ROMA – La Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) all’articolo 1, comma 330, prevede che “per l’anno 2023, […] l’erogazione, nel solo anno 2023, di un emolumento accessorio una tantum, da corrispondere per tredici mensilità, da determinarsi nella misura dell’1,5 per cento dello stipendio con effetti ai soli fini del trattamento di quiescenza”.
In questi giorni i social sono stati a dir poco inondati da innumerevoli comunicati che annunciano in maniera a dir poco trionfalistica (non si capisce davvero il perché) il pagamento di un emolumento mensile una tantum il cui valore medio è di 30,00 € lordi (circa 18, 00 euro netti), riportando una tabella pubblicata sul sito del MEF la quale, peraltro, è stata compilata con dei gradi completamente sballati (c’è ancora il M.A.s.UPS scomparso ormai dal 2017).
Il SIM Carabinieri, pertanto, invece di unirsi semplicemente al “coro” ed al “copia e incolla”, sente l’obbligo di analizzare questo provvedimento normativo introdotto in finanziaria, già abbondantemente conosciuto e stigmatizzato, rimarcando il fatto che esso sia del tutto insufficiente a mitigare gli effetti della perdita di valore degli stipendi dei Carabinieri causata da un tasso di inflazione che nel 2022 ha superato il 12%, anno in cui, giova ricordare, il contratto di lavoro risulta essere già abbondantemente superato.
In Germania, ad esempio, il rinnovo del contratto di lavoro per i metalmeccanici per l’anno 2023 è stato complessivamente dell’8,5% in misura stabile e continuativa, in Italia siamo ad un misero 1,5% una tantum riassorbibile nel prossimo contratto che, presumibilmente, non vedrà la luce prima di un biennio. Poi non ci meravigliamo se l’Italia è l’unico paese europeo in cui gli stipendi, al netto della perdita del potere d’acquisto, sono aumentati solo dello 0,3% in 30 anni, valore di 100 volte inferiore a quello della vicina Francia che è pari al 33.9% e la Germania al 33.6 (fonte OCSE) in una triste classifica che in Europa ci vede ultimi degli ultimi.
Al SIM Carabinieri, quindi, viene da chiedersi come mai nessun altro si sia posto il problema di quanto sia misero ed inutile questo provvedimento normativo e di come una forbice di circa 10 punti percentuali tra il tasso inflazione e questo emolumento una tantum possa ridurre ancora di più il potere d’acquisto dei lavoratori pubblici e spingerli sempre di più verso la soglia della povertà relativa, ovvero l’impossibilità di avere accesso a servizi e beni in rapporto al livello economico medio di vita della nazione.
Giova altresì rimarcare che, complice il sistema Pensionistico “contributivo”, la perdita di valore degli stipendi, dei futuri lavoratori della sicurezza, decurterà ulteriormente la percentuale di trasformazione tra l’ultimo stipendio e la pensione, già attualmente stimata ad un misero 65%, con il conseguente rigetto da parte delle nuove generazioni della professione, che decenni fa era considerata la più ambita, professionale e bella della nostra nazione.
Si attende, pertanto, che questo governo prenda atto di questa situazione a dir poco “esplosiva” e provveda ad adeguare senza ulteriore indugio ed in modo realistico gli stipendi dei lavoratori della sicurezza, già provati da due anni di aumenti incontrollati e parossistici, non più disposti ad attendere un rinnovo di contratto triennale completamente scollegato dalle attuali dinamiche sociali e macro economiche, queste sono le analisi che deve fare un Sindacato serio, che il prossimo anno si appresterà a valutare le risorse e poi successivamente in fase contrattuale condividerle se sufficienti, adeguate e degne di un comparto sicurezza che oramai è stufo di promesse elettorali automaticamente dimenticate.
IL SIM Carabinieri è pronto e ci sarà, prendendosi la responsabilità della futura contrattazione che difficilmente potrà essere affrontata da altre compagini concertative.
SIM CARABINIERI