«Adesso che nelle stazioni della metro ci sono i militari a controllare Facebook, Twitter e Whatsapp … il terrorismo non lo temo più! W l’Itaglia!». È questa l’ironica frase di commento con cui il Sig E. P. all’inizio del mese di dicembre 2015 aveva pubblicato sul proprio profilo Facebook una foto che ritraeva due militari dell’Esercito durante il servizio all’interno di una stazione della metro B di Roma mentre erano intenti a consultare i telefonini.
A causa di quella foto, scovata dagli attentissimi e integerrimi uffici di monitoraggio dei social di cui dispone ogni reparto della forza armata, i due militari, M. S. e E. D. F., di stanza nella caserma romana dei Granatieri di Sardegna, sono finiti al centro di una indagine della Procura militare della Capitale e poi di un processo che si è concluso lo scorso 12 luglio quando il Tribunale militare di Roma li ha assolti dall’accusa di “violata consegna aggravata”, “perché il fatto non sussiste”.
La sentenza non è ancora stata pubblicata ma scorrendo attentamente gli atti processuali appare emergere l’esistenza di alcune incongruenze nelle “consegne” circa le modalità di svolgimento del servizio e in particolare la sua durata di 6 ore continuative. Un periodo decisamente lungo rispetto ai normali servizi di guardia che si svolgono all’interno delle caserme e che, generalmente, prevedono una durata massima di 2 ore consecutive per non incorrere nel rischio del naturale calo di attenzione che è fisiologico in particolari attività poco dinamiche o ripetitive ma altamente stressanti.
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