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SIULP – Dipendente pubblico: Compatibilità con cariche sociali in Società Cooperative

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Un nostro iscritto, in procinto di entrare nel Consiglio di amministrazione di una società cooperativa ci chiede se vi siano ragioni di incompatibilità rispetto alla propria qualità di Agente della Polizia di Stato.

La sezione lavoro della Corte di Cassazione si è recentemente occupata della questione nella sentenza 11 aprile 2024, n. 9801, in relazione al caso di un dipendente di una ASL Presidente del Consiglio di amministrazione di una “cooperativa sociale. Secondo i giudici di legittimità, l’accettazione di cariche sociali in una società cooperativa non comporta l’incompatibilità assoluta di cui all’art. 60 del D.P.R. n. 3/1957, in ragione della deroga prevista dall’art. 61 del medesimo D.P.R.

Ciò, tuttavia, non esclude che il lavoratore debba chiedere l’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico extraistituzionale al datore di lavoro.

Invero, in questo caso trova applicazione l’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001, norma finalizzata a garantire l’obbligo di esclusività nel rapporto di impiego pubblico che trova il proprio fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost. il quale prevede che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, secondo il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

La disciplina relativa alla incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi, individua la propria norma di riferimento nell’art. 53, comma 7, che comporta conseguenze disciplinari per il lavoratore sfornito di autorizzazione a svolgere l’incarico extraistituzionale. Sotto quest’ultimo aspetto, occorre sottolineare come il carattere gratuito dell’attività non escluda la necessità della valutazione di compatibilità e dunque dell’autorizzazione, come stabilito dall’art. 53, comma 7, per gli incarichi retribuiti.

In particolare, per i lavoratori della Polizia di Stato, Secondo la Direzione Centrale per le Risorse Umane del Dipartimento della P.S., in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi ed incarichi, l’art. 50 del D.P.R. 24 aprile 1982 vieta espressamente agli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato “… l’esercizio di attività professionali, commerciali, industriali nonché l’assunzione di impieghi pubblici e privati e l’accettazione di incarichi in società costituite a fine di lucro, salvo i casi previsti da disposizioni speciali”.

Il fondamento di tale disposizione viene pacificamente ravvisato nell’esigenza di vietare l’esercizio di attività lavorative caratterizzate da continuità e prevalenza, incompatibili con gli obblighi di fedeltà, diligenza e puntualità propri del rapporto di pubblico impiego, in ossequio al principio di esclusività garantito dall’art. 98, comma l, della Costituzione.

Per le altre attività, considerate astrattamente compatibili, è prevista l’autorizzazione dell’Amministrazione, ai sensi del citato art. 53 del D.Lgs. 30.3.2001. n. 165, come novellato dalla legge 190/2012, previa verifica, fra l’altro, dell’insussistenza “… di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi”.

Resta fermo il divieto di rivestire cariche in società che perseguono fini di lucro, ma la semplice partecipazione societaria per un appartenente ai ruoli della Polizia di Stato non è preclusa, a condizione che si limiti all’esercizio dei diritti e all’assolvimento dei doveri legati alla mera qualità di socio e non si concretizzi, invece, in compiti di gestione diretta della persona giuridica. Infine, con particolare riferimento alla società in accomandita semplice, l’assunzione della qualità di socio accomandante da parte di un appartenente alla Polizia di Stato non risulta in contrasto con il richiamato art. 50 del D.P.R. 335/1982, purché al medesimo non sia conferita la procura speciale per singoli affari previsto dall’art. 2320 c.c., che renderebbe la sua posizione analoga a quella del socio accomandatario, con conseguente insorgenza dei profili di incompatibilità.

SIULP – Sindacato Italiano Unitario dei Lavoratori della Polizia

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