (corsi di aggiornamento, missioni etc.).

Eppure, a distanza di tempo, di tutto ciò non si ha più traccia. Il decreto giace in qualche cassetto, inapplicato. L’ età media nelle Forze Armate intanto continua a salire, mentre i giovani, almeno in Aeronautica, vengono arruolati con il contagocce.

Dopo oltre 5 anni, mai più nessuno si è occupato concretamente di “ricambio generazionale” in Forza Armata, anzi, sono stati intrapresi provvedimenti in senso opposto. La quasi totalità del personale in servizio ed in regime previdenziale “CONTRIBUTIVO “, potrà accedere alla Pensione Anticipata (riserva) solo se rinuncia al 15% netto dello stipendio mensile.


Contrariamente ad ogni logica, oggi il controproducente innalzamento dell’aspettativa di vita ha causato un paradossale utilizzo dell’istituto del Moltiplicatore (montante contributivo). Tale beneficio purtroppo viene applicato esclusivamente al personale che raggiunge il limite di età ( 60 anni), mentre se venisse applicato anche al personale posto in quiescenza con i requisiti minimi (42 anni e tre mesi di servizio cumulativi), così come prevede l’art. 2230 del T.U.O.M. sullo scivolo, il problema non si porrebbe.

La mancata introduzione ed ampliamento dei già menzionati istituti obbligherà migliaia di colleghi a non presentare la domanda di quiescenza e ad attendere il limite ordinamentale (60 anni), malgrado abbia maturato i requisiti minimi contributivi.

Tutto ciò in un quadro complessivo che prevede l’obiettivo finale del raggiungimento di un’aliquota di 150.000 uomini entro il 31 dicembre del 2024, ma che, con alta probabilità, è destinato a fallire. Questo accadrà perché tale obiettivo è stato introdotto senza prevedere una corretta e quanto mai necessaria fase transitoria con un’opportuna analisi e ridiscussione degli obbiettivi.

I Governi ed i vertici militari che si sono fin qui succeduti , hanno sempre negato ( e continuano a farlo), ogni possibile apertura ad una quanto mai necessaria fuoriuscita anticipata del personale . Basti pensare alle paradossali aliquote previste per l’istituto dell’Ausiliaria (scivolo). Soltanto quest’anno, a fronte delle oltre 800 istanze provenienti dalle tre FF.AA., i posti riservati a tale istituto sono stati appena 297 ed il prossimo anno diminuiranno drasticamente.

La compagine politica che si è succeduta in questo lasso di tempo, avrebbe quantomeno dovuto ridiscutere la questione, mentre invece è stata volutamente accantonata. Probabilmente ciò è accaduto per assecondare lo scetticismo dei vertici di Forza Armata, forse preoccupati che un possibile ampliamento dell’ARQ al personale non direttivo, togliesse risorse all’analogo istituto già previsto per il loro Ruolo.

Al riguardo, inoltre, sembra che tra i problemi posti dai vertici militari , vi sia anche il timore di un massiccio esodo da parte di alcune categorie di personale, definite “pregiate”.

Non a caso nelle tabelle previsionali per il raggiungimento degli obbiettivi, non si è mai monitorato l’evolversi degli eventi, finendo così per prospettare stime sul futuro delle FF.AA. che non corrispondono al vero. In questo quadro, i delegati Cocer che si sono alternati in questi cinque anni, non sono esenti da responsabilità per l’inspiegabile silenzio su una tematica così importante.

Eppure l’Aspettativa Riduzione Quadri, qualora applicata, potrebbe contribuire significativamente a risolvere il necessario ed inevitabile ringiovanimento di cui la Forza Armata Azzurra necessita, consentendo così a migliaia di militari, in possesso dei requisiti contributivi e anagrafici minimi, di poter accedere al trattamento di quiescenza, senza dover perdere centinaia di euro al mese. Se si fosse deciso di avviare l’A.R.Q. già negli scorsi anni, oggi avremo potuto arruolare migliaia di giovani in virtù delle posizioni lasciate libere dai militari anziani.

Come SIAM ” Sindacato Aeronautica Militare” ci interroghiamo su quale possano essere le vere motivazioni che hanno indotto la politica a non attuare quanto previsto dal Decreto in questione. Così come siamo convinti, che sia giunto il momento per riaprire la discussione sul tema dei numeri del personale nella Forza Armata, perché ricordiamo che i presupposti di una Difesa articolata su 150 mila uomini e donne (Legge 244 del 2012), nasce da un governo tecnico che operava solo sulla base di tagli lineari, col mero fine di far quadrare i conti e non certo con lo scopo di garantire la piena funzionalità dello strumento militare.

Non si tratta, quindi, di numeri scritti sulla pietra, ma di una visione probabilmente miope che può e deve essere messa in discussione, attraverso una politica che avvii un percorso costruttivo e che intervenga al più presto con misure “serie” sul piano previdenziale, sull’ARQ per il personale non direttivo e sulla circolare che disciplina la domanda di quiescenza rispetto all’aspettativa di vita, prevedendo l’estensione dell’applicazione del “montante contributivo” anche al personale posto in quiescenza con i requisiti minimi, garantendo così un serio incentivo di uscita per migliaia di militari ultracinquantenni. Tutto ciò, contestualmente, darebbe un forte impulso agli arruolamenti di giovani da immettere nel quadro permanente e non solo facenti parte, come accade oggi, di un precariato che poco si attaglia con la dignità dello status di militare.

Se poi il problema è quello di evitare un possibile esodo delle cosiddette categorie “pregiate” come Montatori, Motoristi, EMB etc., qualcuno dovrebbe avere il coraggio di spiegare ai militari che svolgono questi compiti, perché pur essendo così indispensabili , continuino ad essere trattati come l’ultima ruota del carro. Spesso fanalini di coda negli avanzamenti, ignorati sul fronte FESI a favore di altri beneficiari che evidentemente altrettanto pregiati non sono. Unici attori costretti a svolgere la loro attività adottando un doppio turno giornaliero non scritto in nessun documento ufficiale, ma indispensabile per garantire l’operatività di diversi reparti dell’Aeronautica, uno tra tutti il 6° Stormo di Ghedi.


Questa dedizione evidentemente non è sufficiente affinché l’amministrazione gli riconosca un incentivo economico, magari anche a compensazione della costante disponibilità ad essere inviati in missione, spesso alloggiati in strutture non decorose, a volte addirittura fatiscenti.

E’ quindi opportuno uscire dall’equivoco di fondo, per il quale si insiste a costringere il personale a rimanere in servizio fino a 60 anni, in attesa di un futuro incerto, nel quale probabilmente mancherà chi potrà sostituirli. Non vogliamo credere che Politica e Vertici militari immaginino un futuro per le Forze Armate che preveda un aumento del personale precario cui demandare funzioni generiche e non particolarmente complesse, con la contestuale esternalizzazione a ditte private, di tutte quelle funzioni che prevedono maggiore professionalità, al solo scopo di abbattere il bilancio della Difesa per la parte che interessa il costo del personale.

Per questo riteniamo indispensabile l’apertura di un tavolo di confronto per analizzare questi aspetti,certi di poter fornire un utile contributo utile a dimostrare la correttezza della nostra analisi.

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