13 dicembre 2022 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo
Si chiamerà “pensione anticipata flessibile” e consentirà, per il solo 2023, di andare in pensione con 41 anni di contributi unitamente a 62 anni di età anagrafica a tutti i lavoratori assicurati presso l’Inps, ma con una finestra di 3 mesi per i dipendenti privati e 6 mesi per i dipendenti pubblici.
Quota 103 è una sorta di evoluzione di quota 100 e 102, ma con una differenza, in quanto prevede un tetto della pensione mensile lorda conseguibile pari a 2.820,00 (circa 2.050,00 netti).
Quindi, se la pensione è più alta di 2820 lorde non sarà possibile accedere a quota 103 che, come quota 100 e 102, non è cumulabile con altri redditi da lavoro dipendente, autonomo e di impresa, ma è possibile svolgere lavoro occasionale (ex art. 2222 c.c.) fino al limite di reddito di 5.000 euro annui lordi.
È opportuno, evidenziare che quota 103 non può essere richiesto, in parallelo a quanto già previsto per quota 100 e per quota 102, dal personale militare delle Forze armate, dal personale delle Forze di polizia e di polizia penitenziaria, nonché dal personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Guardia di finanza, in quanto soggetto alla specifica disciplina (D. Lgs. n. 165/1997).
La nuova quota 103 servirà, secondo i calcoli riportati dall’Osservatorio Previdenza di Cgil e Fondazione Di Vittorio a soli 11.340 persone, invece delle 41.100 annunciate dal governo. Quella dell’Osservatorio è una tesi più che condivisibile per più motivi, anzi presumo che i numeri saranno, addirittura, inferiori in quanto:
anche se le adesioni a quota 100 sono state inferiore rispetto alle aspettative e previsione dell’allora maggioranza del governo Conte1, tuttavia, in questi 4 anni sono usciti dal mondo del lavoro un certo numero di lavoratori (anche se l’aspetto più deludente è stata l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani che il governo aveva stimato in 20 nuove assunzioni per ogni10 pensionati, mentre i dati hanno dimostrato che le assunzioni sono state 1 ogni 10 pensionati. Un errore di valutazione del 1.900%) e, pertanto, la platea degli ultrasessantenni ancora in attività lavorativa si è ridotta;
la novità rispetto a quota 100 e 102 è il tetto di una pensione lorda di 2.820,00 che è destinato a scoraggiare chi, sulla base dei contributi versati, avrebbe diritto ad una rendita superiore, con una penalizzazione che si trascinerebbe fino al raggiungimento del requisito anagrafico richiesto per l’accesso alla pensione di vecchiaia, oggi previsto a 67 anni e fino al 2024, ma che dal 2025, potenzialmente, oggetto di adeguamento alle aspettative di vita;
la pensione con quota 103 non sarà cumulabile con altri redditi da lavoro sopra i 5.000 euro annui lordi che certo non favorirà chi vorrebbe intraprendere una nuova attività;
il requisito contributivo di 41 anni, rispetto ai 38 di quota 100 e 102, è il fattore che più restringerà la platea dei possibili aderenti di quota 103, perché con 41 anni e 10 mesi le donne e 42 anni e 10 gli uomini acquisiscono il diritto alla pensione anticipata più favorevole economicamente e cumulabile totalmente con altri redditi da lavoro;
Quanto sopra farà sì che saranno in pochissimi ad aderire a quota 103, numeri veramente irrilevanti per poter affermare che l’introduzione di questa nuova forma di flessibilità in uscita costituirebbe un superamento della Fornero che, invece, interesserebbe milioni di lavoratoti e non qualche migliaio.
In sintesi, la non convenienza e, conseguente, scarsa adesione è riassunta nella tabella a seguire:
È facilmente desumibile del perché la dipendente dell’esempio non aderirà a quota 103.
L’esempio è riferito ad una lavoratrice che, posticipando l’uscita di solo 4 mesi, maturerà la pensione anticipata che sarà acquisita da un lavoratore rimandando il pensionamento di 1 anno e 4 mesi (vedasi tabella a seguire), senza essere penalizzati dall’importo limite della pensione che si trascinerebbero fino alla data del diritto della pensione di vecchiaia (circa 5 anni) e con la possibilità di svolgere un’altra attività lavorativa, anche oltre il limite di 5.000 imposto da quota 103.
In sintesi, l’elefante ha partorito un topolino e l’affermazione del superamento della legge Fornero è un bluff di parola che crea false aspettative in milioni di lavoratori.