Veleni in caserma – Una relazione contro i colleghi provoca una vendetta – Il pm li accusa

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SASSARI. Rito abbreviato condizionato all’esame degli imputati e alla produzione di documenti per quanto riguarda la contestazione del reato previsto dall’articolo 115 del codice penale – “accordo per commettere un reato. Istigazione” – e abbreviato ordinario per gli altri capi di imputazione che vanno dalla falsità materiale e ideologica al tentato sequestro di persona e alle lesioni personali aggravate.

Nei guai sette carabinieri che ieri mattina sono comparsi davanti al gup Michele Contini, militari che all’epoca dei fatti erano in servizio nella compagnia di Bonorva e nella stazione di Mores. L’episodio che fece scattare l’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu – e che in una seconda fase ha consentito di portare alla luce un clima decisamente intriso di veleni tra colleghi dell’Arma – si era verificato a ottobre del 2014 fuori da un bar di Pozzomaggiore, davanti a tantissime persone. Un uomo (Michele Chessa, 45 anni) in base alla ricostruzione degli inquirenti era stato prima fermato da una pattuglia, poi strattonato, ammanettato e colpito con un pugno da un carabiniere. Il tutto davanti a testimoni che erano intervenuti in gruppo – gridando “vergogna, vergogna!” ai militari – per difendere il malcapitato che non aveva fatto niente.

Nella piccola folla indignata c’era un carabiniere (il maresciallo Giuseppe Saiu), compaesano della vittima, che però non era in servizio. I colleghi forse si aspettavano che lui supportasse la loro versione dei fatti, invece non andò così. Saiu scrisse in una dettagliata relazione di servizio come erano andate le cose, smentendo clamorosamente il rapporto redatto dai due militari – il maresciallo Luca Porceddu e l’appuntato scelto Fabio Antioco Casula, del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Bonorva – che raccontavano di aver arrestato una persona (Chessa) per resistenza a pubblico ufficiale. Leggi tutto, clicca QUI

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