USMIA: NO! ALL’INNALZAMENTO DELL’ETÀ PENSIONABILE

Gli organi di stampa hanno diffuso notizie in merito alle intenzioni del Governo di innalzare i limiti di età nel settore pubblico e nelle Forze di Polizia. L’Unione Sindacale Militare Interforze Associati (USMIA) ribadisce la sua assoluta contrarietà a tale ipotesi, qualora dovesse interessare anche gli uomini e le donne con le stellette.

Il sindacato esprime chiaramente questa posizione: la carriera militare -nell’ambito della specificità – è universalmente riconosciuta come un mestiere usurante. L’addestramento continuo, necessario per mantenere alti gli standard operativi, comporta un impegnativo sforzo fisico e mentale. I cicli operativi prolungati tengono i militari lontani dai loro affetti e dalla vita sociale per mesi, esponendoli a pericoli e a livelli elevatissimi di stress.

Inoltre, la stragrande maggioranza dei militari entra nelle Forze Armate in giovanissima età, tra i 18 e i 22 anni, e, quando raggiunge i limiti ordinamentali per il congedo, ha servito la Nazione per oltre 40 anni.

Questo lungo arco temporale, caratterizzato da addestramenti intensi e impieghi operativi, erode le energie fisiche e mentali del personale.

L’innalzamento dei limiti di età comporterebbe un rallentamento del turnover, in una professione dove energia, riflessi e reattività sono condizioni essenziali per l’efficienza e la difesa della Nazione.

L’innalzamento porterebbe, infatti, a un chiaro invecchiamento dello strumento militare, estendendo i servizi pesanti e fuori sede anche al personale più anziano, ormai prossimo all’età pensionabile.

Inoltre, qualora le Forze Armate e Forze di Polizia a ordinamento militare avessero la necessità di attingere a nicchie di eccellenza con grande esperienza, possono avvalersi del personale in Ausiliaria, che per 5 anni, dopo l’uscita dal servizio attivo, resta comunque a disposizione su chiamata per l’impiego.

Per queste ragioni, USMIA ribadisce che il personale appartenente al citato comparto sia “ab initio” escluso da qualsiasi eventuale ipotesi di innalzamento degli attuali limiti di età ordinamentali, i quali consentono un giusto bilanciamento fra le esigenze operative delle stesse e la corretta tutela degli uomini e delle donne che hanno servito il Paese per oltre 40 anni.

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