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Militare dell’Aeronautica chiede risarcimento di 70 mila euro per mobbing. Tar e Consiglio di Stato dicono no

Un sottufficiale dell’Aeronautica Militare ha tentato di dimostrare di aver subito mobbing in servizio. Il militare ha chiesto un risarcimento del danno patrimoniale ” non ammontante ad oltre 70.000, 00 euro”.l

Il Sergente, secondo la sua documentata versione, era rimasto vittima numerosi episodi discriminatori che gli avevano causato danno alla salute.



A dimostrazione delle accuse, vi erano alcune denunce presentate nei suoi confronti dal comandante della base militare per simulata infermità e per insubordinazione con ingiuria (conclusesi entrambe con l’archiviazione) un rimprovero, un mancato invio in OFCN e  una scheda valutativa del servizio prestato non pienamente positiva.

La vicenda è stata trattata inizialmente dal Tar che però non ha ravvisato  “mobbing” negli episodi discriminatori, poiché vi era assenza dei caratteri di continuità, uniformità e carenza di spiegazione alternativa che connotano giuridicamente la condotta datoriale corrispondente al mobbing.

Il Sergente non si è arreso e si è rivolto al Consiglio di Stato, contestando il  fatto che il Tar non avesse debitamente tenuto conto del disegno organico persecutorio di cui era rimasto vittima.I giudici avrebbero dovuto prendere in considerazione i singoli episodi, corredati dall’indicazione della lista di testimoni. Solo in questo modo si sarebbe potuto ricostruire l’esatto “contesto quotidiano” in cui si erano svolti i fatti.

Anche in questo  caso i giudici non hanno ravvisato mobbing.

La scheda di valutazione  oggetto di ricorso gerarchico e di successivo ricorso giurisdizionale innanzi al Tar – osservano i giudici- non solo non è stata annullata, ma s’è attestata la legittimità del giudizio sostanzialmente negativo, espresso dagli organi di valutazione, del servizio prestato dal ricorrente.

Al riguardo , va sottolineato che il ricorrente ha offerto una parziale ed incompleta ricostruzione dei fatti, limitandosi a dolersi del comportamento persecutorio conseguente alla presentazione del ricorso gerarchico, senza a dare conto dell’esito negativo di entrambi i ricorsi .



Analogamente – continuano i giudici – il militare ha omesso di ricordare che il ricorso straordinario avverso la sanzione disciplinare del rimprovero è stato respinto .

Il prospetto licenze, depositato in giudizio dall’amministrazione, assevera – con riguardo al Natale 2003 qualificato in ricorso come fatto persecutorio – una situazione opposta a quella denunciata.

In aggiunta, non va passato sotto silenzio l’esito dello scrutinio giudiziario compito dal GIP del Tribunale di Omissis che, con riguardo alla denuncia presentata dal ricorrente per i reati di cui agli artt. 572, 582 e 590, comma 3, c.p. di cui sarebbe stato parte lesa, ha disposto l’archiviazione non ravvisando “un composito disegno vessatorio alla luce della valutazione complessiva degli episodi esposti..”.

Né assurge a fatto discriminatorio la mancata partenza per l’Iraq del militare: la scheda valutativa non pienamente positiva del servizio prestato nel 2004 giustifica il giudizio di non idoneità al suo invio in missione, posto che il ricorrente ordinariamente svolgeva le mansioni di Omissis.

In definitiva – concludono i giudici – gli episodi richiamati non si sono affatto tradotti in comportamenti vessatori, sì da escludere a fortiori che, complessivamente considerati, costituiscano mobbing a danno del ricorrente-appellante.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 


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