Valorizzazione dei Volontari in Ferma prefissata – “Nemo resideo” – una delegazione di USMIA chiede di incontrare sul tema lo Stato Maggiore della Difesa.
“No one left behind” rappresenta una regola d’onore, già adottata nell’antica Roma (“Nemo resideo”) alla quale spesso si ispirano Reparti militari d’élite statunitensi o Autorità politiche, per indicare lo
spirito di solidarietà che deve guidare il comportamento di ciascuno nei confronti di chi è più debole o di chi si trova in difficoltà. Sembra tuttavia che, al di là di ogni migliore proposito, tale regola non possa ancora oggi trovare applicazione per i Volontari in Ferma Prefissata.
Nelle diverse Audizioni tenutesi nelle sedi Parlamentari e negli stessi Atti di indirizzo emanati dai Ministri della Difesa pro tempore, si desume la sistematica denuncia del fallimento del modello professionale adottato dalle Forze Armate negli anni passati.
Esso ha, peraltro, trovato il suo momento più critico con l’approvazione della legge di “revisione dello strumento militare nazionale” del 2012 (n. 244), attraverso la quale, nell’intento di aumentare le risorse destinate alle spese per investimenti, si è prevista una ulteriore insostenibile, ingente riduzione organica complessiva che rischia di compromettere, nei prossimi anni, l’efficienza e l’operatività delle stesse Forze Armate.
Le riforme concernenti il modello professionale, susseguitesi per approssimazioni successive negli ultimi decenni, hanno determinato forti discrasie tra esigenze organiche e consistenze di personale
effettivamente in servizio; gravi condizioni di sottoimpiego e demansionamento di alcuni ruoli;
assegnazioni di militari a mansioni superiori a fronte di retribuzioni previste per i gradi inferiori; drastico blocco delle prospettive di carriera per i ruoli inferiori con conseguente demotivazione e insoddisfazione per la mancata valorizzazione delle professionalità acquisite; progressivo invecchiamento con sensibile innalzamento dell’età media e, infine, sensibili carenze quantitative di Volontari in ferma prefissata ai quali non possono, per di più, essere assicurate sufficienti riserve di posti nell’Ambito delle Forze di Polizia, adeguate prospettive di ricollocamento nel mondo del lavoro al termine delle lunghe ferme contratte nonché incentivi motivazionali e retributivi commisurati ai gravosi impegni loro richiesti durante il servizio.
Anche nel Libro Bianco della Difesa sottoscritto dal Ministro pro tempore oramai cinque anni fa (2015) veniva annunciato il c.d. “Progetto lavoro futuro” volto a garantire al personale in ferma prefissata un più facile reinserimento nel mondo del lavoro attraverso il riconoscimento di titoli professionali e delle capacità acquisite in servizio, al fine di garantire il ricollocamento al termine delle ferme “nelle altre Amministrazioni, nelle organizzazioni internazionali, nelle imprese e nelle diverse realtà economico sociali”.
Rispetto al 2015, siamo oggi nel futuro e del “Progetto lavoro” ancora non se ne rinviene traccia. Tuttavia, nell’Atto di indirizzo del Ministro della Difesa (edizione 2020), al capitolo Priorità Politiche per la revisione della governance delle risorse umane, viene ulteriormente stabilita l’esigenza di completamento degli studi per un nuovo modello professionale prevedendosi, tra l’altro, per il personale in ferma “.. retribuzioni adeguate, incentivi motivazionali e un credibile sistema di reinserimento nel mondo del lavoro, … dando concreta attuazione alle procedure per il riconoscimento puntuale dei titoli e delle capacità acquisite durante il servizio e facilitando l’incontro tra l’offerta delle capacità professionali del personale della Difesa, con le esigenze del sistema produttivo nazionale.
Infine, viene indicato che “…dovranno essere definiti e strutturati percorsi innovativi per il reinserimento nel mondo del lavoro di quel personale in ferma prefissata che non abbia avuto la possibilità di transitare in servizio permanente, al fine di facilitarne la stabilizzazione, anche superando eventuali vincoli normativi e ricorrendo alle potenzialità offerte dall’Agenzia Industrie Difesa (formazione) e dalla Società Difesa Servizi S.p.a.” ….
“le Forze armate non devono … essere percepite quale “corpo separato” rispetto alla nostra società ma, al contrario, come il più alto servizio pubblico in grado di garantire la difesa e la sicurezza del Paese, analogamente a tutte le forze del comparto sicurezza. Ogni sforzo sarà fatto per assicurare … una stretta compenetrazione tra il personale militare e la cittadinanza, in modo da mantenere saldo e vitale il legame che unisce Forze armate, istituzioni e cittadini”.
Ci auguriamo che il Governo e il Parlamento siano sulla stessa lunghezza d’onda consentendo il superamento di eventuali pregiudizi e di ogni preclusione o di tendenze corporative, assicurando il sostegno del “Sistema Paese” anche a beneficio dei Volontari in Ferma Prefissata.
Inutile dire che tali idee non sono proprio innovative o di particolare complessità progettuale.
Esse erano parzialmente previste (segnatamente all’attribuzione di alcuni titoli professionali) per le nostre Forze Armate già al tempo della coscrizione obbligatoria. Tali programmi di reinserimento sono, altresì, da anni, attuati da altre principali Forze Armate Europee quali quelle tedesche, britanniche e francesi, come doviziosamente illustrato anche dall’Addetto della Difesa presso l’Ambasciata di Francia in Italia nell’audizione tenutasi il 3 luglio 2019 presso la Commissione Difesa.
Temiamo, tuttavia, che l’inaccettabile protrarsi dei tempi per il miglioramento della condizione dei Volontari in Ferma Prefissata sia spiegato dagli stessi atti ministeriali ove viene evidenziato che In esito alle prerogative concesse oggi alle Associazioni sindacali militari, USMIA ha richiesto, nel merito, apposito incontro con Stato Maggiore della Difesa.
Confidiamo in una pronta risposata.
Roma, 24 luglio 2020
LA SEGRETERIA NAZIONALE
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