È di qualche giorno fa la notizia (su Repubblica) del tentativo di esecuzione dello sfratto da parte della polizia di stato nei confronti di una famiglia di un finanziere che ha atteso, in divisa, gli agenti per strada.
La storia è lunga e complessa, già nota a palazzo Madama e al Campidoglio. Si tratta di alloggi costruiti con agevolazioni dello Stato, a vantaggio delle forze di polizia per “seminare” la cultura della legalità nelle periferie più a rischio delle grandi città; lo scopo è quello di innestare presidi di sicurezza in luoghi tendenzialmente in mano alla criminalità, “per far fronte a gravissimi fenomeni di criminalità organizzata e per assicurare la difesa della legalità
Il filo conduttore che delinea i contorni di tali politiche abitative è molto sottile. Le imprese edili sono invogliate a costruire con leggi “speciali” ottenendo un abbattimento dei costi urbanistici. Di contro è richiesto l’impegno di non vendere per un determinato periodo di tempo e, successivamente praticare a prezzi calmierati proprio per agevolare quelle famiglie che, negli anni, hanno pagato un regolare affitto e sono vissute in quegli appartamenti (una sorta di rent to buy).
E’ un sistema nel quale in prima battuta ed apparentemente tutti guadagnano: i colleghi, il quartiere e le imprese. Il gioco regge fino a quando non arriva il momento di vendere gli alloggi e fare profitto approfittando delle prime agevolazioni ottenute. Ecco allora l’innesco del braccio di ferro tra locatari, proprietari e comune.
Vedere la Polizia di Stato che sfratta un finanziere è una distopia, ma forse viviamo già in un mondo distopico senza rendercene conto. Non passa giorno, d’altro canto, in cui le forze dell’ordine vengono messe alla gogna per fatti riconducibili al servizio, che al netto di eventuali responsabilità personali a volte i colleghi pagano, con le proprie risorse e le proprie libertà, per fatti inerenti il nostro lavoro.
Non è nello stile del Sindacato Italiano Lavoratori Finanzieri costituirsi aprioristicamente su questioni così delicate ma è altrettanto vero che colleghi in difficoltà non devono essere lasciati soli dalle Amministrazioni ad affrontare pressioni mediatiche e spese legali, magari dopo essere stati sospesi in via precauzionale e totalmente discrezionale – con la relativa decurtazione del 50% dello stipendio – nel momento di maggiore difficolta e soprattutto prima che si giunga all’accertamento delle responsabilità. Il parallelismo sembra azzardato e fuori luogo ma serve per evidenziare come lo “status” di operatore di polizia è questione complessa e delicata soprattutto in determinate circostanze.
Rimanendo sul tema specifico, per quanto concerne la vicenda abitativa in argomento, nei prossimi giorni incontreremo le autorità capitoline, ed avvieremo un percorso volto a trovare soluzioni ragionevoli e ragionate per lenire le difficoltà alloggiative fortemente compresse degli operatori. Roma, ovviamente, sarà solo il punto di partenza in quanto il problema degli elevati costi abitativi riguarda tutte le grandi città.
Per il resto ci auguriamo che la politica riporti al centro della propria agenda la Sicurezza del Paese, perché da più fronti registriamo segni di cedimento, ed i fatti di “Colline delle Muse” sono solo un pezzo della disattenzione perpetrata nei confronti del comparto, che nell’inconsistente proposta contrattuale ha raggiunto il suo apogeo.
Francesco Zavattolo Segretario Generale SILF