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SIULM CARABINIERI : “PROPOSTA DI RIFORMA PENSIONISTICA PER IL PERSONALE NON DIRIGENZIALE”

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Il “GOAL 16 – PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI SOLIDE” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è finalizzato a promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficienti, responsabili e inclusivi a tutti i livelli.

In particolare il comma 961 del target 16.4 (Assunzioni Forze di Polizia e Vigili del Fuoco) rappresenta un primo passo verso una politica di aumento dell’organico e di ricambio generazionale nelle forze di polizia e nelle carriere prefettizie, necessario al contrasto di reati diffusi della criminalità comune e alla riqualificazione della sicurezza dei centri urbani molto attesa dalla cittadinanza dopo la pandemia che ha evidenziato anche una richiesta generale di coesione sociale, di servizi di prevenzione anche della tutela del territorio dovuta al cambiamento climatico

In antitesi con i principi sopra richiamati, vi è l’attuale situazione del comparto Difesa/sicurezza con delle criticità che, per aderire alle sempre maggiori richieste, devono trovare soluzioni nel breve periodo :

a. abnorme innalzamento dell’età media del personale e squilibri numerici tra i vari ruoli dello stesso1;

b. la riforma pensionistica che ha sostanzialmente uniformato il personale militare alle norme vigenti per il pubblico impiego, innalzando a sessant’anni il limite di età per il pensionamento, seppure con determinate eccezioni.

Queste gravi anomalie rischiano di limitare fortemente l’operatività dello strumento sicurezza/difesa ed inoltre bisognerebbe aggiungere la diminuita (per non dire diffuso rigetto) della carica motivazionale del personale che, dopo 35 anni di servizio o più, fatica nell’espletamento dei servizi, vede sempre meno soddisfazioni personali ed è quasi costretto a permanere sino al limite ordinamentale per vedersi retribuire una previdenza pensionistica decorosa!!!

ATTUALE QUADRO NORMATIVO DI ACCESSO ALLA PREVIDENZA

il Ministero della Difesa – Direzione Centrale del Personale Militare, con circolare REG20220423997 datata 22-07-2022, avente ad oggetto “Adeguamento agli incrementi della speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento del personale militare per il biennio 2023- 2024”, forniva il seguente quadro attualizzato per l’accesso al sistema previdenziale:

REQUISITI PER L’ACCESSO AL TRATTAMENTO PENSIONISTICO

Si ribadiscono, di seguito, i requisiti necessari per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico del personale militare valevoli per il biennio 2023/2024:

a. PENSIONI DI ANZIANITA‘ (Cessazione anticipata) A decorrere dal 1 ° gennaio 2023, il personale militare può cessare anticipatamente dal servizio permanente con diritto al trattamento pensionistico, se in possesso, alternativamente, dei seguenti requisiti:

(1) anzianità contributiva non inferiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 58 anni. Il diritto alla corresponsione del relativo trattamento pensionistico si acquisisce con il decorso della c.d.”finestra mobile” pari a 12 mesi;

(2) anzianità contributiva pari a 41 anni, indipendentemente dall’età anagrafica. Il diritto alla corresponsione del relativo trattamento pensionistico si acquisisce con il decorso della c.d.”finestra mobile” pari a 12 mesi e con l’ulteriore posticipo di 3 mesi, per un totale di _12 mesi;

(3) massima anzianità contributiva corrispondente all’aliquota dell’80% conseguita entro il 31 dicembre 2011, con un’età anagrafica di almeno 54 anni e con il decorso della “finestra mobile”pari a 12 mesi.

b. PENSIONI DI VECCHIAIA (Limiti d’età) Qualora alla data del raggiungimento del previsto limite di età non sia stato maturato il requisito minimo contributivo, si fa rinvio a quanto esplicato nel paragrafo 2, lett. b. della citata circolare a seguito a., in cui è riportata la disciplina relativa all’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia.

Attraverso il D.Lgs. 124 del 21.4.1993 veniva emanata la disciplina delle forme pensionistiche complementari ex art. 3 c. 1 lett. v) della L. 421 del 1992, che inseriva nell’Ordinamento forme di previdenza finalizzate all’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico e ciò per consentire livelli più elevati di copertura previdenziale.

L’art. 3 c. 2 del Dlgs 124 del 1993 prevedeva che per il personale dipendente delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 D.Lgs. 29 del 1993 le forme pensionistiche complementari potessero essere adottate attraverso lo strumento della contrattazione collettiva, mentre per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 2 c. 4 D.lgs 29 del 1993 (comparto difesa esicurezza ) “le forme pensionistiche complementari potevano essere istituite secondo le norme dei
rispettivi ordinamenti.” Il lavoratore aveva la facoltà di aderire ai fondi pensioni integrativi.

Il D.lgs 124 del 1993 veniva abrogato a decorrere dal 31.12.2006 dagli artt. 21 e 23 del D.lgs. 252 del 2005 tuttavia l’art. 3 c. 2 del citato Dlgs 124 del 1993 veniva riproposto con analoga disposizione talchè il personale indicato nel predetto art. 2 c. 4 D.lgs 29 del 1993 coincide con quello di cui all’art. 3 c. 1 L. 165 del 2001 espressamente richiamata dal D.lgs 252 del 2005.

Per i dipendenti pubblici l’introduzione del correttivo del fondo integrativo poteva essere attuato mediante la contrattazione collettiva mentre per i dipendenti delle Forze Armate e dei Corpi di Polizia l’adozione del fondo pensione integrativo continuava ad essere subordinata alla previa istituzione “secondo le norme dei rispettivi ordinamenti.” Sostanzialmente, il passaggio al sistema contributivo Misto e poi al contributivo puro, ha comportato e comporterà per il comparto sicurezza/difesa delle criticità, impedendo di fatto un ricambio generazionale in quanto gli operatori di settore si vedranno costretti a rimanere in servizio sino al limite ordinamentale (sessantanni), di certo con capacità operative molto limitate e c’è da chiedersi con quali motivazioni??????

Le norme di attuazione della riforma previdenziale del 1995 ad oggi non sono state adottate, 3 60 con la conseguenza che gli appartenenti al comparto sicurezza/difesa, NON possono accedere alla previdenza complementare, NON essendo stati ad oggi istituiti i fondi pensioni integrativi e ciò in spregio alle vigenti disposizioni.

Un esempio pratico della forte discrepanza economica che comporta la mancata attuazione del sistema integrativo previdenziale viene fornita dalla seguente tabella di conteggi effettuata su un operatore apicale con il grado di App.S. Q.S., sistema misto.

La tabella soprastante rende contezza del divario (oltre 300 euro) tra l’accesso alla previdenza con 41 anni di contributi e l’accesso alla previdenza al raggiungimento dei 60 anni di età. Un gap economico non indifferente che diviene una costrizione per rimanere in servizio e raggiungere un livello economico adeguato. In buona sostanza ci troveremo di fronte ad operatori che resteranno in servizio attivo solo per non gravare la propria situazione economica.

SCENARIO ATTUALE

“Le Forze Armate punteranno sempre di più su una struttura organizzativa interforze, pienamente integrata e interoperabile in ambito nazionale e internazionale, sull’ammodernamento dei mezzi e dei sistemi, sull’adeguamento delle infrastrutture, sull’ottimale pianificazione delle risorse disponibili, sulla formazionee sulla motivazione della risorsa più importante dicui disponiamo, le donne e gli uomini delle Forze Armate che operano al servizio della Patria”Con queste parole l’Ammiraglio Giuseppe CAVO DRAGONE, conclude la prefazione al “CONCETTO STRATEGICO NAZIONALE” pubblicato a Settembre 2022 (dieci giorni fa). C’è da chiedersi come mai non viene preso in considerazione l’innalzamento dell’età del personale e come si potrà sopperire a tale stato di fatto.

“Nell’ultimo decennio l’evoluzione della spesa pubblica, con il blocco del turnover, ha generato una significativa riduzione del numero dei dipendenti pubblici in Italia. La Pubblica Amministrazione italiana registra oggi un numero di dipendenti (circa 3,2 milioni in valore assoluto) inferiore alla media OCSE (13,4 per cento dell’occupazione totale, contro il 17,7 per cento della media OCSE, secondo i dati del 2017). Il ricambio generazionale nell’ultimo decennio è stato lento e parziale, ad eccezione del comparto della scuola. La sostituzione del personale in servizio è stata pari a un solo nuovo assunto a fronte di tre cessazioni nelle amministrazioni centrali e di un assunto ogni due cessazioni nelle amministrazioni locali. Oggi l’età media dei dipendenti pubblici è di 50 anni (dati 2019). Il 16,3 per cento del totale ha più di 60 anni, mentre soltanto il 4,2 per cento ne ha meno di 30. Ciò ha contribuito a determinare un crescente disallineamento tra l’insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo disegnato per le nuove generazioni (digitale, ecologico, inclusivo).”2 Con queste parole viene illustrata la pubblica amministrazione nel PNRR auspicando ad un ricambio generazionale adeguato per affrontare le nuove sfide

I recenti accadimento quali il conflitto ucraino/russo, le tensioni ed i focolai in medio oriente e nel sud est asiatico, le emergenze nazionali ed internazionali relative al cambiamento climatico (vedasi i recenti fatti nelle Marche), impongono una repentina presa di coscienza sulle forze disponibili e sulle capacità operative delle stesse.

In tale contesto e sulla base delle premesse sopra esposte, appare necessario individuare delle 4 soluzioni bilanciate e sostenibili che permettano il turn over del personale e l’accesso ad un decoroso trattamento pensionistico.

PROGETTO DI ACCESSO AL TRATTAMENTO PENSIONISTICO PER IL PERSONALE NON DIRIGENTE DEL PERSONALE COMPARTO SICUREZZA/DIFESA

La comunità può permettersi di inviare operatori over 55 in servizi di Ordine Pubblico per manifestazioni di piazza? Possiamo ancora vedere personale di 58 anni impegnato in servizi di pronto intervento per risse o individui in stato di alterazione? Queste sono solo alcune delle domande che sempre più di frequente ci poniamo in quanto, come già detto, l’età media del personale si sta elevando.

D’altro canto possiamo dire che il personale di una certa età ha acquisito una esperienza trentennale, con capacità di valutazione delle situazioni operative molto rapide e finalizzate ad una pronta risoluzione. Abbiamo personale che, nel corso degli anni, ha acquisito qualifiche e specializzazioni non comuni in vari settori, dalla comunicazione, all’intervento sulla scienza del crimine, alla negoziazione o alla capacità relazionale con le vittime o con persone con disagi psicofisici. In poche parole, l’operatore “anziano” ha l’esperienza ed una grande capacità di problem solver, ma l’elevazione dell’età ed i continui pressanti impegni lavorativi, tendono ad affievolire le motivazioni del personale.

Una rinnovata e sostenibile strategia di accesso al trattamento pensionistico potrebbe, per l’appunto, basarsi sulla valorizzazione delle capacità operative e sull’esperienza del personale del comparto sicurezza/difesa. Perché non dare il giusto peso allo spessore professionale e permettere contemporaneamente un adeguato accesso alla pensione? La soluzione di aderenza tra i due fattori di influenza si può trovare.

Nel 2013 il Governo Letta, con Mario Mauro ministro della Difesa, predispose tra i decreti attuativi della legge 244/2012, da poco varata, una norma che prevedeva 10 anni di esenzione dal servizio per il personale più anziano, che avrebbe percepito l’85% dello stipendio pur maturando, nel contempo, il diritto alla pensione piena. Si sarebbe potuto in tal modo ridurre considerevolmente il fenomeno dell’eccessivo invecchiamento di certi ruoli, fornendo a determinate aliquote di personale una dignitosa uscita anticipata dal servizio. Tale soluzione non sarebbe sostenibile nel contesto attuale ma opportunamente modificata ed attualizzata potrebbe rappresentare uno strada percorribile

PROPOSTA

In aggiunta alle casistiche per l’accesso alla pensione di anzianità (cessazione anticipata), si potrebbe inserire la seguente:

4) cessazione anticipata dal servizio attivo per concorso nelle attività del terziario:

requisiti: 40 anni di servizio effettivo (comprensivi dei 5 di abbuono) ed età anagrafica non inferiore ai 55 anni;

finalità: concorso nelle attività a favore delle comunità o per fronteggiare emergenze nell’ambito di certificate associazioni di volontariato, quali protezione civile, croce rossa, ecc. ;

durata:sino al compimento del limite anagrafico ordinamentale (60anni);

impiego: 60 ore mensili di attività a favore della popolazione, comprensive di formazione ed addestramento, presso associazioni di terziario riconosciute e disponibili nel territorio di residenza dell’interessato;

trattamento economico: mantenimento del trattamento economico all’atto della cessazione dal servizio attivo (mantenimento del trattamento economico relativo al parametro comprensivo di assegno funzionale, verrebbero a mancare solo le cd. Indennità accessorie, quali straordinari, turnazioni, reperibilità ecc.); accesso al trattamento pensionistico previsto al raggiungimento del limite ordinamentale: durante il periodo in esame verranno versati i contributi previdenziali e questo andrebbe a colmare, in buona parte, la differenza economica.

Tale soluzione porterebbe all’operatore un trattamento economico pensionistico dignitoso, colmando sicuramente buona parte del gap indicato nella tabella a pag.2, dovuto alla mancata attuazione dei fondi complementari integrativi. Inoltre la pubblica amministrazione gioverebbe di tale impiego in quanto verrebbe fornito un supporto umano con eccellenti capacità a diretta inclusione nel territorio.

Un poliziotto con 30 anni di servizio di volante non avrebbe certo problemi a condurre una ambulanza in emergenza o a gestire, dal punto di vista psicologico, un colloquio attivo con la vittima di un evento grave. Le comunità acquisirebbero un valore aggiunto per la gestione delle emergenze climatiche e sociali mentre le istituzioni di provenienza potrebbero attuare un turnover adeguato ed efficace. Il personale che, su base volontaria, potesse optare per tale casistica troverebbe nuove spinte motivazionali essendo già ben inserito nel territorio e vicino ai propri interessi. Un impiego sicuramente “più leggero” rispetto ai gravosi servizi d’istituto che ben coniuga aspetti sociali, familiari ed operativi attagliati con l’attuale e futuro scenario nazionale.

CONSIDERAZIONI FINANZIARIE

La proposta non deve essere considerata come un regalo per il prepensionamento di una categoria di lavoratori “privilegiata” ma bensì deve inquadrarsi come una compensazione nell’ambito della trentennale mancata attivazione dei fondi di previdenza integrativa complementare, di cui ne è stata riconosciuta la consistenza a livello legislativo. In particolare, nel supplemento ordinario n. 49/L alla GAZZETTA UFFICIALE, in data 31.12.2021, viene pubblicata la legge 30 dicembre 2021, n. 234: “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”. Il comma 95 e seguenti (pagina 29 della Gazzetta Ufficiale), riporta una determinazione molto importante per gli appartenenti alle Forze di Polizia, Forze Armate e Corpo dei Vigili del Fuoco. Dallo sviluppo normativo pubblicato si evince chiaramente che sono stati stanziati del fondi (20 mil. di Euro per l’anno 2022; 40 mil.di Euro per l’anno 2023 e 60 mil. di Euro a decorrere dall’anno 2024) per misure compensative ed integrative al sistema pensionistico. Dette misure economiche sono effettuate con il riconoscimentod ella specificità degli appartenenti alle forze di polizia, di cui all’art.19 delle legge 183 del 2010.

6 L’ istituto previdenziale decritto precedentemente, può essere attivato quale “finestra temporale” per riequilibrare il comparto difesa/sicurezza che, nel corso degli ultimi 20 anni ha subito dei forti contraccolpi dovuti alla sospensione della leva obbligatoria ed al blocco del turn over dal 2011 al 2015.

Approvato dal Direttivo SIULM Carabinieri all’unanimità.

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