Bari, 22.09.2018 – Il Ministero della Difesa bacchettato ancora una volta dai Giudici Amministrativi per la Puglia in relazione alla laconicità con cui tratta i militari ammalati nelle cd. “missioni di pace”.
Nessun commento può meglio commentare quanto riporta la sentenza … buona lettura!
Antonio De Muro
Pubblicato il 20/09/2018
N. 01226/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01552/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1552 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessandro Costa in Bari, via Roberto da Bari, 108;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97;
per l’annullamento
– del decreto del Ministero della Difesa n. 152 datato 25 maggio 2013, comunicato con nota prot. n. 64912 datata 22 luglio 2013 e notificata il 30 luglio 2013, con cui è stata negata la dipendenza da causa di servizio della patologia “-OMISSIS-, in trattamento ormonale sostitutivo in buon compenso funzionale” denunciata dal ricorrente ed è stata respinta la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere o soggetto equiparato;
– del parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio adunanza n. 65/2013;
– di ogni atto presupposto, connesso e/o conseguente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D’Alterio e uditi nell’udienza smaltimento del giorno 20 giugno 2018 per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in esame il maresciallo -OMISSIS-, dipendente a far data dal 1992 del Ministero della Difesa – Esercito Italiano, ha impugnato il decreto del Ministero della Difesa e i relativi provvedimenti presupposti, con cui è stata negata la dipendenza da causa di servizio della patologia “-OMISSIS-, in trattamento ormonale sostitutivo in buon compenso funzionale” ed è stata respinta la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere o soggetto equiparato.
2. Il provvedimento di diniego si fonda sul parere negativo del C.V.C.S., reso nell’adunanza n. 65 dell’8 febbraio 2013, che, relativamente all’infermità denunciata ha ritenuto non sussistere dipendenza da causa di servizio, non emergendo particolari condizioni ambientali e di missione implicanti l’esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio, in grado di esporre il dipendente a maggiori disagi o fatiche rispetto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di servizio e di porsi, pertanto, quale causa o concausa efficiente e determinante dell’infermità in questione.
3. A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto un unico articolato motivo in diritto, con cui lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del d.P.R. n. 1092/1973, in combinato disposto con il d.P.R. n. 461/2001, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei presupposti ed omessa valutazione dei fatti, irragionevolezza manifesta, erronea motivazione.
In tesi del ricorrente il Comitato avrebbe omesso di valutare le condizioni ambientali ed operative di cui al servizio svolto:
– presso la Compagnia “Pinerolo” di Bari (da marzo 1986 a dicembre 1987 e da gennaio 1990 a dicembre 1992) in qualità di Comandante squadra Controcarri missili filoguidati TOW, armamento che, in fase di partenza, produce una enorme quantità di -OMISSIS-;
– durante la missione effettuata in Bosnia (nel periodo dicembre 2005 – giugno 2006), che, in tesi, ha sicuramente contribuito nel determinismo dell’affezione per cui è causa, stante la contaminazione dell’ambiente, nella sua accezione più ampia, dalle nanoparticelle sprigionate dagli ordigni bellici, arricchiti di uranio impoverito, utilizzati durante la guerra dei Balcani.
4. Con atto pervenuto in Segreteria in data 10 gennaio 2014 si è costituita in giudizio la resistente Amministrazione, depositando relazione a difesa del proprio operato e instando per la reiezione del gravame in quanto infondato.
5. All’udienza pubblica del 20 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è fondato.
7. Giova premettere in termini generali che l’accertamento in ordine alla dipendenza da causa di servizio di un’infermità contratta dal pubblico dipendente rientra nella discrezionalità tecnica dell’organo preposto, che perviene alle relative conclusioni assumendo a base le cognizioni della scienza medica e specialistica, sicché, mentre è precluso al giudice amministrativo il sindacato di merito su detti giudizi, quello di legittimità è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di evidenti e macroscopici vizi logici, ovvero quando non sia stata presa in considerazione la sussistenza di circostanze di fatto tali da poter incidere sulla valutazione medico legale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. n. 1454; Sez. VI, 27 marzo 2001, n. 1774 e 6 maggio 2002, n. 2483; T.A.R. Friuli V.G., sez. I, 11 novembre 2013, n. 554).
7.1 Nel caso in esame il C.V.C.S. ha escluso la dipendenza della patologia tumorale da causa di servizio, fondando la propria determinazione, per come si legge nella motivazione del predetto parere, sulla insussistenza, nei precedenti di servizio dell’interessato, di fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi -OMISSIS-
In tal modo, tuttavia, il predetto organo consultivo ha obliterato del tutto le circostanze di fatto emergenti dalla storia di servizio del ricorrente, dettagliatamente evidenziate dall’incipit del ricorso e confortate: sia dai risultati di diffusi studi epidemiologici – anche recepiti nei rapporti delle Commissioni Parlamentari d’Inchiesta istituite (con deliberazione del Senato in data 11 ottobre 2006 e 12 gennaio 2008) proprio in relazione agli effetti nocivi derivanti dall’esposizione all’uranio impoverito – che dagli esiti di una specifica campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei militari impiegati nei territori interessati nonché dai dati dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa e dell’Istituto Superiore della Sanità, che hanno riscontrato nei militari che, come il ricorrente, hanno partecipato a missioni di pace svolte all’estero, l’abbassamento delle difese immunitarie e l’insorgenza – con un tasso di correlazione statisticamente significativo – di patologie tumorali a seguito di esposizione a polveri di uranio impoverito e metalli pesanti (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 8 marzo 2018, n. 304; T.A.R. Catanzaro, Sez. II, 2 ottobre 2014, n. 1568).
7.2 Tanto disvela un’evidente discrasia nella congruenza logica della decisione del C.V.C.S., rendendola così irragionevole, perché, nella sostanza, del tutto priva di una plausibile motivazione in grado di escludere, all’evidenza, la più che probabile correlazione tra patologia tumorale e storia di servizio del ricorrente, ponendosi in contrasto, quantomeno sotto il profilo della sufficienza motivazionale, con i dati scientifici che individuano una possibile correlazione tra tali eventi.
7.3 Sul punto va peraltro precisato che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, deve escludersi la necessità della dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente tale dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 (allegati n. 33, pagg. 6 e 7) ed in quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013 (pagg. 33 e 34), con riferimento ai Teatri Operativi principali, quali i Balcani, l’Iraq, l’Afghanistan e il Libano(cfr. ex multis T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034).
7.4 Nella medesima ottica, è stato ritenuto che il verificarsi dell’evento costituisca un dato sufficiente ex se, secondo il cosiddetto “criterio di probabilità”, a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari agli strumenti indennitari, previsti dalla legislazione vigente in tutti quei casi in cui, accertata l’esposizione del militare all’inquinante in parola, la PA non riesca a dimostrare che essa non abbia determinato l’insorgenza della patologia e che essa dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l’insorgere dell’infermità (cfr. T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, 10 febbraio 2012, n. 321; T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, 4 marzo 2014, n. 649).
7.5 Posti questi principi, è da rilevare, in sostanza, che l’Amministrazione non ha effettuato alcuna effettiva indagine sulla sussistenza o meno del nesso eziologico tra la patologia del ricorrente e il suo stato di servizio.
Invero, nel caso in esame, a fronte dei fatti riportati in ricorso, da cui è emersa la presenza del militare in missioni operative in territori stranieri in situazione di assoluta difficoltà, con esposizione alla contaminazione da uranio impoverito e altri metalli pesanti, con elevato rischio di insorgenza di patologie tumorali, come peraltro anche rimarcato dalla perizia di parte in atti, nulla è stato specificamente dedotto ex adverso dalla resistente Amministrazione.
8. Alla luce dei superiori rilievi il ricorso deve quindi essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, tenendo conto delle motivazioni svolte nella presente sentenza.
9. La complessità del quadro scientifico in materia di nesso causale tra gli eventi indicati e le patologie riscontrate, induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere
Maria Grazia D’Alterio, Primo Referendario, Estensore