Gli ordinarono di eseguire bonifica vescicanti senza addestramento La condanna del Tar

La sentenza che vi proponiamo oggi, riguarda un Primo Maresciallo Luogotenente dei Granieri dell’Esercito italiano. Il militare, nel lontano 1997 fu comandato, senza alcun preventivo addestramento, alla bonifica di aggressivi chimici in soluzione di cloroformio. La vicenda si è conclusa soltanto lo scorso 28 giugno 2019, dopo ben 22 anni.

L’ attività di bonifica venne svolta all’aperto, sversando il contenuto dei flaconi contenente gli aggressivi chimici (Lewisite e Yprite), in una vasca che, attraverso particolari reagenti, neutralizzava le sostanze chimiche nocive.



Il personale preposto all’indicata attività era stato equipaggiato con una maschera, stivali ed indumenti protettivi. Alcuni giorni dopo tali operazioni di bonifica, il ricorrente accusò un dolore al polpaccio destro avvedendosi, così, della esistenza di una macchia scura di circa 5/6 cm di diametro.

L’autorità sanitaria, in sede di medicazione, attestò una ustione di III grado.
Successivamente il militare venne visitato presso l’ospedale di Civitavecchia, dove venne sottoposto ad intervento chirurgico per l’asportazione dei tessuti necrotici. Dopo sei anni dall’intervento, in prossimità della cicatrice, comparve un nodulo, che fu subito asportato.

L’esame istologico attestò che lo stesso era un leionoma vascolare. L’anno successivo il ricorrente accusò un prurito sulla cute che i sanitari ricondussero ad una patologia correlata all’ esposizione da aggressivi chimici..

Nel 2008, per il povero militare iniziarono i dolori al polpaccio destro. I sanitari dell’ospedale Gemelli diagnosticarono ancora una volta una ulteriore patologia dovuta ad esposizioni tossiche. Il maresciallo per tali infermità, ottenne sia la pensione privilegiata che l’equo indennizzo.
Nel 2009 avanzò alla propria amministrazione una istanza di risarcimento del danno, ma venne respinta.



Tra una causa e l’altra, arriviamo ai giorni nostri, precisamente nel tribunale Amministrativo della Regione Lazio.L’amministrazione resistente, malgrado la formale richiesta istruttoria volta a chiarire i fatti di causa, in sede di udienza non ha contestato la dinamica dei fatti di causa così come rappresentati dal militare, ma si è limitata ad eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto.

Secondo il Ministero della Difesa, il Luogotenente aveva avanzato istanza di riconoscimento della causa di servizio nel 1997 e  quindi , dal 2007 è intervenuta la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, considerato che il ricorso è stato avanzato nel 2012.

La Sentenza del TAR

L’amministrazione resistente – sostengono i giudici – malgrado la formale richiesta istruttoria volta a chiarire i fatti di causa, non ha contestato la dinamica dei fatti di causa così come rappresentati dal ricorrente, ma si è limitata ad eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto, rilevando che la parte ha avanzato istanza di riconoscimento della causa di servizio nel 1997 e che, quindi dal 2007 è intervenuta la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, considerato che il ricorso è stato avanzato nel 2012.

Con riferimento alla eccepita prescrizione è necessario osservare quanto segue.
La prescrizione deve principiarsi dal momento in cui il danno si è manifestato all’esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile, così che, ai sensi dell’art. 2935 c.c., la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il relativo diritto può essere fatto valere.
Pertanto, è solo nel 2002 che comparso un leionoma vascolare, mentre nel 2003 lo stesso ha accusato un prurito perilesionale attribuito a -OMISSIS- e, nel 2008, ha denunciato i dolori al polpaccio destro.

Nel 2009 lo stesso è stato ricoverato nel Reparto Reumatologia del Policlinico Gemelli Complesso Columbus, con diagnosi di -OMISSIS- verosimilmente secondaria ad esposizione a sostanze tossiche.
Nel caso di specie – continuano i giudici – occorre considerare che il ricorrente ha avuto piena contezza delle differenti patologie accusate in date diverse, ed accertate, in ultimo, nel 2009, come emerge dalla stessa documentazione dallo stesso prodotta (doc. 8 del foliario di parte).

Dalla suesposta ricostruzione fattuale emerge che il ricorrente ha avanzato istanza per il riconoscimento delle ulteriori patologie, collegate causalmente all’incidente del 1996, in data 31 dicembre 2007, ossia entro i termini di prescrizione del diritto, atteso che il primo episodio patologico, successivo al 1996, si è manifestato nel 2002.
Ne consegue che il diritto al risarcimento del danno, al momento della presentazione del ricorso non era prescritto. Ciò detto, il predetto ha chiesto il risarcimento del danno, quantificato :
1) Nelle spese per visite mediche per euro 2.185,6;
2) Il danno biologico conseguente alle patologie diagnosticate per euro 59.747,53;
3) Al danno non patrimoniale per euro 39.831,68.




E’ opportuno precisare – secondo i giudici – che una volta accertata, come nel caso di specie, la responsabilità dell’Amministrazione di appartenenza del ricorrente per mancata osservanza delle misure minime di sicurezza necessarie a salvaguardare l’integrità fisica dei dipendenti .

In merito la p.a. non ha offerto nessuna prova circa la mancanza di responsabilità per l’evento dannoso occorso al ricorrente, per cui tali nocumenti devono essere imputati al comportamento negligente della p.a.

Il ricorso – concludono i giudici -deve essere accolto nei termini sopra riportati e deve ordinarsi alla p.a, a mente dell’art. 34, comma 4, cpa, previo svolgimento degli accertamenti nei termini sopra riportati, di proporre al ricorrente la somma eventualmente dovuta, detraendo quella già assegnata al predetto, entro e non oltre 180 giorni dalla pubblicazione/notificazione della presente sentenza.
La peculiarità della vicenda convince il Collegio a compensare le spese di lite.

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