Per muoversi sulla tratta quotidiana casa – lavoro – casa non potevano rinunciare all’auto blu. Anche se, in base alla normativa in vigore sin dall’agosto 2011, avrebbero avuto diritto ad utilizzare la vettura con autista solo in caso di effettiva necessità per “inderogabili ragioni di servizio”. Con queste accuse sette generali dell’Areonautica Militare sono finiti nel mirino della Corte dei Conti del Lazio, raggiunti (il 9 febbraio scorso) da altrettanti inviti a dedurre spediti dal vice procuratore generale Rosa Francaviglia. Non si tratta ovviamente di condanne, ma di contestazioni formulate attraverso uno strumento assimilabile all’avviso di garanzia in sede penale che rivelerebbero però, almeno dalla lettura delle carte, come il più inveterato status symbol del potere e sottopotere ministeriale continui ad esercitare le sue lusinghe malgrado tutte le campagne anticasta e le normative sempre più stringenti varate in questi anni in materia. Persino su chi, all’interno dell’amministrazione pubblica, è stato incaricato ufficialmente di vigilare sulla trasparenza del proprio ente.